Perché ci arrabbiamo? Come imparare a discutere senza arrabbiarsi

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

Vi è mai capitato di guidare su una strada stretta, e l’automobilista davanti a voi procede come una lumaca? In genere sentite il nervoso che vi assale, nel migliore dei casi siete contrariati, ma generalmente questo nervoso si trasforma in rabbia. Il traffico è una di quelle situazioni in cui la rabbia più facilmente esplode.

Qualcuno potrebbe argomentare che tale nervoso è giustificato dal fatto che quella persona vi è di ostacolo, ma non è proprio vero. Infatti se guidate e qualcuno invece vi sorpassa ad alta velocità, probabilmente dentro di voi vi direte: “Guarda quell’imbecille!!!” ed anche qui l’emozione negativa vi assale, a chi più ed a chi meno.

Questa situazione può ripetersi con il partner, a cena, con i parenti o sul lavoro. Tuttavia, indipendentemente dal contesto, il risultato è quasi sempre lo stesso: finiamo per arrabbiarci. La parte curiosa sta nel fatto che magari dopo qualche ora, quando abbiamo riflettuto a mente fredda sulla situazione, ci rendiamo conto che il tema non era neppure così importante, come per arrabbiarsi tanto da perdere il controllo e arrivare anche magari ad insultare l’interlocutore.

Perché ci succede?

Perché in noi viene messo in risalto la divergenza tra ciò che accade e ciò che riteniamo (ci) debba capitare. Noi ci facciamo un’idea della realtà, e di come questa realtà debba essere, e quando la “forbice” tra realtà effettiva e la “nostra” realtà attesa o desiderata supera un certo limite, la frustrazione e la rabbia ci assalgono.

Non per nulla nell’esempio ho usato il termine “contrariati”: contrariati = percepire qualcosa che non corrisponde a quanto ci attendiamo o desideriamo. E così anche quando viviamo una situazione che non vorremmo vivere ci sentiamo contrariati, arrabbiati, e magari diciamo: “Perché proprio a me?”.

La discussione vista dall’interno
Una discussione inizia quasi sempre con una divergenza di punti di vista, una persona manifesta un’idea che noi non condividiamo. A questo punto tendiamo ad adottare uno stile difensivo, indossiamo la nostra armatura e ci apprestiamo a combattere contro i mulini a vento, come il famoso Don Chisciotte. Non ci accontentiamo che il nostro punto di vista venga ascoltato ma desideriamo che prevalga e che termini per essere condiviso da tutti. Insomma, desideriamo sconfiggere l’interlocutore, convincendolo che le sue idee sono sbagliate.

Quando iniziamo una discussione con la premessa del tipo “idea vincente – idea perdente”, avremo già fatto il primo passo sbagliato. La discussione è un’occasione per scambiarsi le idee, ascoltare i diversi punti di vista e arricchire la nostra prospettiva. Un argomento di discussione non deve trasformarsi in un campo di battaglia ma piuttosto in un laboratorio nel quale ognuno apporta le proprie esperienze e riflessioni.

Inoltre, quando ci troviamo nel mezzo di una discussione è importante tenere presente che fare cambiare idea agli altri non è compito facile e tantomeno importante. Questo non significa che dobbiamo adottare un atteggiamento del tipo: “ma perché dovrei dirglielo? Tanto no è neppure in grado di capirlo” ma piuttosto dovremmo manifestare chiaramente i nostri punti di vista senza attaccare l’altro e senza tentare di convincerlo a tutti i costi.

Ma perché le cose dovrebbero essere/avvenire come ce le aspettiamo?

Perché dovremmo essere/avere ciò che nella nostra mente ci siamo immaginati/attesi che dobbiamo essere/avere? Sempre per il nostro fortissimo “attaccamento al Sé” di cui abbiamo già parlato riguardo alla “Verità”.

La nostra mente è attrezzata per analizzare continuamente la situazione attesa/desiderata, di confrontarla con la realtà percepita (ed attenzione che ho detto “percepita”!), e per disegnare una o più “rotte” per agire in modo di ridurre la “forbice” relativa.

Ma se questo è un modo corretto per approcciare molte cose (come nel caso di una costruzione, nella caccia, nella pianificazione di un progetto, etc.) non sempre questa modalità del “fare” è adeguata a garantirci una vita sana ed equilibrata.

La nuova psicologia del Mindfullness mette molto l’accento sul riconoscere ciò che è opportuno o deve essere “agito”, e su ciò che invece deve semplicemente essere vissuto per quello che è. Questa seconda modalità è definita la modalità dell’”essere”.

Saper “stare” con la situazione non gradita è una abilità da imparare, non una debolezza da rifiutare. Parimenti dobbiamo sviluppare la capacità di discernere quando dobbiamo e possiamo agire, e quando semplicemente dobbiamo saper “essere”, “stare”, senza soffocare il disagio, ma vivendolo in maniera presente, non giudicante, consapevole. Anche in questo caso non dobbiamo cadere nell’errore di soffocare le nostre emozioni, ma di guidare la nostra mente a riconoscerle e metabolizzarle.

Un obiettivo non raggiunto poi non è una sconfitta, ma solo un obiettivo non raggiunto. Il significato di “sconfitta” lo attribuiamo ad un obiettivo non raggiunto perché crediamo erroneamente che le cose dovrebbero essere/avvenire come ce le aspettiamo, e che dovremmo essere/avere ciò che nella nostra mente ci siamo immaginati/attesi che dobbiamo essere/avere, come detto prima.

Da un obiettivo non raggiunto possiamo però apprendere delle informazioni, ed in base a questa esperienza decidere, se vogliamo riprovare, di cambiare “strategia” e ritentare, senza però lasciarci eccessivamente trascinare dalle emozioni negative.

La verità è che non vale mai la pena di arrabbiarsi. Possiamo comunque discutere in modo civile e rispettoso, con un tono di voce più basso e senza aggredire nessuno. Magari è difficile da mettere in pratica ma non impossibile.

Ovviamente, siamo esseri umani e per questo la nostra comunicazione è sempre impregnata di emotività, con i relativi toni negativi e positivi. Tuttavia, siamo anche capaci di regolare le nostre emozioni e la discussione è un momento ideale per mettere in pratica il nostro autocontrollo emotivo. Insomma, non si tratta di occultare ciò che proviamo ma piuttosto di canalizzare in modo assertivo le nostre idee rispetto agli altri.

Consigli per discutere senza arrabbiarsi

1. Rispetta il tuo interlocutore come vorresti essere rispettato: quindi, non lo aggredire verbalmente.

2. Imposta la discussione in modo da non tentare di cambiare l’altro: limitati semplicemente ad esporre in maniera chiara e semplice il tuo punto di vista.

3. No sentirti come in un campo di battaglia dove dovrà necessariamente esserci un vincitore ed un perdente. La discussione deve essere uno spazio nel quale scambiarsi delle idee e dal quale tutti devono uscirne arricchiti.

4. Ascolta l’altro: a volte nel corso di una discussione non si ascolta ciò che dice l’altro perché la nostra mente sta già preparando il prossimo argomento per contraddire le sue idee.

5. Controlla l’emotività: limita i movimenti eccessivi delle mani e abbassa il tono di voce, in questo modo l’interlocutore non si sentirà minacciato e probabilmente reagirà con un atteggiamento più aperto e disposto al dialogo.

6. Apri la mente ai punti di vista diversi dai tuoi: a volte siamo noi quelli che partono da un’idea errata ma se optiamo per nasconderci dietro alla stessa non otterremo di crescere ed espandere i nostri orizzonti.

7. Respira profondamente, trattieniti un secondo e chiediti se la discussione si sta sviluppando correttamente: se non è così, puoi semplicemente rinviarla o terminarla.

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