«Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda, nel quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita. Se la stessa rana fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50°, avrebbe dato un forte colpo di zampa e sarebbe balzata subito fuori dal pentolone». – Noam Chomsky (scienziato cognitivista)
Anche tu sei come questa rana? Anche tu sopporti fino a bruciarti? Riflettici
Quante volte hai detto «sì», anche se, in realtà, avresti voluti respingere quella richiesta? Quante hai accettato una situazione scomoda per non rompere un equilibrio, per non offendere e per non far rumore? Quante volte hai messo da parte te stesso per il quieto vivere, per il bene altrui? E ancora, quante volte non volevi accettare quelle condizioni, ma hai poi finito per assecondare l’ennesimo compromesso scomodo? Ecco, in tutti questi casi, hai sopportato. Attenzione, però, a non sopportare oltre il tuo limite, se superi quel limite, rischi di finire come la rana bollita di Chomsky. Vediamo cosa significano queste parole e cosa possiamo imparare dal «principio della rana bollita»
La nostra capacità di adattamento è un bene, ma solo se non siamo passivi
La capacità di adattarsi ai cambiamenti è una qualità positiva e trova espressione nel concetto di resilienza. Quello di resilienza non è un concetto astratto ma trova un suo substrano neurofisiologico: le persone resilienti, infatti, hanno una maggiore stabilità dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, cioè quelle strutture corporee che regolano le nostre risposte alle avversità che sperimentiamo nella vita quotidiana. In termini pratici, la parola resilienza indica proprio l’attitudine e l’abilità ad affrontare e superare in maniera costruttiva le difficoltà. Tale definizione implica una (re)azione e segna una netta differenza con il subire gli eventi in maniera passiva.
Molti persone sono portate a una accettazione passiva degli eventi scomode. In altre parole: ingoiano ingiustizie, sopportano, sopportano e ancora, sopportano! Fin quando, l’unica reazione che potranno avere sarà di rabbia. La rabbia può essere un’ottima alleata (fornisce una spinta all’azione) ma spesso depriva di lucidità chi la nutre. Un’accettazione attiva, invece, fa sì che la persona prenda atto della realtà (seppur spiacevole) che la circonda e che, sfrutti il suo intelletto e il suo pensiero critico per escogitare una soluzione. Per comprendere meglio quanto esposto, possiamo rifarci al «principio della rana bollita» di Noam Chomsky. Scienziato cognitivista che lo sviluppò per descrivere quel comportamento che portano la società e i popoli ad accettare passivamente situazioni di degrado, vessazioni e ingiustizie di ogni sorta.
Quando noi non agiamo dinanzi a un’avversità ma la subiamo, semplicemente stiamo attuando un’accettazione passiva. Con la nostra inazione, non facciamo altro che alimentare lo stesso sistema che ci fa ammalare e che spesso, disprezziamo. In ogni modo, il principio della rana bollita di Noam Chomsky si applica perfettamente alle esperienze che facciamo nella vita di tutti i giorni e ai nostri rapporti interpersonali.
Il principio della Rana Bollita come metafora della vita
Il principio della rana bollita è generalmente proposto come valida metafora della vita per mettere in guardia le persone che tendono ad adattarsi accettando, inconsapevolmente, le peggiori conseguenza. Anche noi siamo incapaci di reagire ai pericoli della vita quando questi si presentano gradualmente. Siamo quasi abituati a considerare la sopportazione come un pregio oppure siamo portati ad adagiarci nei nostri problemi senza capire che spesso la routine può solo essere dannosa. Siamo spaventati dai cambiamenti radicali, così finiamo per accettare tutto ma solo quando il cambiamento, seppur negativo, si presenta in modo graduale.
Quelle piccole dosi di sofferenza quotidiana
Secondo voi perché la rana è morta? Perché l’acqua era troppo bollente o perché si è adagiata e non ha capito che quei cambiamenti graduali di temperatura potevano essere fatali? La rana aveva tutte le facoltà per potersi salvare. Non ha saputo salvaguardare la propria esistenza, proprio come uno di noi che accetta piccole dosi di sofferenza quotidiana, pensando che accontentandosi e continuando a sopportare, avrebbe vissuto tranquillamente.
Il problema di alcune situazioni negative è che non sempre riusciamo a percepirle come dannose. Può trattarsi di una relazione sbagliata o di un rapporto in famiglia: siamo portati ad accumulare dosi di dolore sempre maggiore fino a sfociare in frustrazioni croniche e somatizzazioni. La sopportazione e l’inerzia possono trasformarci in persone negative, spente e prive di ogni proposito costruttivo.
Ogni mancata reazione traccia la nostra strada verso l’insoddisfazione. Ogni volta che sopportiamo senza reagire ci condanniamo all’infelicità. Dovremmo provare sempre a cambiare le cose in meglio, i nostri pensieri e le nostre azioni quotidiane, dovrebbero mirare a un graduale miglioramento ma spesso si verifica l’esatto contrario. Ogni pensiero e ogni azione del quotidiano, dettata dall’inerzia e dal nostro volerci adattare a tutti i costi, ci porta ad accumulare rabbia, stress e insoddisfazione.
Prova a rispondere a questa domanda: cosa hai fatto ieri per migliorare la tua giornata? Ti sei forse recato al parco per una passeggiata rilassante, hai forse deciso di dedicarti un paio d’ore in un centro benessere? Coltivare queste piccole e sane abitudini, a lungo andare, potrà portare più soddisfazione nella vita. Così come piccoli dolori quotidiani ci portano alla deriva, piccole gioie somministrate su base giornaliera possono rafforzare il nostro ego e renderci più reattivi, soddisfatti e quindi pronti a non accettare (per inerzia) peggioramenti di ogni sorta. Coltivare i propri interessi è un vero toccasana per l’autostima e ci consente di accresce la nostra autodeterminazione.
Il principio della Rana bollita e rapporto di coppia
La metafora della rana bollita è un esempio emblematico di come tendiamo ad accettare i trattamenti che ci riservano alcune persone. Una relazione amorosa, nata come incredibilmente romantica, giorno dopo giorno potrebbe trasformarsi in un terribile incubo. Proprio come la rana che godeva del tepore dell’acqua, inizialmente una relazione può darci tanto e renderci felici. Ogni relazione subisce evoluzioni. Nel migliore dei casi queste evoluzioni portano a un’ottima complicità, affiatamento e cooperazione.
In molti casi, però, con il passare del tempo, la relazione potrebbe rivelarsi disfunzionale. Proprio come la rana, in un rapporto di coppia, arriviamo ad accettare carichi sempre più pesanti di sofferenza e insoddisfazione. Accettiamo che il partner anteponga i suoi bisogni ai nostri, anzi, all’inizio siamo pure contenti di appagare ogni suo bisogno e mettiamo sempre più da parte i nostri. Arriviamo a scomparire e vivere di riflessi… proprio come la rana, moriamo senza accorgercene! Niente di più sbagliato! In questo contesto dobbiamo imparare a rispettarci e a dare spazio alle nostre ambizioni senza lasciarci sopraffare dall’altro.
Le sopportazioni quotidiane
Stando agli esperti, esistono due tipologie di stress: lo stress quotidiano e quello legato ai grandi eventi. Lo stress da grandi eventi è più facile da avvertire, è legato a fattori eclatanti come la fine di una relazione amorosa, un trasloco, una grave malattia, la perdita del lavoro, (…). al contrario, lo stress quotidiano è più subdolo e difficile da gestire e per questo è detto stress dormiente. Lo stresso dormiente corrode lentamente il nostro benessere fisico e psicologico. Ci porta ad alterazioni organiche e grava sulla nostra psiche. La cosa brutta dello stress dormiente, è che noi non siamo affatto consapevoli di questa sofferenza, proprio come la rana non sapeva i danni subiti dall’alta temperatura dell’acqua.
Lo stress quotidiano non viene percepito come un reale pericolo eppure, le ricerche scientifiche ci dicono che è proprio questo stress a predisporci all’invecchiamento precoce, all’incremento del rischio di contrarre malattie cardiovascolari, malattie croniche e autoimmuni. Sappiamo che non ci piacciono determinate situazioni, sappiamo che alcune persone hanno la capacità di snervarci… tuttavia continuiamo a sopportare, tiriamo avanti fino…. alla fine. Non proviamo a migliorare perché non abbiamo idea di come fare e quindi per noi è più facile adagiarci e accettare il declino, piuttosto che provare a uscirne.
Non è menefreghismo o inerzia, è piuttosto inconsapevolezza. Da un lato non sappiamo come agire e dall’altro, semplicemente non colleghiamo il senso di malessere generale che proviamo a livello esistenziale con la causa scatenante, cioè lo stress dormiente. Lo stress dormiente è particolarmente correlato a un rapporto di coppia disfunzionale, a un lavoro non appagante, a un compagno aggressivo… In qualsiasi contesto, dovremmo imparare a saltare via dalla pentola prima che l’acqua diventi troppo bollente!
Come uscirne
Come spezzare il circolo vizioso? Coltivando delle piccole soddisfazioni quotidiane e soprattutto, accrescendo la propria resilienza. Non è facile rompere schemi ricorrenti e non è semplice individuare e gestire lo stress dormiente. In parte, le difficoltà possono essere spiegate con il principio di economia neurofisiologica. In pratica, una volta che il nostro sistema nervoso centrale si “allena” a gestire determinati input, cercherà di orientarci cognitivamente e neurobiologicamente, a gestire sempre gli stessi input, rinforzando così i network cerebrali meglio allenati. I nostri comportamenti, le nostre reazioni alle avversità e le nostre abitudini, quindi, sono guidate anche dal nostro sistema nervoso centrale, da come esso si è plasmato durante la nostra infanzia, perché sì, anche la nostra struttura neurale riflette un tipo di adattamento all’ambiente che ci circonda.
Quando siamo bambini, spesso, invece di imparare a essere intraprendenti e fronteggiare gli ostacoli, apprendiamo l’impotenza e la sopportazione. È così che impariamo a diventare delle rane bollite. A causa dei nostri apprendimenti e dei nostri vissuti, ci interfacciamo alle sofferenze quotidiane con impotenza, sopportiamo le crisi di coppia, i problemi sul posto di lavoro (…). Questo apprendimento trova il suo speciale network neurale. Per fortuna, il nostro cervello è altamente plastico e può cambiare in qualsiasi momento della vita, basta fare gli apprendimenti giusti.
È dentro di te che troverai l’ascolto, la comprensione, l’amore, la considerazione e la stima mancati
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Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
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