Narcisismo infantile, i primi campanelli d’allarme

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor
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Al momento di riempire il modulo del censimento ho dichiarato: età diciannove anni, professione genio, segni particolari il mio talento. (Oscar Wilde)

Ogni bambino è speciale agli occhi di mamma e papà. Ma attenzione a non elogiarli troppo… potrebbero diventare veri e propri narcisisti, fino a soffrire di narcisismo infantile.

Sin dalla tenera età possono proporsi scenari in grado di condizionare fortemente lo sviluppo della personalità del piccolo

E’ bene sottolineare che non si può diagnosticare una patologia relativa al narcisismo nell’età evolutiva. Solo quando si cresce, a partire dai 14-18 anni, possiamo parlare di disturbo di personalità narcisistico. E questo perché si prevede che la personalità stabile di un individuo si formi nell’adolescenza avanzata

“È piuttosto complesso riuscire a definire perfettamente quanto l’educazione e l’investimento genitoriale in termini di attese e gratificazioni verso i propri figli influenzino l’avanzamento di un disturbo narcisistico di personalità”

Quel primo mattoncino alla base dell’ autostima di un bambino

Quando i bambini sono molto piccoli, dagli 0 ai 3 anni, il narcisismo è fondamentale e necessario per il loro sviluppo. Questo perché la formazione della personalità umana si basa su una relazione iniziale precoce con le figure di accudimento (papà, mamma, o chiunque si prenda cura del piccolo), che deve essere capace di rispondere ai bisogni del bambino e dar loro un significato (ad es. piangi, hai fame, adesso arriva il latte… ecc.).

Ciò significa che il piccolo ha bisogno di essere visto e riconosciuto come la cosa più importante al mondo per la persona che lo accudisce. Spesso, infatti, ci si dimentica che il bimbo è totalmente dipendente da chi lo cura: E se noi, pur con dolore, possiamo vivere senza di lui, lui non può sopravvivere senza le nostre cure.

Perciò è da questa prima fondamentale relazione, in cui il bimbo viene riconosciuto dall’adulto, che si costruisce quel primo mattoncino alla base della sua autostima.

Quando il bambino cresce

Da uno a tre anni e in seguito, i genitori devono aiutare i bambini nel loro percorso di crescita, che li porterà sempre più a contatto e a confronto con la realtà.

“È il momento in cui iniziano a parlare e a camminare, ma soprattutto in cui cominciano a vedere i propri limiti: non sono più infallibili e onnipotenti, ma cominciano a definirsi e a riconoscersi per quello che sono davvero”

Allo stesso tempo, devono anche accettare che i genitori non siano perfetti: può essere frustrante, non rispondere ai bisogni immediati, sgridare, mettere limiti e regole.

Con il tempo, il piccolo sarà sempre più capace di accettare i suoi limiti e anche quelli degli altri. Questo perché lentamente si stabilizzerà dentro di lui la comprensione di essere un individuo autonomo con pregi e difetti: trarrà piacere dalle sue reali capacità e non solo dalla risposta ai suoi bisogni.

Questa consapevolezza lo porterà a sviluppare un dialogo interno che lo aiuterà ad accettare meglio le frustrazioni.

Può però accadere che questo processo non vada a buon fine

Spesso succede perché o i genitori non danno le sufficienti attenzioni ai bambini o, al contrario, gliene danno troppe. Anche loro, infatti, devono lasciare liberi i bambini di crescere evitando di chiedergli troppe attenzioni ovvero di corrispondere al bambino di cui loro avrebbero bisogno.

Il piccolo non è perfetto, come del resto chi lo cura, ma entrambi hanno bisogno di essere amati per come sono. Come diceva Winnicott, la mamma (e quindi chiunque accudisca il bambino) deve essere “sufficientemente buona”. Anche se trovare una via di mezzo è spesso molto difficile.

Ma se non si trova un equilibrio sufficientemente buono, è possibile che si entri nella sfera del narcisismo patologico. La persona è incapace di qualsiasi forma di autocritica o di valutazione su di sé: ha sempre necessità di continue conferme da parte degli altri, senza alcun interesse per i loro bisogni

“Manca loro quel “mattoncino” iniziale, quello che permette di essere se stessi, capaci di realizzare le proprie potenzialità e amare”

Ma come si sviluppa il narcisismo in un bambino?

Il narcisismo è un lato della personalità presente in ognuno di noi fin dall’infanzia, ma nei casi in cui esso sia predominante, si può parlare di vero e proprio disturbo di personalità narcisistica.

La caratteristica principale è l’ammirazione di sé

Un affetto esagerato può portare a focalizzare il proprio Ego al centro del mondo escludendo qualsiasi tipo di empatia verso l’altro.

L’esaltazione eccessiva delle capacità e potenzialità dei propri figli induce questi ultimi ad identificarsi con un’immagine di sé grandiosa, sviluppando arroganza e vanità, percependosi superiori agli altri.

Come sottolineano gli esperti, infatti: “il narcisismo nei bambini è coltivato dalla sopravvalutazione dei genitori: quelli che credono che il loro bambino sia più speciale e migliore degli altri”

Quello che va evitato, pertanto,  è un atteggiamento malsano di sopravvalutazione delle capacità dei propri figli, magari per una propria rivalsa personale. La conseguenza è far nascere in loro una sensazione di superiorità nei confronti degli altri, molto difficile da gestire nei rapporti interpersonali.

Com’è possibile evitare che un bambino diventi un narcisista patologico?

  • Dare attenzioni eccessive produce una serie di problematicità nella sua crescita, è indicato pertanto fornirgli la giusta dose di gratificazioni e riconoscimenti
  • La sua posizione al cospetto della relazione genitoriale andrebbe rispettata, un bambino ha, infatti, un suo ruolo specifico in famiglia ossia quello di figlio e tale deve restare
  • Quando ci si accorge che il bimbo risulta estremamente competitivo con gli altri è bene ridimensionare l’idea grandiosa di sé, accettando anche la possibilità di sbagliare, per evitare che possa reagire male ad un’eventuale sconfitta
  • Il suo bisogno di centralità, di sentirsi importante andrebbe soddisfatto sin dai primi mesi dalla sua nascita così da avere uno sviluppo sereno della sua autostima
  • È bene condividere emozioni significative e fare in modo che il piccolo ‘si metta nei panni dell’altro’ ossia “secondo te cosa può avere provato il tuo compagno di classe?”,´come potrebbe reagire l’atro?’
  • Lasciare che il bambino segua le sue inclinazioni e non ‘investirlo’ di un’immagine che rispecchia i propri desideri o le proprie aspirazioni
  • Il genitore ha spesso delle parti di sé non ‘risolte’ o ‘incomplete’ e si aspetta quindi che il figlio realizzi ciò che lui non è riuscito a fare. In questo caso, il bambino assume la funzione specifica di ‘soddisfare’ mancanze di cui egli non è portatore ma ne diviene l’attore principale.
  • In definitiva ognuno ha una storia, un propria peculiarità ed è bene che costruisca e realizzi la propria vita seguendo le proprie scelte contornate di errori, di cambiamenti, di rivalutazioni al fine di divenire unico e come nessun altro.

Per concludere…

Detto questo, non significa che i genitori non debbano lodare, sostenere, apprezzare i risultati e le conquiste dei bambini. La comprensione e il calore umano sono fondamentali per rafforzare la loro autostima.

Quello che va evitato è un atteggiamento malsano di sopravvalutazione delle capacità dei propri figli, magari per una propria rivalsa personale. La conseguenza è far nascere in loro una sensazione di superiorità nei confronti degli altri, molto difficile da gestire nei rapporti interpersonali.


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