Come calmare un bambino dopo uno spavento

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I bambini per loro natura non hanno una chiara percezione di ciò che potrebbe essere pericoloso e spesso, senza rendersene conto, rischiano di farsi del male o di mettere a repentaglio la propria vita. Ormai in rete si trovano tantissimi consigli su come rendere la casa sicura per un bambino, così da evitare gli incidenti domestici.

Anche il Ministero della Salute ha reso disponibile una breve guida per rendere i bambini sicuri in casa, ma non si parla mai di come comportarsi dopo che l’incidente è avvenuto e soprattutto di cosa fare delle emozioni che il bambino e l’adulto hanno provato. Vediamo insieme come ci si può comportare nelle varie fasi che caratterizzano una situazione di emergenza o pericolo.

Prima: prevenire è meglio che curare

Potrebbe sembrare forse banale, ma si può fare molto per evitare che si verifichino le più comuni situazioni di pericolo. La parola d’ordine allora è: prevenzione. In questo caso, si tratta innanzi tutto di distrarsi il meno possibile prestando la massima attenzione e ciò che il bambino sta facendo e di prendere dei piccoli e semplici accorgimenti che consentono all’adulto di stare più tranquillo e al bambino di muoversi liberamente in un ambiente più sicuro. Facciamo solo alcuni esempi:

  • Cibo: va scelto in base alle capacità di masticazione e deglutizione compatibili con l’età del bambino, in modo da prevenire un eventuale soffocamento; in generale, fino ai 5-6 anni, è meglio evitare cibi che per la loro consistenza o forma possono essere pericolosi, come mozzarella, prosciutto crudo, frutta secca, uva, gnocchi, wurstel, pomodorini, olive, caramelle, ecc. Alcuni di questi si possono anche dare, ma vanno tagliati adeguatamente, insegnando al bambino a masticarli bene. Inoltre, è importante insegnare al bambino che quando si mangia non bisogna correre, camminare, saltare, ecc., tutte attività che possono essere pericolose con un boccone in bocca.
  • Oggetti di piccole dimensioni: bisogna prestare la massima attenzione a tutti questi oggetti che i bambini, soprattutto se sotto i 4 anni, possono portare alla bocca e inghiottire, con il rischio di soffocarsi. Pile stilo, pezzettini di giocattoli, tappi di penne e matite, piccoli pomelli svitabili, chiavi, palline, ecc.
  • Prese elettriche: in Italia, le prese elettriche sono ad altezza di bambino e, con i loro buchi, costituiscono un’eccezionale attrattiva per i nostri cuccioli, fin da quando iniziano a gattonare. In commercio si trovano per le prese elettriche delle cover a incastro che rappresentano comunque un deterrente, almeno fino a quando il bambino non impara a toglierle. A quel punto, bisogna vigilare maggiormente e insegnargli la pericolosità dell’elettricità.
  • Scale: da quando il bambino inizia a gattonare, le scale sono un grande divertimento! Ma sono assai pericolose, soprattutto quelle strette e a chiocciola e quelle che hanno uno spazio vuoto tra un gradino e l’altro. I cancelletti sono una soluzione perfetta.
  • Ante dei mobili: le ante, come anche i cassetti aperti, invitano il bambino ad aggrapparvisi per alzarsi da terra (soprattutto quando il bambino gattona), con il rischio che il mobile cada addosso al bambino, con tutto il suo contenuto.

Durante: agire in modo tempestivo ed efficace

Nel malaugurato caso in cui il bambino dovesse trovarsi in pericolo, per quanto difficile, l’adulto deve cercare di mantenere la calma e il sangue freddo, far eventualmente accorrere altre persone nei paraggi che possano chiamare il 118 (se necessario), se è in grado di farlo, praticare le prime manovre di soccorso (disostruzione pediatrica, massaggio cardiaco e polmonare) cercando di agire con velocità e precisione, restando lucido e razionale, senza farsi prendere dal panico.

Certo, gestire la paura e l’angoscia di morte, in questi casi, non è certamente semplice, ma è l’unica possibilità se si vuole agire in modo tempestivo ed efficace, salvando la vita del bambino.

In questo senso, il nostro essere “animali” ci aiuta molto! Infatti, anche nell’Uomo la paura scatena una serie di reazioni istintive, il cui obiettivo è la sopravvivenza del singolo o del gruppo.

Come? A tutti è capitato di trovarsi in una situazione di potenziale pericolo e di avere notato le risposte del proprio corpo: c’è l’immediato rilascio di adrenalina, il cuore inizia a battere più velocemente, i muscoli di tutto il corpo si tendono, il respiro è più veloce, l’attenzione e la vigilanza aumentano e le funzioni cognitive sono più intense. Corpo, emozioni e mente sono pronti a fare ciò che serve.

Ma non sempre questo succede, perché non siamo tutti uguali!
Alcuni di noi infatti, di fronte a situazioni di pericolo inaspettato o di stress improvviso, rispondono in modo differente: l’ansia e la paura, invece di essere emozioni che predispongono all’azione, diventano emozioni che la bloccano e la inibiscono. Si possono avere anche reazioni vicine al panico, nelle quali la mente va in confusione: pensieri e azioni sono confusi, illogici, la persona è bloccata e non sa come intervenire. In queste situazioni, è fondamentale chiedere immediatamente aiuto alle persone più vicine, così da non trasformare una situazione di pericolo in una tragedia.

Dopo: esprimere le emozioni per superare lo spavento

Una volta scampato il pericolo, ci auguriamo anche senza l’intervento del 118, molti di noi pensano che non ci sia altro da fare. Ma non è così. È necessario infatti prendersi cura sia del bambino sia dell’adulto che ha prestato soccorso, ma soprattutto delle loro emozioni, così che la paura provata possa essere superata.

Bambino

Il pianto è la più immediata delle risposte di un bambino a molte emozioni e sensazioni corporee e, purtroppo, quando un bambino piange per esprimere le proprie emozioni, molto spesso gli adulti tendono a reprimere questo pianto con frasi tipo “non piangere, ormai è tutto passato”, “non piangere, tanto a che serve piangere”, “non piangere, su, adesso basta”, e via così.

Gli adulti che rispondono in questo modo, pur facendolo in assoluta buona fede, in realtà lo fanno per difendersi dal pianto del bambino, perché hanno difficoltà ad accoglierlo.

Il pianto di un bambino può essere veramente straziante e straziato e, quando è così, entra dentro il petto, va dritto al cuore e ci mette direttamente in contatto con il nostro dolore, con il pianto represso e antico che è dentro di noi. Perché l’adulto che tenta di far smettere di piangere un bambino reprimendo questo pianto, è stato a sua volta un bambino a cui non è stato consentito piangere.

Invece, è molto importante che il bambino possa esprimere attraverso il pianto la fortissima paura che ha provato (legata anche alla propria sopravvivenza) e l’adulto deve dargli la possibilità di farlo finché ne sentirà la necessità, tenendolo in braccio e abbracciandolo finché non si calma, cercando di contenerlo anche fisicamente, stringendolo se necessario, cullandolo, accarezzandolo, dandogli contatto corporeo e calore affettivo, perché ha bisogno di sentirsi protetto. In questo modo, l’adulto riuscirà a infondere fiducia e sicurezza e rappresenterà un “porto sicuro” in cui il bambino potrà rifugiarsi quando ne sentirà il bisogno.

La paura, se da un lato mobilita il nostro corpo per renderlo pronto all’azione, allo stesso tempo, a livello energetico provoca il ritiro verso il centro di se stessi, una situazione di contrazione e tensione che è importante poter sciogliere al più presto; a livello psicologico, la conseguenza di questo ritiro è la chiusura. Avete presente quella sensazione corporea di “nodo” nel petto o nello stomaco quando avete avuto uno spavento? Ecco, quello è un discreto esempio di ritiro energetico, percepito a livello corporeo.

Pericolo scampato, come aiutare il bambino a rilassarsi nuovamente

Quindi, è estremamente importante che l’adulto aiuti il bambino a esprimere la paura e a rilassarsi nuovamente.

Per facilitare il rilassamento, può dare al bambino la lunga carezza, che costituisce uno dei movimenti di base del Massaggio Bioenergetico Dolce Neonatale di Eva Reich (detto anche Butterfly Massage), anche mentre il bambino è in braccio e una volta che si è calmato.

In cosa consiste? È molto semplice! Con un tocco leggero come quello delle ali di una farfalla, accarezzare il bambino sempre dall’alto verso il basso e dal centro verso la periferia, partendo dalla testa scorrere lungo il corpo fino ad arrivare ai piedi, poi partire nuovamente dalla testa scorrere lungo collo, spalle e braccia fino alle mani e infine di nuovo dalla testa fino ai piedi. Ripetere la lunga carezza sia davanti che dietro e anche più volte se ci si rende conto che al bambino piace. Oltre a essere molto piacevole e rilassante, la lunga carezza favorisce la circolazione sanguigna e dà un senso di contenimento e definizione di sé.

Altro strumento molto utile e semplice è la risata. Infatti, ridere fa bene sia al corpo, che si espande e si rilassa, sia allo “spirito”, che ritrova la serenità perduta. Durante una risata il diaframma, che si era precedentemente contratto e bloccato per la paura, si rilassa, la respirazione diventa più libera, la pressione arteriosa diminuisce, si verifica una generale caduta della tensione accompagnata da una piacevole sensazione di liberazione. Inoltre, ridere stimola la produzione di endorfine, analgesico naturale che ci fa sopportare meglio il dolore fisico e psicologico, e di serotonina, che neutralizza gli effetti dello stress e dell’ansia. E poi, dopo uno spavento, ridere fa bene anche all’adulto! Quindi, risolta l’emergenza e scampato il pericolo, trovate il modo di ridere e di far ridere, per un tempo anche non brevissimo. Dedicate del tempo a ridere insieme al bambino, ne ricaverete un bellissimo contatto affettivo e tanto amore.

Adulto

Ma non possiamo occuparci solo del bambino. Anche l’adulto ha sopportato un fortissimo stress e deve trovare il modo di esprimere le proprie emozioni. Deve poter parlare dell’accaduto con altre persone, così che le emozioni che ha giustamente represso e gestito durante la situazione di pericolo possano trovare lo spazio per emergere nuovamente ed manifestarsi. E se l’adulto in questione non fosse il genitore ma un nonno, una baby sitter, una zia, ecc.? Beh, è ancora più importante che possa parlare dell’accaduto proprio con i genitori del bambino, che dovranno cercare di non colpevolizzarlo (perché già si sente abbastanza in colpa da solo), cercando di costruire un clima di comprensione, calore e amore.

Inoltre, dopo una situazione stressante e di pericolo, si ha una caduta energetica e di tensione, con senso di spossatezza e stanchezza, per cui è importante che l’adulto possa rivolgersi a qualcuno che lo aiuti, così da consentirgli di rilassarsi e riposarsi almeno un po’ e che eventualmente guardi il bambino per il tempo che sarà necessario.

Conclusioni

Per concludere, mi sembra importante sottolineare nuovamente due elementi fondamentali:

  • agire sulla prevenzione: è meglio spendere del tempo a prevenire eventuali pericoli;
  • occuparsi delle emozioni: è importante consentire al bambino di esprimere le emozioni attraverso il pianto e all’adulto di poter parlare di quanto successo.

A cura di Désirée Renault, psicoterapeuta


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