Un numero sempre crescente di giovani-adulti riferisce di essersi iscritto all’ università, ma di non aver mai sostenuto esami o di averlo fatto solo per un determinato e ristretto periodo; altri di essersi preparati a dovere, ma di non essersi presentati il giorno dell’appello; ed ancora di aver superato tutti gli esami, ma di non riuscire a concentrarsi nella preparazione dell’ultimo o degli ultimi.
I problemi di rendimento, però, non sempre sono causati da scarsa voglia e/o motivazione: nell’immaginario comune si tratta di ragazzi che vogliono fare la “bella vita” sulle spalle dei genitori o che si sono iscritti all’ università perchè “non sanno che cosa vogliono”. Tuttavia moltissimi studenti sono fortemente motivati, ma fanno fatica ad ottenere risultati voluti e iniziano ad evitare lo studio fino alla completa paralisi.
Elementi comuni alle situazioni sopra descritte sono la preoccupazione eccessiva e i pensieri o le immagini “catastrofiche” il cui contenuto riguarda, spessissimo l’idea di essere bocciati, l’idea di fare una figuraccia, l’idea di fare scena muta, la paura di avere una crisi di panico, la paura di sentirsi inadeguati, inetti, falliti, umiliati, la paura di non sentirsi all’altezza.
Ansia da esame patologica
Queste immagini, pensieri ed emozioni innescano l’ansia d’esame patologica: situazione che portata al limite si traduce, in pratica, nel comportamento di evitamento estremo dell’esame.
Gli studenti sono consapevoli che la loro paura è irrazionale, è esagerata, ma non riescono a liberarsene. Anzi, è proprio da questa consapevolezza che derivano il sentirsi diversi dagli altri, il credere di essere più fragili, il credere di non essere in grado di poter raggiungere traguardi ambiziosi, la paura di deludere gli altri.
Questi pensieri autosvalutanti e le emozioni ad essi associate possono ledere l’autostima, innescare sentimenti di vergogna e orientare l’umore in senso depressivo sino ad arrivare a manifestare episodi di depressione maggiore. Ma perchè si arriva a questo punto?
Alcune volte siamo di fronte a problemi psicologi, non legati esclusivamente al disturbo d’ansia, ma si tratta di una conseguenza di un disturbo dell’umore protratto nel tempo o siamo di fronte ad un esordio di un disturbo di personalità. Per questo motivo è sempre utile e prezioso consultare uno psicologo-psicoterapeuta e non sottovalutare il problema.
Spesso, invece, per queste persone la prova d’esame coincide con il valore personale e a tutela di questo valore, mettono in atto una serie di comportamenti come l’evitamento degli esami volti appunto a non ledere questo nucleo centrale della persona stessa.
Infatti è possibile riscontrare nella storia di questi giovani episodi che hanno orientato il loro iperinvestimento verso il successo scolastico che è poi diventato un mezzo per ottenere approvazione, ammirazione, amore, essere accettati, essere ascoltati e/o evitare umiliazioni e rimproveri.
Si rende, quindi, necessario un lavoro profondo che analizzi e renda consapevole alla persona la propria struttura motivazionale; è necessaria una ristrutturazione dei pensieri; è necessario un lavoro che porti alla consapevolezza che nella vita si può sbagliare senza sentirsi falliti, che si può fallire senza che questo fallimento inneschi una catena di pensieri, emozioni e comportamenti che hanno a che fare e ledono il proprio senso di auto-efficacia, il sentirsi non meritevoli di amore, di non poter essere in unione con gli altri, di non essere in grado di effettuare azioni destinate al successo.
Questa problematica mi è capitata di osservarla, ahimè, anche nei bambini e negli adolescenti nei confronti, da prima, delle verifiche e a lungo andare nei confronti della stessa frequenza scolastica, se pur con caratteristiche diverse.
Per questo e a questo proposito, un monito ai genitori: trasmettete ai vostri figli di essere persone con valore, non solo quando hanno un voto alto alle verifiche; trasmettete loro che il valore nasce con loro e si esprime nelle azioni volte al bene in ogni contesto di vita.
A cura della dott.ssa Domenica Signorile, psicodiagnosta clinica
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Grazie a lei, per aver condiviso una cosa così intima che é il suo dolore. Sono contenta che abbia effettuato un percorso che le ha permesso di uscirne. Facciamo un po’ tutti il punto della situazione in periodi particolari della nostra vita e ci chiediamo come sarebbe andate se… Ma il passato non si può cambiare, quello che possiamo fare é recuperare le energie e spendere in modo costruttivo per noi stessi ed é questo l’augurio che io le faccio. Grazie!
Gentile dottoressa, lei ha sintetizzato ciò che ho capito dopo un lungo percorso psicoterapeutico. Se le cose fossero andate diversamente mi sarei risparmiata diversi anni fuori corso e questo è ancora oggi il mio più grande rimpianto…. Ho sprecato molto tempo a struggermi nel dolore di non farcela… nel mio caso, in ambito universitario è nato un perfezionismo patologico assurdo che si è poi spostato in tutti i contesti della vita. E’ stata dura ma alla fine sono riuscita a portare a termine i miei traguardi ma non credo ancora di esserne venuta del tutto fuori proprio perché i rimpianti di “come poteva essere la mia vita se…” non sono spariti. 🙂 Grazie davvero per questo articolo, molte persone non capiscono che si tratta di una reale difficoltà, di un evitamento che per chi lo vive, è davvero insormontabile… così finiscono per giudicarti pesantemente peggiorando ulteriormente le cose. 🙂 Grazie.