Cosa può succederti se i tuoi bisogni sono stati ignorati per troppo tempo

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

In ognuno esiste una parte di sé che desidera essere felice e appagata, c’è chi è in armonia con questa parte e chi, invece, è disorientato e non riesce a entrarci in contatto. Il disorientamento non nasce dall’oggi al domani ma si crea negli anni. Chi non riesce ad avere una vita felice e appagante, chi si ritrova a fare scelte non in equilibrio con i suoi reali bisogni, questa parte di sé è sepolta sotto anni di critiche, abusi, svalutazione, negligenza emotiva o, al contrario, atteggiamenti di iper-protezione, alienazione, manipolazione e aspettative.

Questo disorientamento si manifesta in molti modi: procrastinazione, mancati obiettivi, il circondarsi di persone sbagliate, il vivere ogni piccolo errore come se fosse la più tremenda sconfitta, le coazioni a ripetere, l’auto sabotaggio… è chiaro che entrare in contatto con quella parte di sé che desidera solo un autentico appagamento, potrebbe fare la differenza e aiutarci a muoverci nella vita mettendoci sulla strada del benessere.

Siamo la sintesi del nostro passato

Qualcuno ti dirà che ciò che sei oggi non c’entra niente con il tuo passato. Beh, quel qualcuno si sbaglia alla grande. Ciò che sei oggi è esattamente la sintesi di tutti i tuoi vissuti passati e guardando alle relazioni che instauri OGGI con gli altri, puoi farti una chiara idea di ciò che hai vissuto nel tuo passato, fino a ritornare alla tua infanzia.

Ognuno di noi ha la sua storia, le sue esperienze, il suo vissuto… è questo che fa di noi ciò che siamo, è questo che ci rende unici. E’ vero: siamo la sintesi del nostro passato e molto del nostro destino è già stato scritto durante l’infanzia. E’ altrettanto vero, però, che il passato ce lo costruiamo da soli ogni giorno. Il presente di oggi è il passato di domani. Lavorando bene oggi, possiamo porre rimedio ad anni di critiche, abusi o disinteresse, subiti durante l’infanzia. Lavorando bene oggi, possiamo far riaffiorare in superficie quella parte di noi che desidera essere felice e appagata.

La capacità di vivere conflitti senza sentirsi feriti, la capacità di attivare azioni costruttive anziché distruttive (resilienza), la capacità di affrontare il confronto con il prossimo in modo armonioso (e mai ponendosi su un piano di superiorità o inferiorità), sono indice che la vita è orientata verso un modello di benessere. Significa vivere in modo funzionale e maturo, in armonia con quella parte di sé che desidera soddisfazione e appagamento.

La sofferenza psicologica è causata dalla mancata soddisfazione di alcuni bisogni fondamentali

La sofferenza psicologica è causata, nella maggioranza dei casi, dalla mancata soddisfazione di alcuni bisogni fondamentali, la cui soddisfazione era necessaria per garantire equilibrio e crescita emotiva. Ogni bisogno che non ha trovato la corretta risposta durante la nostra infanzia, si è trasformato in una sofferenza psicologica, una ferita interiore che ci ha accompagnato fino a condizionare la nostra vita da adulti.

Per intenderci, alcuni dei bisogni fondamentali che spesso non vengono soddisfatti durante l’infanzia riguardano il bisogno di sentirsi accettati e amati, il bisogno di sentirsi utili e riconosciuti, il bisogno di sentire validate le proprie emozioni e non sminuite, il bisogno di protezione e sicurezza, il bisogno di calore emotivo, di stabilità emotiva e di connessione con gli altri, così come il bisogno di autonomia. Il bisogno di autonomia viene negato in caso di genitori iperprotettivi.

L’invalidazione emotiva è tipica dei genitori severi, superficiali o che semplicemente ignorano o puniscono qualsiasi manifestazione emotiva del bambino (reazioni di rabbia, pianto, eccitazione…). Il bisogno di protezione e sicurezza viene a mancare quando tra le mura domestiche si consumano abusi ma anche in caso di genitori ambivalenti. Insomma, la nostra infanzia, nel bene o nel male ci segna e quei bisogni rimasti insoddisfatti lavorano nell’inconscio fino a diventare determinanti in età adulta.

Per crescere interiormente è necessario essere in contatto con la nostra parte emotiva e con quelli che sono stati i bisogni di base insoddisfatti

I bisogni insoddisfatti durante l’infanzia possono essere raccontati mediante una metafora in cui il bambino ha sete (è assetato di cure, di attenzioni e di amore) e la madre è il pozzo che dovrebbe dissetarlo. Il bambino, assettato, cammina fino alla fonte per dissetarsi ma ciò che trova è un pozzo vuoto! Quella sete emotiva, protratta nel tempo, seppur non più riconosciuta, non è mai stata soddisfatta ed è lì che ci tormenta, è da qualche parte dentro di noi, fa parte del passato ma ancora ci fa sentire insoddisfatti.

Il problema è che nessuno potrà mai tornare indietro a riempire quel pozzo, bisogna invece guardare bene al passato, accettare ogni mancanza subita e fornire a noi stessi quelle componenti che possono contribuire a garantire un equilibrio e una crescita interiore.

Sembra facile ma non lo è affatto. Quando guardiamo al passato dovremmo farlo con una sana consapevolezza, con un senso critico e con una buona dose di oggettività. Non possiamo entrare in contatto con la parte di noi che vuole appagamento e felicità se non siamo disposti ad affrontare situazioni e sentimenti spiacevoli. Emozioni, ricordi dolorosi, situazioni che ormai sono state sepolte nella mente. Tutti noi tendiamo a difenderci da dolore… a volte, però, lo facciamo semplicemente ignorandolo. Seppellendolo.

Il problema che, seppur ignorato, quel dolore non sparisce, resta lì e si trasforma in una sofferenza emotiva generalizzata. Sembra un paradosso ma è così: per avviarsi verso l’appagamento dobbiamo impegnarci e preparaci ad affrontare la sofferenza. La sofferenza legata all’accettazione di una madre che in realtà non ti ha mai amato, la sofferenza legata all’accettazione di un evento traumatico, la sofferenza legata all’accettazione di quel mancato riconoscimento che tanto ci ha fatto soffrire.

Dimenticare i ricordi dolorosi per ricordare solo i momenti di spensieratezza è purtroppo solo un sogno. Anche se condiviso da molti: la natura non ci ha dotati di una memoria selettiva (o almeno non così efficace). E, per quanto lasciar andare il passato sia spesso difficile, arriva un momento nella vita in cui dobbiamo farlo. In cui siamo si è costretti a voltare pagina perché trascinare il dolore e il risentimento rischierebbe di bloccarci emotivamente.

In ognuno di noi c’è una parte che desidera essere appagata

Sì, in ognuno di noi c’è una parte che desidera essere felice e appagata ma spetta a noi capire quali sono i bisogni autentici e quali sono quelli indotti dai retaggi del passato, legati alle mancanze subite. Se riuscirai a fare luce dentro te stessa/o fino a entrare in contatto con la parte più vera di te, il processo di cambiamento diventerà più semplice, riuscirai a vivere una sorta di risveglio interiore capace di infonderti speranza, fiducia e voglia di fare.

Non importa di quanto tempo avrai bisogno per lasciarti il passato alle spalle. Sappi che forse ce ne vorrà molto, ma questo non deve farti sentire frustrato. Stare male è perfettamente accettabile e soprattutto non è la fine del mondo: rispetta i tempi della tua sofferenza, solo così potrai accettarla e superarla. Aiuta a far scivolare il passato e lasciartelo alle spalle ripetendoti questo ‘mantra’ di Daphne Rose Kingma: “Trattenere è credere che esista solo il passato, lasciare andare è sapere che c’è un futuro“. E ora fai un bel respiro e pensa a come vuoi che sia il tuo futuro!

Quindi cosa aspetti?

Richiama le attività che ti piace svolgere, non deve essere nulla di monumentale, anche piccole gioie che ti danno piacere, piccole quanto una tazzina di caffè! Esigiamo da noi grandi cose, enormi imprese e grandi conquiste, tanto che dimentichiamo l’importanza delle piccole cose. Parti dalle piccole cose, prova e riprova, concediti sempre un’altra opportunità e soprattutto impara a concederti lo spazio che fino a oggi ti è stato negato. È questo il mezzo che hai per rinascere e guarire dal passato. A molti di noi non è mai stato concesso lo spazio di cui avevamo bisogno per poter allargare le spalle con fierezza, è arrivato il momento di prendercelo da soli. Non abbiamo bisogno di conquistarcelo perché già ci spetta per diritto.

Quando passeggi armoniosamente al tuo fianco, ecco che le più belle praterie si dispiegano dinanzi ai tuoi occhi, perché avrai occhi per guardare e gambe per camminare e raggiungere le mete che hai sempre desiderato. Quando riesci a dire a te stesso “Sono come sono, e va bene così”, non solo ritrovi pace e ottimismo, ma i giudizi altrui diventano secondari. Una volta che sei in pace con te stesso, quello che pensano gli altri smette di avere potere su di te: hai ottenuto l’approvazione della persona più importante della tua vita (l’unica che sarà sempre con te), ed è quello che più conta.

Nella nostra crescita è mancata un’educazione psicoaffettiva e così vaghiamo per il mondo con bussole difettose, facendo scelte che spesso si rivelano sbagliate e senza capire con chiarezza cosa ci portiamo dentro. È per questo che ho scritto un libro, si tratta del libro che io stessa avrei voluto leggere prima ancora di diventare psicologa. Si tratta di un prezioso manuale di psicologia e del libro più consigliato dagli psicoterapeuti. S’intitola «d’Amore ci si ammala, d’Amore si guarisce» ed è il libro giusto per te se vuoi tracciare la tua strada e affinare la tua bussola. È, tra l’altro, ricco di esercizi psicologici. Puoi trovare il mio libro in qualsiasi libreria d’Italia o su Amazon, a questo indirizzo. Se hai voglia di iniziare finalmente questo tuo percorso di “riscatto personale”, è il libro giusto per te.

A cura di  Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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