La riabilitazione cognitiva nell’anziano

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Psicologa e Psicodiagnosta Clinica. Consulente in Aspetti medico-sociali della sessualità, esperta Aba/Vb.

deterioramento cognitivo

Il deterioramento cognitivo, emozionale e funzionale rispetto ad una precedente livello di prestazioni, tale da interferire nelle normali attività della vita quotidiana, è una condizione comune nell’anziano.

Il problema della cura e dell’assistenza ai pazienti affetti da demenza, da lieve deterioramento cognitivo, da malattia di Alzheimer (nelle prime tre fasi della malattia), da decadimento cognitivo vascolare, da Parkinson e da altre malattie neurodegenerative, è emerso e sta emergendo sempre di più, soprattutto in relazione all’innalzamento dell’aspettativa di vita; infatti sono elevatissime le percentuali di soggetti anziani e di anziani oltre i 70 anni.

In commercio esistono numerosi farmaci atti a limitare il progredire del declino cognitivo. Accanto agli interventi di tipo farmacologico, esistono anche terapie cognitive e comportamentali che hanno come obiettivo il mantenere e garantire alla persona anziana affetta da una malattia neurodegenerativa, una sufficiente autonomia e un discreta vita di relazione.

Deterioramento cognitivo e intervento psicologico

Va, però, sottolineato e ribadito che lo scopo principale degli interventi cognitivo-comportamentali (in questo settore) non è quello di curare la disabilità della persona , piuttosto quello di limitare le conseguenze negative legate al trauma, attraverso l’apertura di un ponte tra le prestazioni dell’individuo e la “ri-acquisizione” di abilità una volta semplici per l’individuo.

Infatti questa tipologia di riabilitazione consiste nell’applicare una serie di tecniche che permettono di ridurre l’entità della menomazione, migliorare o mantenere quanto più possibile le funzioni di memoria a breve, la memoria a lungo termine, la memoria procedurale, mantenere il linguaggio, potenziare e mantenere l’ attenzione e le funzioni esecutive, mantenere l’orientamento topografico o riabilitarlo anche attraverso l’uso di assistive technology, migliorare e mantenere le funzioni visuospaziali.

Tale tipologia di terapia prevede, quindi, una serie di esercizi che coinvolgono la persona a livello occupazionale, cognitivo, motivazionale e motorio, proprio perchè il decadimento cognitivo procede quasi in parallelo con la compromissione delle autonomie di movimenti. Occorre, infatti, intervenire dal punto di vista riabilitativo il prima possibile per ottimizzare il recupero ed evitare danni secondari e terziari dovuti all’immobilizzazione psico-fisica.

Gli esercizi ripetuti ogni giorno in modo sistematico attivano le funzioni cognitive sopra citate, che sono già deteriorare dalla malattia, ma che decadrebbero molto più velocemente se non esercitate.

L’esercizio intellettivo può motivare i pazienti e migliorare anche gli altri disturbi spesso correlati a tale condizione come la depressione e l’ansia che ritroviamo proprio perchè nelle fasi iniziali della malattia, è spesso presente la consapevolezza del calo delle funzioni intellettive e dell’aumentata difficoltà del mantenimento di accettabili relazioni interpersonali, la persona è consapevole di un prima e di un dopo, è consapevole che sta perdendo parti importanti di se stesso, è consapevole di non poter più contare sulle proprie forze, sulle proprie capacità, è consapevole che a causa di queste perdite a livello personale perde di conseguenza molto a livello relazionale;

si osserva, infatti, un calo degli interessi, indifferenza verso i familiari, indifferenza verso i problemi familiari, indifferenza verso i problemi lavorativi, turbe della memoria che a volte vengono minimizzate e/o attribuite allo stress, al lavoro e all’affaticamento.

Ne consegue una reazione depressiva che può inoltre porre dubbi sulla diagnosi, anche se il successivo aumento di perdita di memoria e delle funzioni cognitiva, così come la possibile modificazione di personalità, rendono evidenti la diagnosi.

Il ruolo del familiare

Assicurare a queste persone una vita più dignitosa possibile è il nostro compito come coniugi, come figli e come operatori del settore: il ruolo del caregiver e/o familiare è fondamentale nella gestione quotidiana del paziente deteriorato; il quale dovrà mantenere una presenza costante, discreta e incoraggiante.

Il lavoro, se proseguito a casa, avrà una maggiore possibilità di successo e questo soprattutto se verrà accompagnato da una supervisione attenta dalle persone che accudiscono e sostengono il paziente. Il famigliare e/o il caregivere hanno, infatti, un ruolo fondamentale nel proseguimento degli esercizi nell’ambiente di vita quotidiano del paziente.

A cura della dott.ssa Domenica Signorile, psicodiagnosta clinica


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