Sentirsi soli è una sensazione molto comune. Può essere che ci si senta soli perché siamo single da tempo oppure perché abbiamo appena chiuso una relazione. Ma chi ha una vera e costante paura della solitudine vive con questo pensiero ogni giorno della sua vita e l’idea di stare da solo causa malessere, sofferenza e angoscia.
La paura di stare soli trova le sue radici nel primordiale istinto di sopravvivenza: essere rifiutati ed esclusi dalla società comportava un reale rischio per la vita dei nostri antenati! Quindi, il nostro cervello si è evoluto mantenendo attivo quel segnale di allarme che scatta ogni volta che ci sentiamo soli. In alcune persone questo segnale è più accentuato e questo dipende da diversi fattori come esperienze del passato o traumi.
Il potere della solitudine
La solitudine viene spesso confusa con l’isolamento, con il sentirsi soli ma non sono la stessa cosa: puoi sentirti solo in mezzo alla folla, anche se non sei isolato e puoi vivere isolato senza sentirti solo. La lingua inglese ha saggiamente intuito i due aspetti contraddittori della solitudine. Così ha creato la parola “solitude” per esprimere la scelta di essere soli (l’uomo solitario che sta bene con se stesso). E ha creato la parola “loneliness” per esprimere una solitudine sofferta e non scelta.
Sentirsi soli è tristezza, la solitudine non lo è. La solitudine è una dimensione dell’anima
La solitudine interiore è una fonte di conoscenza di sé, in cui si cela il bisogno di una serenità e di pace interiore; è uno stato di presenza. Stare da soli allora significa stare in compagnia di se stessi, cioè capaci di ascoltare se stessi, di assecondare se stessi, di correggere se stessi, di aiutare se stessi! E’ ascoltare il proprio mondo interiore per integrare l’esperienza esterna e trasformarla in sapienza. E’ una conquista dell’età adulta che si raggiunge dopo aver fatto l’esperienza delle dipendenze affettive (dalla famiglia prima e dal gruppo dei pari poi).
Cosa fare per non sentirsi soli
Quasi tutti sono convinti che per sconfiggere la solitudine sia necessario stare insieme agli altri, avere una relazione di coppia (cosa fondamentale!), avere molti amici, uscire, stare in mezzo alla gente. Quasi nessuno pensa che la solitudine, come problema emotivo, sia in realtà la paradossale conseguenza del nostro continuo cercare all’esterno le cose di cui crediamo di avere bisogno.
E se tutti noi adottassimo un approccio differente e più positivo nei confronti della solitudine? Sarebbe bene guardare alla solitudine come ad una risorsa ed un’opportunità per poter migliorare se stessi. Anche perché vivere momenti in cui sei solo con te stesso può avere notevoli vantaggi.
Superare il dolore e la paura di restare soli richiede un percorso emotivo non semplice ma possibile. La prima cosa, dunque, è diventare consapevoli del disagio, evitare di giudicare ed acquisire la motivazione di migliorare la propria vita con impegno, pazienza e determinazione.
Se non siamo capaci di stare bene da soli, senza avere bisogno di qualcuno sempre con noi, non potremo mai stare bene neppure con gli altri. Se impariamo a stare con noi stessi, ad apprezzare il silenzio di un’alba senza nessuno che ci distragga, se cominciamo a dedicare del tempo vero a riflettere, se impariamo a conoscerci e ad amare la solitudine, non ne avremo più paura e non soffriremo di certo.
Possiamo superare questo timore ritagliandoci ogni giorno del tempo solo per noi, senza distrazioni artificiali (libri, televisione, cellulari). Non serve scomparire per ore, basta anche poco purché non sia occupato da nulla che non sia il momento stesso. In realtà nessuno può soffrire di solitudine ma solo di astinenza: astinenza da tutte le forme di “distrazione” che utilizziamo per non restare soli con noi stessi.
Non lascio il mio partner per paura della solitudine
Tendiamo a pensare che una volta trovato un partner o dopo il primo figlio, non ci sentiremo più soli. Purtroppo non è sempre così. Il tipo di rapporto che instauriamo e i conflitti che sorgono nel corso del tempo possono fare in modo che, anche se accompagnati, ci sentiamo soli e incompresi. Ma a volte impieghiamo troppo tempo per capire da dove proviene la sensazione di vuoto e lasciamo passare anni prima di affrontare il problema. A quel punto il nostro equilibrio emotivo si sarà deteriorato.
Abbandonare un rapporto nel quale ci sentiamo soli, un rapporto che, invece di soddisfare i nostri bisogni crea problemi e carenze, è un atto di amor proprio e, in molti casi, addirittura di sopravvivenza. Preoccuparsi per il proprio equilibrio psicologico e darsi un’altra possibilità, è davvero il miglior regalo che possiamo farci.
A questo punto non è necessario cercare immediatamente un’altra persona che riempia il vuoto, ma dovremmo imparare a star bene con noi stessi, godere della nostra compagnia e fare le cose che ci piacciono. Si tratta di assumere questa condizione come una fase di crescita e di scoperta, per accettarci e chiudere le ferite che ci ha lasciato quel rapporto.
L’idea che hai della solitudine è importante
Come suggerisce il proverbio, prova ad accostare il deserto e la solitudine pensando di cogliere l’invito a viverla. Prova a sentire quanto sia difficile farlo, soprattutto perché l’idea di stare soli è spesso accompagnata da pensieri come:
- stare soli è triste
- non riesco a pensare la mia vita da single, ormai ho una certa età e rischio di non trovare nessuno…
- quella donna vive sola, sembra matta!
- viaggiare soli è terribile, non lo farei mai
- lo vedo spesso al cinema da solo, deve avere qualche problema
Queste e altre convinzioni sono parte di un modo di pensare comune, piuttosto diffuso. In realtà si tratta di pensieri irrazionali che hanno preso forma e sostanza nella società, ma non hanno alcun fondamento e spesso sono sbagliati. Sono solo la base dei pregiudizi attraverso i quali percepisci il mondo e le esperienze che fai. Il primo passo quindi è capire che idea hai della solitudine, come ti fa sentire, che opinioni hai se provi a pensarci, cosa significa per te.
La solitudine è un vero e proprio esame di maturità
La vita può fornire molte occasioni per restare soli, alcune forzate, altre frutto di scelte. Ma com’è vivere la solitudine? Se ti capita di associarla alla mancanza di qualcosa, a un vuoto, ad una assenza o se la tua felicità è legata al fatto di avere per forza vicino qualcuno, probabilmente stai vivendo un senso di incompletezza interiore che deve essere colmato.
Vivere la solitudine come una mancanza è il primo passo per non godere dei suoi benefici. Se pensi che star soli sia da ‘sfigati’, o sia triste, farai di tutto per non sentirti così, ma baserai la tua scelta su una credenza errata. La solitudine andrebbe vissuta con un senso di completezza perché significa concederti un po’ di spazio, da dedicare a te, in cui sentirti bene.
La solitudine interiore provoca disagio e fa paura, ma per vincerla è necessario accoglierla. Anziché cercare di evitarla collezionando relazioni, buttandoti nel lavoro, facendo shopping o lasciandoti andare ai piaceri della tavola (in altre parole, colmando il vuoto con una dipendenza), devi fermarti ad affrontarla. La solitudine interiore è un messaggio di qualcosa che non va e solo mettendoti in ascolto puoi risalire alla sua origine e sconfiggerla. Essa può aprirti nuove strade, perché solo stando davvero bene solo con te stesso, potrai vivere bene con gli altri.
Una lettura per accrescere la propria consapevolezza
Siamo tutti il frutto del nostro passato, siamo diventati quello che siamo a causa, (o grazie) alle esperienze che abbiamo avuto in famiglia, con gli amici, a scuola, al lavoro, nelle relazioni. Possiamo però non limitarci a “essere la conseguenza di quello che è stato”, ma regalarci la possibilità di essere semplicemente come meritiamo di essere.
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A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Autore del libro Bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” Edito Rizzoli
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