Come cambiare l’immagine negativa di sé

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor
Senza essere benevoli con se stessi non si può esserlo con gli altri. Per provare amore, tenerezza verso gli altri, per desiderare che siano felici e che non soffrano, dobbiamo innanzitutto nutrire tali sentimenti verso noi stessi. Dalai Lama

La vita non è semplice da affrontare, sorgono speso difficoltà, problemi da risolvere, contrarietà da superare … inconvenienti, imprevisti, disguidi, equivoci. Per superare tutti questi ostacoli è indispensabile avere una buona forza interiore…..e questa forza ce la può fornire proprio l’Autostima.

Per affrontare la meravigliosa avventura della vita, dobbiamo sentire che valiamo. Che siamo in grado di fare, affrontare………L’autostima è come la forza nelle gambe per poter camminare, nelle mani per poter prendere, sollevare, lanciare … E’ un senso di potenza che occorre necessariamente avere nella mente per fare qualsiasi cosa. Senza di essa le difficoltà della vita sarebbero insormontabili: una collinetta diventerebbe una montagna.

Come nasce l’autostima

La nostra autostima dipende moltissimo dalle esperienze che abbiamo avuto nei primi anni di vita: se le relazioni con le persone che si occupavano di noi (genitori, nonni, insegnanti, ecc) sono state positive e gratificanti avremmo sviluppato probabilmente un immagine positiva di noi stessi.

Se invece, i rapporti con chi ci stava vicino sono stati improntati all’ insegna della freddezza e delle critiche, quasi sicuramente avremmo sviluppato un opinione negativa di noi stessi e faremmo fatica ad accettarci e a credere nelle nostre potenzialità.

Il bambino che non si sente accettato per quello che è veramente nella totalità del suo essere, tende ad incolparsi e a pensare:” se i miei genitori mi criticano/ mi paragonano agli altri / non mi vogliono abbastanza bene , allora deve esserci qualcosa che non va in me”. Questo bambino comincerà a credere che i suoi genitori non lo apprezzano abbastanza perché lui è stupido, cattivo, sbagliato, non si merita l’amore e comincerà a sviluppare un immagine negativa di se stesso.

Fortunatamente, anche se si ha avuto un infanzia poco felice, è possibile imparare a volersi bene ma soprattutto imparare a guardarsi con occhi più benevoli.

Come cambiare l’immagine negativa di sé

Nelle librerie e su internet si sprecano i suggerimenti per imparare a stimarsi di più: di solito questi suggerimenti comprendono il pensiero positivo, l’elenco dei propri successi, la visualizzazione positiva e persino.. il camminare sui carboni ardenti! Ma per quanto queste indicazioni possano avere una parziale utilità, non affrontano il problema della mancanza di autostima alle radici.

Se io mi sento un completo fallito non riuscirò mai ad autoconvincermi di essere un vincente ma anche se ci riuscissi, negare le mie difficoltà e le mie insicurezze, costruendomi una falsa immagine di persona di successo, non farà altro che rafforzarle.

Per migliorare l’autostima aiuta molto di più confrontarsi con l’immagine negativa che si ha di se stessi chiedendosi quanto questa immagine sia realistica e se i propri difetti siano realmente cosi gravi e immodificabili.
Infatti, il mezzo più efficace per superare un radicato senso di inferiorità è rendersi conto che la percezione negativa che abbiamo di noi stessi è solo un idea che deriva dalla ferite della nostra storia personale e non rappresenta la verità ultima sui noi stessi.

In altre parole sentirsi insignificanti, stupidi o incapaci non equivale a esserlo veramente e non equivale neppure al modo in cui gli altri ci vedono.

Come migliorare l’autostima

Il primo passo per migliorare l’autostima è cominciare a mettere in dubbio l’opinione negativa che si ha su se stessi, ripensando in modo critico alla propria storia personale.

Forse nel nostro passato ci sono state delle esperienze che ci hanno convinto di valere poco, esperienze che sono talmente parte di noi da non essere più messe in discussione. Ma queste esperienze, viste con l’occhio di un adulto, possono essere interpretate in modo diverso e portare a conclusioni radicalmente diverse.

Un caso clinico, la storia di Anna

Un esempio chiarirà quello che intendo: prendiamo il caso di una ragazza chiamata Anna.
Anna ha 26 anni, è timida e introversa, è fuori corso all’università, non ha amici ma e non ama fare vita sociale
L’immagine di sé di Anna è quella di una “ sfigata” e nella situazioni della vita si rapporta come tutte le persone che hanno una bassa autostima: non rischia mai nulla, non prende iniziative, all’università non rende secondo le sue capacità, con le persone che forzatamente frequenta è sempre ai margini.

Ma guardiamo meglio i suoi problemi per capire quando si è formata questa immagine negativa di sé.
Da piccola, Anna era un bambina con qualche chilo in più e questa condizione le creava una leggera forma di impaccio che poteva correggere se la mamma l’avesse portata dal nutrizionista.
La madre di Anna è stata una mamma iperprotettiva e ansiosa, che terrorizzata all’idea che il figlio si ammalasse, proibiva al bambino di giocare in cortile e di andare a casa degli altri bambini, limitando cosi le occasioni di socializzazione.

Il padre di Anna, invece, su questa figlia rivestiva grandi aspettative e desiderava che la figlia brillasse ed eccellesse in tutto nei rapporti sociali, come a scuola.
Il padre di Simone da giovane era bravissimo con il pianoforte ed obbliga il figlio a fare scuola di musica, nonostante la bambina non fosse portata per questa attività.

Le lezioni di musica si sono rivelate per Anna un incubo: l’ambiente diventa ostile , l’insegnante la sgrida perchè poco attenta. Il carattere introverso di Anna non l’aiuta per niente soprattutto a scuola: si emargina, non fa gruppo con i compagni di scuola. Piuttosto viene derisa per la sua goffagine (mi riferisco ai chili in più)

A questo punto se non intervengono altre esperienze correttive, si sono gettate le basi del senso di inferiorità.
Anna, sentendosi trattata da incapace dalle persone che la circondano, si convincerà veramente di esserlo e si comincerà a comportarsi da incapace, non riuscendo a tirare fuori le sue qualità e rassegnandosi a vivere un esistenza incolore.

Che cosa potrebbe fare Anna, ormai adulta, ripensando alla sua storia?

  • Potrebbe rendersi conto che nella genesi del suo senso di inferiorità ha giocato un ruolo fondamentale l’essere fisicamente più grossa degli altri bambini ma che questo suo senso di inferiorità che un tempo era basato su un problema reale ma risolvibile, da grande non ha più ragion d’essere.
  • Riflettendo potrebbe capire che una parte consistente del sua sensazione di inadeguatezza è derivata dall’essere piuttosto grossa fisicamente ma che questo aspetto non è fondamentale per riuscire nella vita.
  • Potrebbe realizzare di non essere stata un disastro totale ma di aver anche dei talenti (per esempio uno spiccato senso estetico) che non sono stati mai valorizzati perché in famiglia non li considerava importanti.
  • Potrebbe comprendere che il suo impaccio nelle relazioni con gli altri non deriva da una forma patologica di timidezza ma dal fatto di non aver potuto sviluppare adeguatamente le abilità sociali perchè non gli veniva consentito di stare con gli altri bambini.

Più Anna ripensa in modo critico alla sua storia, più riuscirà a distaccarsi dall’immagine di incapace che altri gli hanno proiettato addosso e in cui lei si è poi identificata.

Guardiamo con obiettività i nostri difetti

Chi soffre di senso di inferiorità guarda con implacabile severità i propri difetti, cosi bastano un paio di chili in più per sentirsi grassi, un naso importante per sentirsi brutti, una bocciatura ad un esame per sentirsi dei falliti nella vita.

Per superare questo senso di inadeguatezza occorre imparare a contestualizzare il difetto e a chiedersi : “ Inadeguati rispetto a chi ? a cosa?” Capita, infatti, che chi si percepisce come inadeguato, si senta tale perchè aspira ad uno standard di perfezione o cerca di adeguarsi a delle aspettative eccessive di un genitore.

Un esempio banale di questo meccanismo riguarda l’ossessione che molte donne hanno per la linea e per l’ aspetto fisico. Ragazze con un peso normale si sentono grasse perché si confrontano con le immagini ritoccate dei corpi delle modelle oppure con gli ideali fisico di donna sottopeso ma con dei seni enormi ( rifatti) proposti dai media.
Se pensiamo al nostro peggior difetto, quello che meno accettiamo di noi stessi, ci renderemo probabilmente conto che non siamo un disastro assoluto: ci sono persone che hanno fatto meglio di noi ma anche persone che hanno fatto peggio.

Per esempio, certi si sentono dei falliti perché non sono riusciti a laurearsi, ma ci sono persone che non sono riuscite neppure a diplomarsi e laureati che sono disoccupati. Per avere una visione realistica dei propri difetti, a volte occorre saperli ridimensionare: a volte quelli che si considerano dei gravi difetti sono semplicemente delle caratteristiche.

In altri casi, certi difetti, specialmente caratteriali, possono essere tali in certe situazioni e per certe persone ma in altri contesti possono non essere cosi rilevanti o addirittura rivelarsi quasi dei pregi.

Riscriviamo la nostra storia

Chi ha una bassa autostima tende ad attribuire i propri insuccessi a delle gravi carenze personali, cosi la rottura di una relazione diventa la prova della propria mancanza di fascino, un errore sul lavoro la dimostrazione della propria stupidità e incompetenza, un amicizia che finisce la prova che si ha un brutto carattere.

Per ritrovare l’autostima occorre imparare a darsi una spiegazione alternativa (e più realistica): per esempio, una relazione che finisce, spesso termina perché le due persone non sono compatibili oppure chi lascia non è pronto a legarsi in quel particolare momento della vita.

Molte volte, quando si ha una senso di inferiorità, si tende ad attribuire erroneamente la causa di un insuccesso ad un problema generico e irrisolvibile (per esempio la stupidità) invece che ad un problema specifico e risolvibile.
Ad esempio, un percorso scolastico accidentato può essere dovuto ad un dislessia non diagnosticata e non curata o ad una difficoltà di concentrazione dovuta alla tensione emotiva di vivere in un ambiente familiare conflittuale.

Psicotrucchi per migliorare l’autostima

Guardiamo l’aspetto positivo dei nostri difetti. Molti difetti sono l’espressione in eccesso di una qualità. Per esempio, se siamo timidi, saremo anche persone sensibili,  quindi avremo tatto per cui  difficilmente irriteremo gli altri con atteggiamenti arroganti, invadenti o aggressivi.
Nessuno può migliorare se si critica aspramente: invece la chiave del miglioramento sta nel accettazione di noi stessi e delle nostre parti fragili.

I nostri difetti in certe circostanze possono avere un ruolo positivo (per tornare all’esempio di prima: il timido è più difficile che litighi con i colleghi o risponda scortesemente ad un cliente con un carattere impossibile). Riconoscere gli aspetti positivi dei nostri tratti caratteriali negativi è importante per migliorare l’autostima.

Accettiamo quello che non potete cambiare ma miglioriamo quello che si può migliorare.

Più si è schiacciati dall’opinione negativa di se stessi meno si trova la forza per migliorare. Se ci poniamo in modo benevolo nei nostri confronti inizieremo a vedere le nostre difficoltà in modo più realistico.  E per essere benevoli, bisogna essere in pace con se stessi.

Meno ci identifichiamo con il ruolo di incapace/ debole/ mediocre ecc, più possiamo capire che molti dei nostri limiti non sono dovuti ad un’incapacità congenita ma ad una mancanza di abilità che possono essere acquisite.
Spesso quando ci impegniamo nel correggere i nostri difetti, sperimentiamo la piacevole sensazione di essere più bravi di quanto pensassimo e la nostra autostima si rafforza.

Correggere una tendenza caratteriale radicata da tempo non è facile e all’inizio ci si può riuscire solo in un modo molto limitato: è importante non scoraggiarsi per le ricadute o per la lentezza dei progressi ma imparare a riconoscere e a festeggiare ogni piccolo passo ( per quanto imperfetto) sulla via del cambiamento.

Sviluppate le vostre qualità

Molte persone con una bassa autostima non riescono a far fruttare le loro qualità semplicemente perchè sono convinte di non averne: si vedono troppo mediocri per poter fare qualcosa di buono e non ci provano nemmeno.
Spesso la ragione per cui non riescono a vedere il buono che c’è in loro è che sono talmente concentrate su quello che manca loro fisicamente, caratterialmente e materialmente da non riconoscere le loro doti e le loro possibilità.

Per migliorare l’autostima bisogna invertire lo sguardo: smettere di concentrarsi su quello che manca e concentrarsi sulle proprie qualità per quanto possano sembrare ( in apparenza) piccole e misere rispetto a quelle che si vorrebbe avere.

Quando si comincia a mettere a frutto le proprie doti, facendo del meglio con il poco che si ha, quel poco si moltiplica e si scopre di avere delle risorse inaspettate.

Dobbiamo smetterla di raccontarci balle e imparare ad essere un poco più onesti con noi stessi. Lo dobbiamo a noi e lo dobbiamo a quel diamante d’impareggiabile valore che giace, semisepolto, in fondo alle nostre scorie. A tal proposito vorrei condividere con voi una poesia spesso attribuita (erroneamente) a Charlie Chaplin. Il testo in realtà è stato scritto da Kim McMillan. Certo, la poesia, dal punto di vista letterario, è piuttosto infantile, eppure ha il pregio di mettere in evidenza quasi tutti gli ingredienti necessari per rafforzare e migliorare l’autostima.

“Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono reso conto che il dolore e la sofferenza emotiva
servivano a ricordarmi che stavo vivendo in contrasto con i miei valori.
Oggi so che questa si chiama autenticità.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho capito quanto fosse offensivo voler imporre a qualcun altro i miei desideri,
pur sapendo che i tempi non erano maturi e la persona non era pronta,
anche se quella persona ero io.
Oggi so che questo si chiama rispetto.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho smesso di desiderare una vita diversa
e ho compreso che le sfide che stavo affrontando erano un invito a migliorarmi.
Oggi so che questa si chiama maturità.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho capito che in ogni circostanza ero al posto giusto e al momento giusto
e che tutto ciò che mi accadeva aveva un preciso significato.
Da allora ho imparato ad essere sereno.
Oggi so che questa si chiama fiducia in sé stessi.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
non ho più rinunciato al mio tempo libero
e ho smesso di fantasticare troppo su grandiosi progetti futuri.
Oggi faccio solo ciò che mi procura gioia e felicità,
ciò che mi appassiona e mi rende allegro, e lo faccio a modo mio, rispettando i miei tempi.
Oggi so che questa si chiama semplicità.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono liberato di tutto ciò che metteva a rischio la mia salute: cibi, persone, oggetti, situazioni
e qualsiasi cosa che mi trascinasse verso il basso allontanandomi da me stesso.
All’inizio lo chiamavo “sano egoismo”, ma
oggi so che questo si chiama amor proprio.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho smesso di voler avere sempre ragione.
E cosi facendo ho commesso meno errori.
Oggi so che questa si chiama umiltà.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono rifiutato di continuare a vivere nel passato
o di preoccuparmi del futuro.
Oggi ho imparato a vivere nel momento presente, l’unico istante che davvero conta.
Oggi so che questo si chiama benessere.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono reso conto che il mio pensiero può
rendermi miserabile e malato.
Ma quando ho imparato a farlo dialogare con il mio cuore,
l’intelletto è diventato il mio migliore alleato.
Oggi so che questa si chiama saggezza.

Non dobbiamo temere i contrasti, i conflitti e
i problemi che abbiamo con noi stessi e con gli altri
perché perfino le stelle, a volte, si scontrano fra loro dando origine a nuovi mondi.
Oggi so che questa si chiama vita”.

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2 commenti su “Come cambiare l’immagine negativa di sé”

  1. Nessun commento dottoressa,solo ringraziamenti per come minuziosamente lei ci invita a riflettere in modo generale sui casi che la vita, a volte, inaspettatamente ci coinvolge e ci sconvolge. Complimenti e ancora grazie.

I commenti sono chiusi.