Il ricatto emotivo può caratterizzare le relazioni romantiche così come qualsiasi altro tipo di legame interpersonale. I ricatti emotivi non sono necessariamente il segnale che la relazione sia destinata a finire ma possono essere indicativi di una dinamica disfunzionale. Che cos’è esattamente un ricatto emotivo? Si tratta di uno strumento usato deliberatamente per esercitare controllo nella relazione. Il ricatto emotivo utilizza la logica della paura, della colpa e dell’imposizione morale. In alcuni casi il ricatto emotivo può essere più subdolo. In questo articolo vedremo insieme gli esempi più ricorrenti, anche se le casistiche sono infinite.
Come funziona un ricatto emotivo?
Il ricatto emotivo non si palesa dall’oggi al domani. Chi ha studiato questo fenomeno è riuscito a scandire diverse fasi. Innanzitutto vi è una fase preliminare in cui si instaura il legame. Da qui partiranno sei fasi specifiche:
- Richiesta
- Resistenza
- Pressione
- Minaccia
- Conformità
- Ripetizione
La richiesta
La prima fase di un ricatto emotivo comporta una richiesta che può essere più o meno esplicita. Per esempio, nella forma esplicita: «non dovresti più frequentare quelle persone». Nella forma più manipolatoria, quando esci con gli amici, il ricattatore è con te scostante, mette il broncio e quando gli chiedi qualcosa è indisponibile. Se mai si dovesse arrivare al nocciolo della questione, ti dirà: «non mi piace come si comportano con te i tuoi amici, non credo ti faccia bene frequentarli». La sua richiesta si presenta come un tentativo di cura, il messaggio che passa «io mi preoccupo per te, soffro per te…» quando in realtà, il ricattatore sta solo cercando di controllare la scelta delle persone che puoi e non puoi frequentare.
La resistenza e la pressione
Se provi ad agire per conto tuo, otterrai una risposta passivo-aggressiva alla quale seguiranno pressioni. In una relazione sana, se manifesti una resistenza, l’altro la rispetta: capisce che hai fissato un confine, un limite invalicabile. La persona che ti stima, rispetta quel limite e continua a lavorare sulla sua crescita senza porti limiti o costrizioni. Al contrario, il ricattatore studierà un modo per violare quel confine. Non dovranno esserci paletti per lui. Dovrai modellarti a suo piacimento.
In un rapporto sano, quando ci sono attriti, si discute per trovare una soluzione che possa andar bene a entrambi. Un ricattatore emotivo fa pressioni per soddisfare la sua pretesa. Nel primo momento, ripropone la richiesta originaria ridefinendola entro altri termini: «Sto solo pensando al nostro futuro, mi preoccupo per il tuo benessere», oppure, il grande classico, «se mi amassi davvero, lo faresti».
Nella fase delle pressioni, iniziano anche le critiche e le umiliazioni, tutto per scalfire la tua autostima e preparare il terreno. È qui che poi inizieranno i veri e propri ricatti.
Le minacce
I ricatti altro non sono che minacce. Minacce di abbandono, di distruzione, di sottrarti qualcosa di prezioso alla quale tieni. Le minacce possono essere molto variegate. Si passa da un «se stasera esci con i tuoi amici, quando torni non mi troverai» a un «se stanotte non starai con me, proprio quando ne ho più bisogno, dovrò trovare qualcun altro che lo farà».
Conformità e ripetizione
A questo punto è chiaro, se non assecondi quella richiesta, il rapporto diventerà un inferno. Ecco allora che inizierai ad assecondare la richiesta del ricattatore emotivo, ecco allora che ti arrendi. La conformità è un processo logorante, perché chi subisce i ricatti emotivi inizia a mettere da parte se stesso, bisogno dopo bisogno, inizia un processo di auto-negazione dove finirà per annullarsi.
Soddisfare il ricatto del partner farà stabilizzare di nuovo la relazione ma dopo una prima fase di soddisfazione, dove il ricattatore ti farà sentire gratificato, inizierà con una nuova richiesta. Lo scenario appena descritto si ripeterà ancora e ancora.
Stando alla psicoterapeuta Susan Forward, che negli anni ’90 ha studiato a fondo questa dinamica, per soddisfare i suoi capricci, il ricattatore emotivo impiega tre ingredienti: Paura, Colpa e obbligo.
Paura colpa e obbligo
Una persona può attingere alle paure del proprio partner e minacciare l’abbandono, talvolta anche in modo subdolo. «Se questa è la tua decisione, allora io mi comporterò di conseguenza», alludendo a un allontanamento. Il problema, qui, è che il non detto pesa più delle parole pronunciate. Molto più esplicito è il ricatto del tipo «se non lo fai capirò che non tieni a me, allora saprò il valore che tu dai a questa relazione». Paura, obbligo e colpa. Ecco che i tre ingredienti si uniscono e creano una miscela esplosiva.
Il ricatto basato sull’obbligo, in genere è quello mosso dal capo-famiglia o da colui che produce più reddito in casa. L’obbligo innesca un’immediata costrizione. Nel ricatto viene ricordato all’altro che dipende dalle proprie finanze e che farebbe bene a non commettere passi falsi. I ricatti economici sono estremamente meschini.
Quando il ricatto si basa sul senso di colpa, si verifica una doppia manipolazione: il ricattatore ti fa sentire un peso! Le frasi classiche citano: «dopo tutto quello che ho fatto per te, questo è il minimo che tu possa fare». In modo più subdolo, questo ricatto si trasforma in: «se non lo farai, non sai cosa potrei fare, sono capace di tutto».
Tipi di ricattatori emotivi
Stando alle osservazioni dei ricercatori Frazier e Forward, esistono diversi tipi di ricattatori emotivi: il punitore, l’autopunitore, il sofferente o falsa vittima e il tentatore o seduttore. Vediamo le caratteristiche tipiche e le dinamiche ricorrenti. Imparare a distinguere questi schemi comportamentali rappresenta il primo passo per mettersi in salvo.
Il punitore
Questo tipo di ricattatore è estremamente esplicito. Ti dirà ciò che vuole e ti dirà la punizione che ti aspetta se non lo asseconderai. I punitori utilizzano l’aggressività, il trattamento del silenzio, la deprivazione di denaro… Il punitore può passare alla punizione quando le cose non vanno secondo i suoi piani.
Esempio: «oggi è stata una grande giornata al lavoro! Dobbiamo festeggiare, cenetta e romanticismo…». «wow, bellissimo, congratulazioni, sono davvero contento. Purtroppo la mia giornata è stata durissima e sono esausto, ho bisogno di riposare». Ecco che si sentono porte che sbattono e chiusura assoluta. Se mai provi a parlarci, loro si rifiutano di rispondere, se non hanno ottenuto ciò che vogliono, allora tu devi soffrire.
Analogamente, se non hai accondisceso a una tua richiesta, potrebbe non risponderti su whatsapp per giorni, anche visualizzando i tuoi messaggi. Il suo silenzio, è la tua punizione.
L’autopunitore
Se il punitore fa leva sulla paura, gli autopunitori fanno più leva sugli obblighi morali e i sensi di colpa. «Se non mi presti i soldi, domani mi sequestreranno l’auto, non puoi farmi questo». «se non posso vivere da te, dove altro posso stare? Cosa mi potrà accadere?». L’autopunitore piazza un suo problema come se fosse una tua responsabilità, sarebbe la tua azione mancata a infliggergli la punizione. Gli autopunitori non riconoscono le proprie responsabilità e spacciano le proprie difficoltà come colpe degli altri per renderli più inclini a fornire aiuto.
Il sofferente o falsa vittima
Questi sono i peggiori da gestire. Si presentano come persone fragili e sofferenti. Non ti chiedono nulla di esplicito ma sono così abili che riescono a trasmettere le loro aspettative senza parole.
L’aspettativa è che tu faccia qualcosa per loro. Pesano ogni parola che dici e sono pronti a offendersi e comportarsi come se tu li abbia disprezzati. Così ti fanno sentire in debito con lui.
Il tentatore o seduttore
Il tentatore si presenta come una persona seducente e gentile. Il suo ricatto è inverso, non ti prospetta punizioni, ne’ fa leva sui sensi di colpa ma riesce a stuzzicarti offrendoti una ricompensa. Le ricompense sono spesso lodi o gratificazioni simboliche.
La persona che più è incline ad assecondare il tentatore è quella affamata di gentilezza e accettazione. Il tentatore ti seduce con complimenti e lodi, così da renderti disponibile a rispondere positivamente alle sue richieste. È così un «wow, sei incredibilmente abile, l’azienda non saprebbe cosa fare senza di te» potrebbe indurti a lavorare fino a tardi. Ancora «hai le competenze giuste per diventare il caporeparto, ci vuole solo un po’ di tempo per farlo capire a tutti» e intanto il lavoro aumenta, tu sgobbi, ma un avanzamento di carriera non arriva.
Come difendersi dai ricattatori? Riparti da te!
E’ arrivato il momento di concentrarti su di te e i tuoi bisogni. A lungo hai vissuto nell’ombra per il bene della relazione, per il bene delle persone a te care! Eppure non è servito….anzi si sono solo approfittati di te. Riparti da te, metti in atto una riorganizzazione totale della tua vita per riallinearti e capire a cosa dare priorità. Non agire per assecondare idee altrui e non sentirti obbligata/o a scegliere solo perché qualcun altro se lo aspetta. Tutto ciò che ti serve, risiede nel tuo essere, nella tua persona. Non devi dimostrare niente a nessuno, non ne hai bisogno.
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Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
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