Ecco come un componente della famiglia può invalidarti la vita

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L \\\'Autore di questo articolo è uno psicologo o psicoterapeuta.
Ti uccide vederli crescere. Ma penso che ti ucciderebbe ancor più rapidamente se non crescessero. (Barbara Kingsolver)

Sono molti gli psicologi che hanno fatto particolare attenzione alle relazioni che esistono all’interno delle famiglie, per poter spiegare la psicopatologia che colpisce alcuni dei loro membri. In realtà, tutta la psicologia, con le sue diverse correnti, si interessa a questo tema e lo prende sempre in considerazione come il fattore scatenante di molti disturbi mentali.

Famiglie unite, famiglie divise, genitori più democratici e genitori più autoritari, complicità tra le generazioni, relazioni che incoraggiano il doppio vincolo familiare, genitori iperprotettivi, abbandono, negligenza, ecc. Sono molti i fenomeni studiati che collegano alcune malattie mentali all’ambiente e alle relazioni familiari.

Perché è tanto difficile affrontare questo argomento?

Se c’è un aspetto particolarmente difficile in questo tema, riguarda il giusto modo in cui affrontarlo, spiegarlo e trattarlo, soprattutto quando, in alcune società, alcune idee sono considerate verità assolute che, purtroppo, non sempre si compiono. Il sangue rende parenti, ma non significa molto di più.

Viene dato per scontato, come fanno anche alcune frasi del tipo “non c’è niente come la famiglia”, “la famiglia non vuole mai fare del male” o “tra parenti bisogna perdonare qualsiasi cosa”.

Tutto ciò è fonte di grande dolore, senso di colpa e confusione per le persone che pensano che i loro parenti non abbiano saputo rispondere a quella “incondizionalità” che, secondo la società, dovrebbero rappresentare, che sono state vittime di maltrattamenti fisici o psicologici o che credono che il modo in cui sono state cresciute abbia impedito il loro pieno sviluppo e la loro indipendenza emotiva.

Ci sono famiglie che hanno fatto del male in modo intenzionale e altre che lo hanno fatto senza saperlo, dando l’amore, i consigli e l’educazione che ritenevano giusti e necessari, ma senza curarsi del fatto che i loro figli non desideravano il futuro che avevano immaginato per loro.

Con questo articolo, non vogliamo certo segnalare chi ha cresciuto bene i propri figli e chi no, ma tenteremo di dimostrare alcuni miti per spiegare la realtà, ovvero che ci sono famiglie che guariscono e famiglie che fanno ammalare.

Ruoli assegnati ed etichette che segnano

Dalla frase “è un bambino vivace” alla frase “ha un carattere difficile”, esiste una catena impercettibile di piccole frasi che, dette e ripetute all’interno del nucleo familiare, possono colpire duramente chi le ascolta. In fondo, è un modo di dare un’identità a ognuno dei propri figli, di risparmiarsi delle spiegazioni o, in alcuni casi, di nascondere le proprie carenze come genitori che crescono un bambino.

Etichettare un bambino è un modo di immortalare il suo comportamento. Ciò che ascolta dagli altri gli fa credere di avere un comportamento “incorreggibile”, intrinseco al suo essere. Queste etichette vengono trasmesse dai genitori, dai professori e dai conoscenti, penetrando l’ambiente diretto che circonda il bambino.

Come dicevamo, le etichette imposte ai figli non si limitano all’ambiente interno della famiglia, ma raggiungono anche i professori e i conoscenti del bambino. Quando il bambino stesso vuole cambiare il proprio comportamento, si trova di fronte un muro di diffidenza.

Amore frainteso

Quante volte abbiamo sentito ripetere la frase “come ti vuole bene la tua famiglia, non ti vuole bene nessuno”? Questa frase ferisce i sentimenti di molte persone che non hanno avuto una vita facile nella loro famiglia, rendendo difficile l’identificazione e persino la denuncia di alcuni comportamenti abusivi.

Non possiamo nemmeno dimenticare che questo maltrattamento può andare in entrambe le direzioni, dalle generazioni più anziane a quelle più giovani o da quelle più giovani a quelle più anziane.

Che qualcuno abbia “il vostro stesso sangue”, non significa che non possa ferirvi con il suo comportamento. La parentela è una questione biologica, genetica, ma un buon legame è affettuoso, comunicativo e soggetto alla variabilità degli individui, che ha poco a che fare con l’eredità genetica.

I geni stabiliscono un legame ereditario che non deve per forza essere accompagnato da un legame affettivo soddisfacente. Queste massime adottate dalla società rendono molto difficile individuare le nostre necessità e i nostri veri interessi come individui.

L’iperprotezione che soffoca e impone limiti

Non basta amare senza limiti, perché persino in amore è necessario fare uso della virtù dell’equilibrio. Nelle prime fasi dello sviluppo del neonato è possibile osservare il suo bisogno di esplorare l’ambiente che lo circonda, avendo una figura rilevante di riferimento, un fatto dimostrato dagli psicologi John Bowlby e Mary Ainsworth.

Gli studi sulle scimmie condotti da Harry Harlow mettono in evidenza che l’affetto e l’amore che il neonato prova nei confronti della madre è fondamentale per sviluppare un legame sicuro che gli permetta di esplorare il mondo in modo indipendente. Nonostante ciò, questo attaccamento non deve essere confuso con l’iperprotezione.

Vegliare sulla sicurezza di un bambino non deve interferire con la sua assoluta libertà di esplorare l’ambiente che lo circonda. Queste prime esperienze di interazione con il mondo determineranno la sua forza e la sua sicurezza nell’affrontare le sfide che il futuro gli riserverà

Le aspirazioni incomplete proiettate sui figli

Il fatto che la maggior parte delle persone scelga di avere figli e che svolgano il loro ruolo di genitori con naturalezza, non significa che, da decisione, debba trasformarsi in un obbligo. La pianificazione familiare e l’incorporazione di massa delle donne al mondo del lavoro hanno ridotto il numero di figli per coppia e hanno portato alcune coppie a difendere pubblicamente la scelta che hanno fatto: quella di non avere alcun figlio.

Poiché si tratta ormai di un’opzione e non più di un obbligo, come accadeva invece in passato, ci ritroviamo in uno scenario più complesso e che richiede una responsabilità e un’onestà maggiori: i figli non devono essere l’ultima risorsa per la coppia, non sono un modo di validazione personale e non devono sopportare il peso della frustrazione dei genitori.

Desiderare per i propri figli un’infanzia migliore di quella vissuta, forse piena di carenze emotive o difficoltà economiche, fa molto onore. Tuttavia, se desiderate proiettare su vostro figlio tutto ciò che non avete potuto o non avete avuto il coraggio di fare, vi state sbagliando.

Imporre ai nostri figli mete a seconda di ciò che hanno ottenuto o meno, paragonare e fare pressione sulla scelta di una certa strada significa minare la loro individualità. Il nostro ruolo in quanto persone che li amano è quello di aiutarli a trovare il loro cammino ed incoraggiarli ad ottenere gli strumenti migliori per poterlo percorrere.

12 commenti su “Ecco come un componente della famiglia può invalidarti la vita”

  1. Una madre che mi ha abbandonata a due anni e mezzo e un padre che mi ha abbandonato a dieci perché non ero gradita alla sua nuova compagna, una persona davvero orrenda e tossica. Cresciuta dai nonni paterni in una famiglia dove le urla, le manipolazioni e l’essere ‘di troppo’ per tutti erano all’ordine del giorno. Sono cresciuta sentendomi dire frasi come ‘non ti meriti niente’, ‘per colpa tua non ho soldi per fare le mie cose’, ‘maledetta quella volta che ti ho tenuta in casa’. Due storie importanti con uomini che per me non avevano tempo. Sto cercando ora di venire fuori da 8 anni di storia con un narcisista e ce la sto mettendo tutta perché da lui è da nessun altro mi farò mai distruggere. Grazie per i vostri preziosi articoli.

  2. Dopo,tanti anni..precisamente da quando sono nata ho vissuto una situazione,difficile abusata dallo zio,da 5/6 anni fino ai 13 non sono mai stata creduta,mi Han sempre trattata come se fossi menomata,di cervello una ritardata,13 anni fa e morta mia mamma,e ho continuato a vivere con mio padre alcolista,manipolatore,e non avevo privacy in camera mia..la cosa si rifletteva fuori se,incontravo un ragazzo ci uscivo,però poi mi usava,e io stavo zitta e subivo in silenzio finché non mi scaricava…oggi inizio a stare meglio,mio papà e mancato a giugno,e stato malato un paio d anni poi e peggiorato,e stato un calvario ero sempre chiusa in casa a guardarlo,mentre mia sorella si beccava i soldi del accompagnamento,la 104…mia sorella maggiore la tengo lontana e una persona tossica,giudica,critica le mie amiche,e ora che inizio a riprendere la mia vita,a lei non sta bene non può più comandare niente,prima era protetta da mio padre…la famiglia spesso e la prima a rovinarti,oggi prendo ancora ansiolitici soffro di attacchi di panico,e di stare in mezzo a tanta gente non ce la faccio…incontrare uomini evito…solo per paura,non so lasciarmi andare e se mi piace qualcuno,e mi va male la mia poca autostima va a farsi friggere,sto male…ecco un mio esempio personale,a quasi 44 anni!

  3. Sono riuscita a capire solo da poco tempo per che chiedo agli altri “di sfruttarmi, o farmi umiliare”… leggendo gli articoli che pubblicate… e cercando sempre nuove informazioni… ho capito come sono diventata così, con una madre che mi ha sempre considerato un peso… per lei non dovevo nascere (detto di lei) dichiarando sempre che mi odia… un padre che non mi voleva dicendo che di sicuro assomiglio a mia madre… fratelli che mi offendevano, e mi picchiavano (incoraggiati dei miei genitori perché erano maschi), però io soffrivo tanto perché io li amavo, li ammiravo… loro erano quelli coraggiosi, forti, io quella sensibile, premurosa, incapace…. su queste basi, poi, sono finita con un marito narcisista che per 14 anni mi ha quasi distrutta, mi ha umiliata, tradita… e quando ho avuto forza di reagire, di rifiutare suo trattamento, ha abbandonato me e nostra figlia nel piu crudele modo per me… adesso lo so e lotto per imparare a vivere in modo normale… la normalità che non conosco perché non mi è mai stata mostrata…

  4. Ho avuto la fortuna di crescere con due genitori che mi hanno voluto bene, seppur con i loro difetti caratteriali. Difetti che ricordo bene e con cui poi ho dovuto fare i conti, imparando molto su loro e su me stesso.
    Non le nego che, da uomo, mi fa specie dover constatare la totale assenza della parola “padre” nel suo articolo. Quando parla della tossicità, si limita a descrivere “la madre” o “i genitori” e questo mi da da pensare riguardo la sua neutralità, caratteristica fondamentale per parlare di argomenti così difficili con cognizione di causa. Altrimenti non è informazione, ma un blog di “libero sfogo”.
    Questa la mia riflessione dopo aver letto il suo articolo.
    Concludo dicendo che anche noi padri possiamo fare tanti danni (dati ufficiali e statistiche purtroppo dimostrano la realtà dei fatti), sia da presenti che da assenti e sia da “presenti assenti”.

  5. La famiglia tossica ti scava dentro e ci si interroga sempre sui propri comportamenti e su quelli degli altri.Analizzare ,ribellarsi facendo l opposto di ciò che abbiamo vissuto ma bisogna immergersi nel “fango “e capire fino in fondo tutto lo schifo che si è vissuto per rinascere; non credo neL distacco senza consapevolezza.

  6. Dalla mattina alla sera mi sento dire: “fallita, pezzente, straniera di merda, stronza, puttana, mignotta, ma chi ti si inculla? fai schifo…fai cagare!”. E dirmelo è mio figlio. Un figlio per il quale ho sempre rinunciato alle mie cose, alla mia vita (essendo da sola per allevarlo), e che da 5 mesi è ritornato a vivere in mia compagnia, farsi mantenere da me, che non ho più voglia di fare da madre a NESSUNO…Lui non capisce, che anch’io ho una vita, e che non intendo fare madre “ad aeternum”… Più costruisco, più AMO ME STESSA, e piu lui si arrabbia perché non è più al centro della mia vita…i suoi insulti alla mia persona, ovviamente mi danno fastidio perché mangia , si alimenta, dorme e usa tutte le utenze pagate coi miei soldi…Ora me ne vado di casa. Preferisco vivere sotto il ponte a convivere con un tipo del genere. Piu di 20 anni di psicoanalise per capire il quanto IO sono preziosa, il quanto IO sono valida come persona, il quanto IO sono una brava, bravissima persona…Ho vissuto la stessa storia con suo padre e mi sono liberata…ora , mi sembra che la cosa è proprio ereditaria, e quindi, mi devo liberare anche da questo FIGLIO TOSSICO…che mi sta avvelenando le giornate, il sangue, la vita…EVVIVA LA LIBERTA!

  7. Si è proprio vero, vengo da una famiglia disfunzionale, abusi e manipolazion8 fin dall’infanzia, dal padre, dal fratello che è 7n carnefice peggiore del padre… ci lavoro anche insieme, nella ditta lasciata dal padre… incredibile. Per lui è normale il trattamento che mi riserva, un astio profondo di base con 1000 sfumature, e non si rende conto di essere anche lui una vittima. Io invece ho la consapevolezza che non potrò mai avere 7na vita appagante. Siamo tutti soli; io, mio fratello e mia sorella.nessuno si è fatto una famiglia

  8. Mi creda non è facile liberarsi della tossicità di una madre che schiacciava sotto i piedi i miei giocattoli o li infilzava con le forbici. Botte, tante botte. Musi, tanti musi per mesi e anni…….ma ho fatto il mio dovere di brava figlia, l’ho accudita fino alla morte. Adesso mi sono liberata, adesso finalmente vivo quel che mi resta serena. Dopo aver letto i suoi articoli credo di aver avuto a che fare con una terribile narcisista, ma non lo sapevo.

  9. Il prezzo che si paga è la solitudine e l’isolamento già all’interno della famiglia .. non ho mai capito perché non si insegna a scuola a riempire la solitudine .. con la musica .. con la meditazione .. con le buone letture .. quanti infelici e disadattati in meno ci sarebbero ..

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