Violenza psicologica nella coppia: il profilo della vittima

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Ogni tipo di violenza è il risultato del fatto che le persone inducono se stesse a credere che il loro dolore deriva dagli altri e che, di conseguenza, essi meritano di essere puniti. (Marshall Rosenberg)

La coppia è costituita da due elementi che decidono di comune accordo di trascorrere del tempo insieme, di condividere qualcosa di sé, che vada “dalla mente al cuore”.

Ma cosa succede quando questo accordo si sgretola ed uno dei due cerca di svincolarsi e di uscire dalla relazione?

Chi è la vittima?

  • Un soggetto che si trova in una posizione subordinata che non ha mezzi per difendersi;
  • Un soggetto di solito solo, con relazioni amicali assenti o superficiali che col tempo è stato costretto, o portato per forza di cose, a perdere tutti i contatti con quello che c’era intorno (parenti, amici, colleghi);
  • Un soggetto, nella gran parte dei casi, dipendente in quanto non ha alcuna autonomia economica che gli permetta di andar via dal luogo che rappresenta la sua fonte di malessere.

Vittima si nasce o si diventa?

  • I comportamenti di attaccamento che si instaurano durante l’infanzia sono le chiavi di lettura di quelli che costruiremo da adulti: sapremo dare rispetto se lo avremo ricevuto, sapremo dare amore se questo ci avrà nutriti da piccoli.
  • Il tipo di attaccamento che ci costruiamo da piccolinon è però una condanna per tutta la vita, non siamo destinati a relazioni difficili e complicate fino alla fine dei nostri giorni se abbiamo avuto dei genitori distanti o con comportamenti autoritari, ma ne costituisce un nodo cruciale da decifrare e completare.

Bowlby, psicoanalista che ha elaborato la teoria dell’attaccamento, nel 1984 osservava che molte delle donne maltrattate nel matrimonio, provengono da famiglie in cui o assistevano a violenze o in cui venivano maltrattate. Tali donne rivivevano e trasmettevano ai loro figli, non solo le stesse esperienze di violenza, ma soprattutto la loro incapacità di fronteggiare anche le più piccole esperienze traumatiche della vita. Ecco che la famiglia ed i principali organi educativi e sociali (scuola, parrocchia, gruppo di amici) svolgono un ruolo fondamentale nella creazione della propria identità affettiva.

Quando la vittima di violenza psicologica prende consapevolezza di essere in pericolo?

  • Quando anche la sua incolumità fisica è in serio pericolo;
  • Quando l’incolumità delle persone a lei care (ad. es. figli, genitori) è seriamente messa in discussione (minacce di morte, di distruzione dei propri beni, inseguimenti, continui sms);
  • Quando attorno a lei/lui c’è qualcuno che cerca in ogni modo di farla/o uscire da questo terribile incubo;
  • Quando ascolta storie di persone con lo stesso percorso che sono riuscite a reagire e soprattutto a costruirsi una nuova vita.

Cosa possiamo fare se una persona a noi cara è vittima di violenza?

Non è affatto facile riconoscere la vittima, poiché spesso non ha alcuna intenzione di uscire allo scoperto, in quanto tenderà a mascherare in ogni modo il suo stato d’animo ed eventuali lesioni fisiche. “L’amore non è un trucco” ciò significa che se si è vicini alla vittima, prima o poi riusciremo a scoprirne i segni della violenza.

  • Non dobbiamo essere invadenti, non dobbiamo chiedere troppo e subito;
  • Non dobbiamo offrire consigli basati solo sul sentito dire, la vittima non si sentirebbe capita, ma proviamo a dare consigli concreti e reali che possano aiutarla nel momento del pericolo;
  • Non dobbiamo mai minimizzare la sua situazione (ad es. la tipica frase “Capita a tutti!” o “anche a me capita di litigare con mio marito”)
  • Non colpevolizzare mai la vittima, in quanto già vittima dei suoi stessi sensi di colpa, già vittima delle accuse del carnefice (ad es. “Sicura di non aver fatto nulla?”)
  • Non giustificare mai il carnefice (ad es. “è geloso perché ti ama un sacco!”)

In una relazione patologica le vittime sono tutte quelle che vi sono coinvolte, pertanto è essenziale svolgere un lavoro ad ampio raggio che parta dalla persona offesa, ma che vada a risanare anche tutto il contesto circostante attraverso un lavoro di rete che coinvolga istituzioni, centri antiviolenza che offrono gratuitamente consulenza legale e gratuita alla vittima, pubblico e privato.

A cura di Miriam Cassandra, Psicologa Psicoterapeuta cognitivo-interpersonale
Esperta in Psicodiagnostica

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