Alfabetizzazione emotiva: insegnare ai bambini l’ABC delle emozioni

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Psicologo e psicoterapeuta cognitivo comportamentale, dottore di ricerca in Scienze della mente.


Non è un concetto semplice, soprattutto quando si parla di bambini. Non molto tempo per “saggezza popolare” consideravamo i bimbi come esserini informi quasi come se non potessero sentire o pensare prima di imparare a parlare (intorno più o meno ai due anni). Ancora oggi se provate a chiedere a qualche neomamma del suo bambino, “Com’è Luca?”, “Che fa Francesca?”, gli aggettivi che vanno per la maggiore saranno: “Guarda è un/una mangione/a, un/una cacone/a e un/una dormiglione/a”.

Scherzi a parte l’idea che un bambino di sei mesi potesse sentire paura o rabbia, non meno che tristezza e dolore, fino a qualche tempo fa era considerata assurda. Grazie ad un boom di ricerche sulla prima infanzia negli ultimi 40 anni, ora sappiamo che in realtà neonati e bambini piccoli sono esserini profondamente sensibili.

A partire dai primi mesi di vita, ben prima che possano usare le parole per esprimersi, i bambini hanno la capacità di sperimentare picchi di gioia, eccitazione ed euforia. Possono anche provare paura, dolore, tristezza, disperazione e rabbia.

Riuscite ad immaginare? Alcuni no, anche perché a volte noi adulti troviamo difficilissimo credere, o accettare, che bambini molto piccoli possano sperimentare un varietà di emozioni così intensa e variegata.

Pensate alle vostre nonne e alle tecniche che utilizzavano per calmare il pianto. Non so a voi ma la mia, non immaginava per niente che potessi sperimentare tutte queste emozioni da piccolino e di conseguenza, per la veemenza utilizzata nella tecnica del saltello quando mi sentiva piangere, l’ho nominata successivamente la nonna Tagadà (per chi non conosce questo attrezzo, nei luna park è quella giostrina che ti sballottola a destra, sinistra, sopra e sotto facendoti perdere completamente l’orientamento).

Accanto alla ricerca che si è occupata di individuare il mondo emotivo dei bambini, una grossa fetta di studi ha dimostrato come i bambini imparino a gestire in modo efficace le loro emozioni (abilità nota col termine di auto-regolazione emotiva) e come sia possibile aiutarli a sviluppare questa abilità in modo appropriato.

Un primo passo per aiutare il bambino a comprendere e gestire i propri sentimenti è imparare, noi adulti per primi, a non aver paura delle emozioni.

Alfabetizzazione emotiva

Le emozioni non sono giuste o sbagliate, semplicemente sono emozioni.
La tristezza e la gioia, la rabbia e l’amore, possono coesistere e sono tutte parti della collezione di esperienze emotive dei bambini. Quando aiuti il tuo bambino a capire le sue emozioni, gli stai fornendo gli strumenti utili a gestirle in maniera efficace.

Uno dei principali ostacoli che mi capita di vedere spesso nel lavoro con i genitori, è il comportarsi ipotizzando che per avere un bambino felice sia necessario che lui sia felice sempre, per tutto il tempo. Farsi i muscoli attraverso le esperienze difficili, affrontare i problemi, affrontare la tristezza e il dolore permette al bambino di aumentare forza e resilienza, caratteristiche necessarie che portano i bambini a percepire un senso di benessere e di felicità.

Ovviamente il processo di alfabetizzazione emotiva è molto complesso e coinvolge, nel tempo diversi attori (quali la famiglia, la scuola, il gruppo dei pari ecc).

Ma cosa possono fare i genitori?

  1. A partire dai primi mesi, entrare in sintonia con i segnali dei bambini, i loro suoni, le loro espressioni facciali e i gesti.

Rispondendo con sensibilità, permettiamo ai bambini di sapere che i loro sentimenti sono riconosciuti e che sono importanti per noi.

Questo potrebbe significare ad esempio: fermare il gioco del solletico con un bambino di quattro mesi quando lui inarca la schiena e guarda lontano, segnalando che ha bisogno di una pausa; portare un piccolino di nove mesi alla finestra per dire ciao alla mamma quando è triste nel vederla andare via a lavoro.

  1. Nominare e aiutare i bambini a fronteggiare le loro emozioni e sentimenti

In psicologia per sentimenti intendiamo uno stato d’animo, ovvero una condizione cognitivo-affettiva che dura più a lungo delle emozioni, ciò che resta delle emozioni).
Le emozioni come la rabbia, la tristezza, la frustrazione e la delusione possono essere travolgenti per i bambini.

Imparare a nominare questi sentimenti è il primo passo per aiutare i bambini ad imparare a identificarli e nello stesso tempo gli insegna che questi sentimenti sono normali.

Alcuni esempi: riconoscere la rabbia di una bimba di 18 mesi dovuta al dover lasciare il parco giochi; riconoscere la frustrazione di un bimbo di due anni di fronte alla sua torre, formata da costruzioni, che cade continuamente più volte; empatizzare con la tristezza di una bambina di tre anni che vede i suoi nonni andar via dopo una lunga visita.

  1. Non temere le emozioni

Le emozioni non sono il problema. E ‘quello che facciamo, o non facciamo con loro che può essere problematico. Ascoltate con apertura e calma il vostro bambino quando condivide con voi sensazioni complicate.

Quando chiedete al bimbo informazioni circa i suoi sentimenti e il riconoscerli, state inviando il messaggio le emozioni sono importanti ed hanno valore per voi. Riconoscere e nominare sentimenti è il primo passo per imparare a gestirle in maniera salutare e accettabile nel tempo.

  1. Evitare di minimizzare o di allontanare i bambini dai loro sentimenti

Questa è una reazione naturale, noi vogliamo solo che i cattivi sentimenti vadano via (ricordate la nonna tagada). “Non essere triste Vincenzo (nel frattempo mi sballottolava mentre piangevo). Uh guarda lì (indicando un oggetto di cui non mi importava minimamente)?”. Le emozioni, le sensazioni che portano non vanno via; devono essere espresse in un modo o nell’altro.

Riconoscere le emozioni forti in un bambino crea un ponte che lo aiuterà a imparare come reagire ad esse (e regolarle). “Oh sei triste perché Mario deve andare via. Tu adori giocare con lui. Dai andiamo alla finestra per salutarlo e facciamo un piano per rivederlo presto.”

Quando i sentimenti sono ridotti al minimo o ignorati spesso si esprimono attraverso le parole e/o le azioni aggressive o, svoltando verso l’interno, alla fine possono rendere i bambini ansiosi o depressi .

  1. Insegnare strumenti di coping

Se una bimba di 18 mesi è arrabbiata perché la ricreazione è finita, insegnale a battere i piedi più forte che può o a disegnare la rabbia con un pennarello rosso.
Per aiutare un bambino di due anni che si sente frustrato perché non riesce a prendere una palla da un cesto, pensate insieme ad altri modi per risolvere il problema.

Prendete un bimbo di tre anni che ha paura di iniziare la nuova scuola e accompagnatelo a visitare la sua classe e a conoscere gli insegnanti in anticipo, fatelo giocare nella stanza dei giochi in modo fa trasformare ciò che non è familiare in qualcosa di familiare.

Consigli pratici per i genitori

Le reazioni emotive dei nostri figli innescano le “nostre” reazioni emotive e questo può portarci ad agire in maniera istintiva sentendo la necessità di “salvare” o “correggere” ciò che sta causando disagio nel nostro bimbo.

Il primo consiglio è quello di imparare a gestire le nostre emozioni per evitare di reagire in maniera istintiva perdendo così l’occasione di aiutare i nostri bambini.

Il secondo è di vivere queste esperienze come momenti di insegnamento utili al bambino per imparare a nominare e gestire le emozioni, positive e negative, che aggiungono profondità e colori alla nostra vita.

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Mostra a tuo figlio che avere una vita ricca e piena significa sperimentare sia gli alti che i bassi. I sentimenti non sono “buoni” o “cattivi” – semplicemente sono.

Sei la guida del tuo bambino. Insegnagli a condividere le gioie e a fronteggiare le sfide.
Ah, dimenticavo. Si comincia dal giorno 1. 

A cura di Vincenzo Capuano, psicologo


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