Autismo e disabilità infantili: non perdete tempo!

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Psicologa e Psicodiagnosta Clinica. Consulente in Aspetti medico-sociali della sessualità, esperta Aba/Vb.
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La diagnosi di ritardi mentali, disturbi dello spettro autistico, asperger ecc… non sono una condanna, ma il punto di inizio per riorganizzare una vita su misura.

Le fantasie sul proprio figlio, su come sarà e su quello che sarà, iniziano già in epoca pre-natale. In particolare per la mamma che per il fatto di sentire il feto muoversi, la proietta già, qualche tempo prima rispetto al papà, a tutto quel correlato di sogni, desideri e aspettative rispetto a quella sarà la propria vita futura familiare.

La nascita di un bambino con disabilità o che riceverà in seguito una diagnosi di autismo è un evento traumatico per tutta la famiglia, che si ritrova ad affrontare da sola una serie di problematiche che nessuno può aver preventivato e che spesso annichiliscono.

La disabilità inibisce il processo evolutivo della famiglia: l’elaborazione del dolore della perdita di un figlio “ideale” è simile all’elaborazione di un lutto reale.

Credo, da professionista, che si debba lasciare il giusto tempo alla famiglia per piangere, per arrabbiarsi, per poi aiutarla nel riorganizzarsi, fornendo i giusti mezzi per rielaborare il lutto, raccogliere le energie e reindirizzarle ad azioni costruttive, come la scelta del trattamento più idoneo al bambino.

La diagnosi non è una condanna e ricercare le cause non serve

Quello che molte famiglie non comprendono, infatti, è che il ricevere una diagnosi (che spesso cercano di far confutare, facendo la spola da uno specialista all’altro) non è la “fine assoluta” e che la disperazione e la rabbia o l’accanirsi sulla ricerca delle cause come lo stress pre-natale della placentea, vaccini, infezioni e la teoria peggiore di tutte: l’inadeguetezza delle cure materne, li porterà a cadere in un circolo vizioso fatto di sensi di colpa, di “se avessi e se non avvessi” inutili.

Ricevere una diagnosi è il “la” per poter iniziare la riabilitazione, avere accesso a sovvenzioni adeguate, avere e dare la possibilità ai bambini di poter condurre una vita più dignitosa possibile, più serena possibile.

Il trattamento, è importante che i genitori lo sappiano per poter non cadere nelle trappole di professionisti che speculano soltanto in questo settore, deve prima di tutto valorizzare gli aspetti positivi del bambino, le sue potenzialità e portarlo verso l’autonomia.

I trattamenti maggiormente indicati in caso di disabilità cognitiva (ritardi mentali, disturbi dello spettro autistico, asperger ecc…) che sono stati e sono in grado di fornire notevoli risposte sono, a mio parere, la terapia cognitivo-comportamentale e l’ABA.

Queste terapie non sono di tipo farmacologico, ma si basano su programmi di intervento di base “comportamentale” finalizzati:

  • a modificare il comportamento generale per renderlo più funzionale ai compiti primari
    della vita di ogni giorno come l’alimentazione, l’igiene personale, la capacità di vestirsi;
  • a reindirizzare i comportamenti indesiderati, i cosiddetti comportamenti problema;
  • a promuovere l’uso del linguaggio e della comunicazione;
  •  a promuovere la socialità della persona con autismo, con disabilita cognitiva in generale;
  •  a facilitare l’apprendimento di nuove abilità e conoscenze;
  • estendere e a generalizzare comportamenti e abilità da un setting ad un altro, da una situazione ad un’altra.

Numerose ricerche scientifiche, mostrano e dimostrano che prima si inizia, meglio è. Quindi “superato” il primo momento si smarrimento (si… tra virgolette perchè sappiamo tutti che superare è un parolone) e proprio perchè l’efficacia degli interventi aumenta se iniziati precocemente, la famiglia ha un unico imperativo: “non perdere tempo”.

Illustrazione: Walther Sorg

A cura della dott.ssa Domenica Signorile, psicodiagnosta clinica


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