Genitori che manipolano i figli: dipendenza affettiva in famiglia

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Autore
Psicologo e Psicoterapeuta Specializzato in Psicoterapia Strategica.

Il legame affettivo tra genitore e figlio è l’amore primigenio, costituisce per tutti la forma primaria d’amore e si struttura come matrice delle esperienze sentimentali successive.

L’amore genitoriale e quello filiale hanno la caratteristica, unica nella vita di ogni essere umano, di realizzarsi tra individui che non si sono scelti l’un l’altro: il genitore ha (quasi sempre) deciso di concepire, e inevitabilmente ripone nel nascituro un qualche ideale e molte aspettative; il figlio o la figlia, invece, nascono e basta. Ovviamente, non hanno designato il loro oggetto d’amore e molti figli impiegheranno una vita ad accettare i propri genitori per quello che sono.

Allo stesso tempo, la capacità genitoriale che presuppone la capacità di amare incondizionatamente un bambino, di fornirgli le cure, la protezione e l’affetto necessari perché cresca come un adulto sano ed autonomo, non è una proprietà genetica, ma il frutto di equilibrio e consapevolezza dei padri e delle madri.

È diffusa una rappresentazione didascalica dei ruoli di padre e di madre che, come ogni stereotipo sociale, rasenta appena la realtà. Quella dei genitori uniti, dei genitori intrinsecamente capaci di prendersi cura e di crescere i figli.

La favola della “sacra famiglia”, invece, cede spesso all’esame di realtà. Coppie stanche, nevrotiche, divise, a volte sfibrate sin dall’origine, possono, senza dirselo e ancor meno saperlo, generare un figlio con l’intento maldestro di ridarsi un senso e stabilire, causa maternità/paternità, una tregua all’infelicità coniugale. E questa è probabilmente la radice della manipolazione affettiva dei genitori verso i figli.

Per esempio, il genitore manipolatore utilizza, per lo più inconsciamente, il bambino per avvantaggiarsi dell’affetto del coniuge, o per controllarlo. In altri casi, il bambino viene egoisticamente investito dal ruolo insostenibile di soddisfare i bisogni affettivi del genitore, di compensare la sua infelicità coniugale e/o esistenziale.

O, ancora, il figlio può essere utilizzato come “banca genetica” e sottoposto a pressioni affinché riproduca e conservi l’identità della “famiglia”, riproduca –magari in forma migliorata, compensando i “sogni mancati” della madre o del padre- il percorso dei genitori: dovrà fare lo stesso lavoro e dovrà comportarsi nello stesso modo dei genitori. Pena il silenzio, la punizione e il ricatto affettivo.

Burattini emotivi. 

Così i bambini cullati nelle maglie del ricatto affettivo rischiano di trasformarsi in burattini emotivi designati a intrattenere per tutta l’infanzia lo spettacolo dei figli perfetti o dei figli problematici per compiacere genitori manipolatori, per conseguire il loro plauso nell’inconsapevole teatrino familiare. Sino alle svolte dell’adolescenza e dell’età adulta, dove questa crudele imposizione di ruolo potrebbe crollare disastrosamente e provocare lutti, conflitti e sintomi dilanianti, come succede, a volte anche più precocemente, nelle famiglie dove uno o entrambi i genitori manipolano i figli.

Quando un figlio nasce sotto la cattiva stella di una coppia irrisolta, purtroppo non tarderà a restituire ai genitori il peso della responsabilità inaccettabile di cui lo hanno gravato.

Ci sarà un momento nel suo ciclo di vita – l’infanzia, l’adolescenza o la prima età adulta- in cui il figlio sentirà la necessità di sottrarsi alla disfunzionalità affettiva di cui, egoisticamente anche se inconsapevolmente, è stato oggetto sin dal concepimento.

Il tentativo di svincolo può realizzarsi in diversi modi: per contestazione/conflitto, per auto-annullamento/resa o attraverso sintomi dello spettro psicopatologico come ansia, depressione  e psicosi.

Contestazione/conflitto: tradire le aspettative dei genitori, fallire, deviare, anche gravemente, dai codici familiari (abuso di sostanze, comportamenti pericolosi e autolesivi, stile di vita promiscuo, ecc.)

Auto-annullamento/resa (per lo più asintomatica): manifestare di continuo il bisogno di approvazione dai genitori, uniformarsi passivamente alle attese familiari e riprodurre, nella propria vita, coppie e matrimoni infelici;

Sintomi: depressione, ansia, attacchi di panico, fobia sociale, inadeguatezza sociale, immaturità affettiva, solitudine, dipendenza affettiva.

Ognuna di queste condizioni si presenta associata alla dipendenza e alla manipolazione affettiva di almeno un genitore verso il figlio, ovvero una eccessiva e “storica” focalizzazione sul figlio correlata all’insoddisfazione grave relativa alla vita personale o di coppia.
In generale, i fattori di rischio di questa forma di manipolazione genitore-figlio,, spesso mascherata da “migliori intenzioni” o da “io so cosa è meglio per mio figlio”, si evidenziano nell’eccessivo controllo e nell’apprensione abnorme per le qualunque manifestazione di autonomia del figlio, vissuto non come individuo a sé, autonomo e capace, ma come fragile e inadeguata promanazione della madre e/o del padre.

Nella pratica psicoterapeutica non è raro incontrare bambini, adolescenti e giovani inviati dai genitori perché sofferenti, a volte drammaticamente sofferenti. E’ invece meno frequente stabilire un contatto davvero autentico e collaborativo con la coppia genitoriale. Quanto più la dipendenza affettiva verso il figlio o la figlia è strutturata, tanto meno sarà agevole coinvolgere la famiglia nel processo terapeutico. A volte, il rifiuto sarà netto, altre volte velato.

Nel caso di figli maggiorenni e relativamente autonomi, il terapeuta può certamente intervenire e incoraggiarli a dipanare pian piano i guinzagli emotivi che vincolano il loro sviluppo come adulti.

Nel caso di bambini e adolescenti, invece, il groviglio è più intricato perché implica la partecipazione della coppia genitoriale alla terapia e necessita giocoforza di una riflessione sulla funzionalità coniugale, sulla situazione attuale e sulla storia matrimoniale. Argomenti da cui i genitori manipolatori rifuggono quando, a qualche livello, avvertono che trattarli potrebbe modificare il precario equilibrio dipendente su cui, seppure inconsciamente, hanno fondato la coppia prima e la famiglia poi.

A cura di  Enrico Maria Secci, Blog Therapy, Psicologo psicoterapeuta
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