Che bambino è stato un adulto anaffettivo

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Dott in biologia molecolare. Dott in scienze e tecniche psicologiche. Esperto in neurobiologia e genetica comportamentale. Divulgatore scientifico. Scrittore e Fondatore di Psicoadvisor

Qualsiasi tipo di relazione, d’amore o di amicizia, presuppone e implica il contatto con un altro individuo. Non tutti, però, riescono a lasciarsi andare e ad aprirsi agli altri e, quindi, nemmeno a stringere legami: è il caso delle persone anaffettive, che sembrano non mostrare i loro sentimenti e non lasciarsi coinvolgere da quelli altrui.

Si parla spesso, infatti, di anaffettività, distanza nella coppia, distacco, freddezza emotiva.. ma per comprendere e “porre rimedio” a tutto questo, è necessario risalire alla radice del malessere. Così, anche oggi, ti parlerò di come un’infanzia disfunzionale possa innescare una catena di reazioni in grado di invalidare la vita emotiva di un adulto.

Il bambino non deve fare nulle per meritare amore e attenzione, semplicemente li merita perché esiste!

L’amore incondizionato è proprio il tipo di amore che permette di creare un attaccamento sicuro tra il bambino e la figura di attaccamento, stile che sappiamo essere protettivo per lo sviluppo del bambino.

L’attaccamento sicuro si sviluppa se fin dai primi mesi il genitore risponde ai bisogni di base del bambino (essere accudito, nutrito, coccolato, consolato e protetto dai pericoli) ed è aperto ad accogliere ogni emozione che il bambino sperimenta ed esprime (gioia, curiosità, tristezza, rabbia e disagio). Sono invece nemici dell’amore incondizionato le pretese, il criticismo genitoriale, i ricatti affettivi e la distanza affettiva.

Attenzione! In psicologia a “quasi” tutto c’è un rimedio, quindi, prima di scoraggiarti, sappi che qualsiasi sia il tuo vissuto e qualsiasi siano i sintomi che stai vivendo, con il lavoro giusto, potrai finalmente ottenere il tuo riscatto emotivo.

Attenzione! Prima di andare avanti con la lettura di questo articolo, è necessario che tu legga questo: Anaffettivo, al polo opposto della dipendenza affettivaL’articolo chiarisce come un’infanzia difficile possa innescare due diversi e opposti effetti.

Che bambino è stato chi oggi non sa esprimere le sue emozioni

E’ luogo comune pensare che un adulto incapace di donare amore, incapace di condividere se stesso e la sua emotività, abbia ricevuto un’educazione estremamente rigida. Questo è probabile ma non è sempre così.

Anche se può esserti difficile da credere, chi soffre di dipendenza affettiva e quindi, chi tende a dare troppo se stesso, ha avuto un’infanzia molto simile a chi, all’opposto, ha difficoltà a concedersi. Al vissuto analogo va a contrapporsi una differente evoluzione emotiva.

Lo scenario è il medesimo, parliamo di un vissuto fatto di negligenza genitoriale vissuta dal bambino come rifiuto e abbandono. Un vissuto fatto di anaffettività, trascuratezza emotiva, oppure situazioni traumatiche, abuso, ambivalenza, rigidità emotiva e/o mancanza d’amore.

Non è necessario che questi fattori si presentino tutti insieme durante l’infanzia, ne basta anche uno solo ma che sia perpetuato nel tempo. In pratica, il bambino vive quotidianamente in un ambiente che NON è in sintonia con i suoi bisogni e, non riuscendo a incolpare il genitore per le sue mancanze finisce per incolpare se stesso, per generalizzare e farsi un’idea dei rapporti umani del tutto distorta.

Qui si presenta un bivio e il bambino potrà subire un’evoluzione emotiva legata a una passività (dipendenza affettiva, quindi che da adulto finirà per dare troppo se stesso) o a una reattività dove il bambino attuerà una serie di meccanismi di difesa e, da adulto, finirà per dosare le emozioni da vivere e condividere.

Chi non vuole donare se stesso, mette in gioco quello che viene definito un ripiegamento emotivo. La risposta reattiva, quindi, porta all’attivazione di un meccanismo di difesa ancestrale: affinché non possa più soffrire, lo sviluppo emotivo finirà per organizzarsi mediante un distacco emotivo difensivo.

A livello inconscio, è una modalità protratta per l’intera vita da adulto, per difendersi da quelle esperienze dolorose vissute durante l’infanzia. È una difesa al proprio io, che ha stabilito, fin dalla tenera età, che non vuole coinvolgimenti emotivi, perché questi fanno soffrire. Ecco perché finisce con elargire amore ed emozioni con il contagocce, senza capire che in primis, nega tantissimo a se stesso.

Se durante la tua infanzia le tue emozioni sono sempre state ammutinate, oggi, entrare in contatto con esse ti sembrerà quasi impossibile. La tua vita interiore, però, è sempre lì, nessuno l’ha cancellata.

In ognuno di noi c’è una fonte traboccante di emozioni, anche se la tua fonte può sembrarti solo appena gocciolante, sappi che è ancora paragonabile a un fiume in piena! Il fiume in piena è però arrestato da una diga che hai costruito tu stesso per contenere tutta la tua emotività che, durante l’infanzia, non ti hanno concesso di esprimere, riconoscere e accettare.

Dentro di te hai dei sentimenti bellissimi, devi solo capire come accettarli, prenderne contato e usarli. Per far sì che ciò possa verificarsi, il primo passo da fare è prendere contatto con il dolore che hai sperimentato durante la tua infanzia. Quando lo farai, ti renderai conto che nessuno ti ha rifiutato, in te non c’è niente di sbagliato e se i tuoi bisogni sono stati ignorati, non è successo per colpa tua, non è dipeso da una tua mancanza.

Ora non puoi fare niente per cambiare ciò che è stato, solo accettare e comprendere che quel dolore appartiene a un passato lontano e che ora hai tutte le carte in regola per riscattarti e gioire delle cose belle che la vita ha da offrirti. Quando riuscirai a rompere quella diga, riuscirai ad accogliere il tuo vero sé e gioire delle ricchezze che solo le emozioni autentiche e condivise possono dare.

Come si pone fine a tutto questo?

Interrompere questo ripiegamento emotivo o ammutinamento emotivo è un compito che richiede un lavoro paziente e doloroso. Un lavoro sul proprio vissuto passato, sui personali apprendimenti emotivi e sentimentali.

Per questo è consigliabile intraprendere un percorso di psicoterapia. Lo psicoterapeuta/psicoanalista, ti aiuterà a “trovare” e poi soccorrere il tuo bambino interiore, cioè, ti aiuterà a mettere insieme i brandelli della tua identità interiore, dando un centro e una leggibilità alla tua vita attraverso le emozioni. E’ un lavoro difficile ma possibile.

C’è sempre un’altra strada per vivere la propria interiorità, lascia che qualcuno te la mostri! Non negarti questa possibilità e soprattutto non negarti di ricevere e soprattutto donare amore. La reciprocità in un rapporto è quanto di più bello possa esistere.

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
Autore del libro “Riscrivi le pagine della tua vita” edito Rizzoli
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