L’agorafobia è descritta come la paura degli spazi aperti ma tale spiegazione è estremamente semplicistica. Il significato dell’agorafobia è più profondo così come possono essere variegati sintomi, scompensi e cause. Per l’agorafobico sono tre le situazioni che possono scatenare il panico:
- Solitudine
intesa come lontananza da “luoghi sicuri” o “persone familiari” - Costrizioni
possono essere sia di natura fisica che di natura psicologica - Spazi aperti
dove non vi sono facili punti di riferimento a cui ancorarsi, nell’agorafobia i punti di riferimento sono tutto!
L’agorafobico davanti alla possibilità di affrontare una situazione temuta prova ansia anticipatoria che lo indurrà ad attuare un “evitamento” (cioè evitare la situazione temuta). Quando l’evitamento è impossibile con molte probabilità l’agorafobico sperimenterà un attacco di panico.
Agorafobia: significato
L’agorafobia (dal greco αγορά : piazza e φοβία : paura, etimologicamente “paura della piazza”) è la sensazione di paura o grave disagio che un soggetto prova quando si ritrova in ambienti non familiari (ecco perché spesso è descritta come paura di uscire di casa) o comunque in ampi spazi all’aperto o affollati, temendo di non riuscire a controllare la situazione. Questo disagio induce il bisogno di trovare una via di fuga immediata per raggiungere un luogo sicuro.
Sintomi
I sintomi si possono rintracciare nel DSM V ma anche nelle stesse strategie messe in atto dall’agorafobico. Tra i sintomi più comuni segnalo la forte ansia o la paura causata da alcune di queste situazioni:
- Utilizzare i mezzi di trasporto (metro, autobus, aereo… ma anche l’auto privata)
- Essere in spazi aperti
- Stare in fila
- Essere in luoghi chiusi
- Stare in mezzo alla folla
- Uscire di casa da solo (ma non inteso come paura della solitudine)
- Attacchi di panico*
Nota bene: l’agorafobia può essere diagnosticata indipendentemente dalla presenza di attacchi di panico. Si stima che solo il 5% dei pazienti agorafobici non sperimenta attacchi di panico (si parla di agorafobia paucisintomatica). In alcuni casi, l’agorafobia induce sintomi come depersonalizzazione e derealizzazione. Tali sintomi sono generalmente correlati alla forte ansia o al panico e a loro volta possono innescare sintomi come:
- Paura di perdere il controllo
- Timore di situazioni imbarazzanti
- Paura di impazzire
- Timore di morte (correlata al panico)
Tutte le situazioni elencate causano una costrizione (psicologica o fisica), implicano un allontanamento dalle zone sicure o deprivano l’agorafobico di punti di riferimento. Ecco perché in premessa ho voluto sottolineare questi tre fattori cruciali!
Le strategie dell’agorafobico
L’agorafobico mette in atto tutta una serie di strategie disfunzionali al fine di “proteggersi” dal panico e dalle situazioni temute. La strategia più comune è l’evitamento, cioè evitare a priori le situazioni ansiogene e tentare di costruirsi una “vita protetta”. Un esempio? Una persona agorafobica potrebbe evitare di prendere l’autostrada perché il dover necessariamente “rispettare determinate uscite” implica una costrizione intollerabile. Oppure, alcuni pazienti agorafobici possono, per arrivare a lavoro, scegliere un percorso che li tenga a una distanza di sicurezza da punti di riferimento. Altri, invece, possono chiedere di essere accompagnati da figure di riferimento quando devono allontanarsi da casa e esporsi a situazioni nuove.
Per poter parlare di agorafobia, in ambito clinico, gli evitamenti, le strategia attuate e gli altri i sintomi correlati devono creare disagio significativo nel funzionamento sociale e/o lavorativo della persona.
“E se succede qualcosa?” La paura di perdere il controllo
Tutte le situazioni temute dall’agorafobico hanno qualcosa in comune: possono evocare un indebolimento della sensazione di essere in controllo di se stessi o dell’ambiente ma il vero focus non è il controllo in quanto tale, ma la minaccia alla propria identità.
Alcuni pazienti agorafobici affermano di aver paura di uscire di casa perché non vogliono trovarsi in assenza di aiuto, eppure quasi tutti i pazienti agorafobici preferirebbero restare a casa da soli piuttosto che lontani da casa, in una situazione nuova, con una figura protettiva. La familiarità (di persone vicine o di luoghi) appare preferita alla protettività (un agorafobico che, per esempio, ha paura della morte potrebbe preferire la vicinanza di un compagno inesperto piuttosto che di un medico qualificato).
La solitudine, nell’agorafobia, non deve essere vista come “assenza di protezione” ma come l’assenza di figure con le quali l’agorafobico si identifica. Il focus, quindi, non è il controllo ma l’identificazione e la percezione di sé.
L’accompagnatore, necessario per affrontare luoghi e situazioni ansiogene, per l’agorafobico ha la funzione di incrementare il senso di sé attraverso la consapevolezza (agoragobico e accompagnatore si riconoscono reciprocamente). Al contrario di ciò che molti pensano, l’accompagnatore non ha una funzione “protettiva” ma di identificazione.
Le situazioni temute, infatti, rappresentano una minaccia al sé. Le costrizioni, per esempio, impongono una diminuzione della possibilità di esercitare la propria volontà: non essere liberi di decidere, quindi non solo come ostacolo alla fuga. La stessa paura di non “poter controllare” situazioni interne o esterne, è riconducibile a una minaccia al senso del sé, alla deprivazione della libertà del sé. La stessa paura della morta riferita da alcuni pazienti agorafobici è riconducibile alla brusca fine del sé. La morte dell’agorafobico, infatti, non è immaginata come lenta e dolorosa (come accade, per esempio, nell’ipocondriaco) ma come improvvisa e brusca (ictus, infarto…).
Dissolvenza del sé e aumento del sé
Se il panico è scatenato dalla paura inconscia di non identificarsi, l’aumento del senso di sé incrementa il coraggio e abbassa l’ansia, il livello motivazionale incide sul panico.
Cosa significa?
Che l’agorafobico può affrontare situazioni ansiogene senza sperimentare ansia se il livello di motivazione percepito è alto. Per esempio, un paziente agorafobico potrebbe prendere la metro, andare in autostrada o allontanarsi chilometri da casa se, per esempio, deve portare una persona amata in ospedale con una forte urgenza. In questa situazione il “coraggio” aumenta perché incide sul senso di sé. La motivazione aumenta il senso di sé e così diminuisce il panico… situazioni ansiogene si neutralizzano perché il paziente percepisce un elevato senso di sé.
Agorafobia: come uscirne
Non è affatto facile tentare di guarire dall’agorafobia in modo autonomo. Non esistono, infatti, rimedi universali, ne’ una cura che possa andare bene per tutti. La cura migliore consisterebbe nell’individuare le cause specifiche e lavorare sulla propria identità e sul proprio senso di sé.
Tentare di superare il disturbo da soli non è consigliato anche perché l’agorafobia è accompagnata dallo svilimento dell’immagine di sé, in altre parole, il disturbo fa sentire fragili e disorienta ulteriormente. Intraprendere un percorso psicoterapeutico è fortemente consigliato.
Cause
Le cause sono generalmente da ricercare nell’infanzia. Vi sono, però, alcuni fattori che funzionano come “cause secondarie” o “scompensi”. L’agorafobia potrebbe insorgere a seguito di alcune situazioni percepite come minaccia, tra le tante:
- Perdita affettiva o minacce di abbandono
La perdita di una persona cara non rappresenta solo un distacco o la perdita di protezione ma anche la perdita di identificazione di un ruolo. - Perdita di un ruolo
Parliamo della perdita di un lavoro (identificazione nel ruolo lavorativo) o fallimento in un colloquio, fallimento in un percorso accademico nel quale si erano investite molte risorse emotive, oppure se un figlio va via di casa… perdere un ruolo, per l’agorafobico, significa perdere il senso di se stessi. - Restringimento di un legame
se da un lato l’intebolimento o l’interruzione di un legame identificante può essere la causa scatenante dell’agorafobia, dall’altra anche il restringimento di un legame può avere lo stesso effetto. Per esempio, sposarsi o trasferirsi da un luogo all’altro, significa modificare radicalmente il rapporto con la propria famiglia di origine e perdere un importante mezzo di identificazione. - Aumento di responsabilità percepite
La nascita di un figlio, per esempio, può richiedere un maggiore autocontorllo con la necessità di sentirsi più presenti a se stessi. - Percezione di dipendenza
Se la persona si sente “nelle mani di un altro” vi è una riduzione della padronanza di sé.
La paura di base dell’agorafobia è sì la perdita del controllo di sé o dell’ambiente circostante ma questa è legata alla sensazione di dissolvimento della coscienza di sé che viene percepita come in balia degli altri o della situazione. L’unica cura che ci sentiamo di consigliare è un percorso psicoterapeutico.
Anna De Simone, psicologo esperto in neuropsicobiologia
Autore del bestseller «Riscrivi le pagine della tua vita» edito Rizzoli
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