Passare le giornate arrabbiati impedisce di focalizzare il vero problema

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Autore
Psicologa, psicoterapeuta specializzata in psicoterapia cognitiva ad indirizzo costruttivista ed evolutivo. Perfezionata in psicologia giuridica e criminologica e in psicodiagnostica dell’adulto.
Illustrazione Michel Streich

Si può mangiare pane e rabbia tutti i giorni, senza mai scoprire da dove nasce questa emozione, come evolve, in che modo e perché esercita una potente influenza fino ad intossicare i momenti di serenità, gli interessi, i doveri, i rapporti con gli altri, con notevoli costi per la salute.

Essere arrabbiati annebbia la lucidità, impedisce di focalizzare l’attenzione sul vero problema, che se scoperto e affrontato permette di muoversi meglio nei rapporti e nella quotidianità, dandosi una tregua e la possibilità di respirare.

La rabbia si autoalimenta, si ritorce contro, diventa il peggior nemico che si possa incontrare e con il tempo logora il benessere psicofisico e la possibilità di valutare le situazioni con la razionalità necessaria per moderare le discussioni, allontanare le persone sbagliate o riconoscere i legami che contano e che rischiano di essere danneggiati con i soliti litigi inconcludenti.

La rabbia è uno scudo che protegge dagli attacchi esterni, tuttavia, superata una certa soglia, diventa pesante, soffocante: dietro ci sono le immagini, le emozioni, i pensieri, che ciascun soggetto ha coltivato e imparato a silenziare, ma che necessitano di un ascolto per far defluire il dolore.

Quello che la rabbia non dice

Gli elementi “nel fondo” sono tutt’altro che scontati e dipendono dalle caratteristiche individuali maturate durante la storia di vita, in famiglia, in ambito sentimentale, scolastico, amicale e così via. A volte ci si arrabbia ripensando a quell’amaro episodio in cui le parole di qualcuno hanno innescato la vergogna, un senso di annullamento, di colpa talmente elevato da non riuscire a replicare mantenendo la calma, ma perdendo le staffe o scappando via.

In altre, la rabbia copre una tristezza dilagante, per quello che non si può ottenere, per una relazione che è destinata a fallire al di là del proprio controllo, per le soddisfazioni che tardano ad arrivare e così via. Scendendo ci sono elementi sempre più profondi che riguardano il modo di percepirsi, la difficoltà a mantenere una sicurezza interna abbastanza stabile da resistere agli attacchi esterni.

Stare sull’emozione critica

Scoprire l’emozione “critica”, quella che si nasconde sotto la rabbia, è quindi fondamentale per imparare a gestire momenti analoghi in vari settori, senza inalberarsi o avvilupparsi invano in una spirale di elucubrazioni, congetture, chiodi fissi. Per farlo c’è bisogno di un lavoro approfondito e mirato su come si gestiscono gli episodi di rabbia, come vanno avanti, con chi scatta questa emozione con maggior frequenza e in che momenti si fatica a gestirla.

Il modo di manifestarla, inoltre, non è sempre identico, bensì può tramutarsi nel tempo, il che non significa necessariamente aver acquisito la capacità di controllarla: ad esempio passare da discutere animatamente a restare in silenzio, o cercare a tutti i costi di venire incontro all’altro anche quando manca di rispetto, uscendone svuotati, stanchi, oppressi non è una raffinatezza nell’uso della rabbia, ma una strategia diversificata per sopperire l’emozione critica, come la vergogna o il senso di colpa che si tiene incistata per non sentirla, con il risultato di apportare comunque del dolore.

Gestire efficacemente la rabbia, significa quindi allenarsi a rimanere sufficientemente “lucidi” quando si percepisce un attacco, con l’obiettivo di avere ben chiaro che cosa si sta pensando e provando in quel momento per monitorarla e reagire con pertinenza, altrimenti si resta sopraffatti da un guazzabuglio di stati mentali senza aver fatto ordine.

Avere un’idea più ampia della mente dell’interlocutore

Un altro aspetto essenziale è la conoscenza della mente altrui, specialmente se si sperimentano sovente la vergogna e il senso di colpa in relazione al conflitto. In questo caso si ragiona su cosa sta provando e pensando la persona in questione, che effetto gli suscitano le vostre parole, ma anche immaginare che tipo potrebbe essere nella sua quotidianità, nella relazione con gli altri significativi, nel lavoro e così via.

Avere una comprensione della mente altrui più dettagliata è pertanto essenziale per evitare di appesantire il conflitto e caricare sulle proprie o altrui spalle un inutile peso di dolore.

Autore: Nicole Valery Tornato, psicologa-psicoterapeuta
specializzata in psicoterapia cognitiva 
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Bibliografia

Bercelli F. Lenzi S. (2010). Parlar di sé con un esperto dei sé. Carocci
Guidano G. (1988). La complessità del sé. Bollati Boringhieri.
Pellai A. (2019) La bussola delle emozioni. Mondadori