Il tempo libero, la gioventù, la spensieratezza… sono fattori che incrementano la voglia di sperimentare nuovi amori, di mettersi in gioco in una danza amorosa, più somigliante ad un bel Tango Argentino che ad un dolce e armonioso walzer.
Ci sono persone, però, che non riescono a trarre piaceri da questo ballo e mettono in atto dinamiche antiche che più che ad un ballo, fanno somigliare la relazione amorosa a un tiro alla fune.
I partner narcisisti faranno quasi sempre parte di questo duetto, perché hanno costantemente bisogno di attenzioni e rassicurazioni e trovano nei partner dipendenti affettivi il tassello perfetto per poter completare il loro puzzle.
Da una parte c’è un partner (spesso con tratti narcisistici) che ha bisogno di sentirsi importante ed indispensabile. Dall’altra parte, c’è una persona (spesso dipendente) che comincerà a cercare in questo partner delle rassicurazioni per incrementare la propria autostima e sicurezza, che è da sempre carenza. In pratica, anche se con modalità completamente differenti, i due partner cercano conferme vicendevoli.
Come si passa dal Tango al Tiro alla fune?
Ci sono delle dinamiche che possono aver favorito questi modelli relazionali che, come premesso, trasformano una relazione in un autentico tiro alla fune.
Se, ad esempio, un bambino/a ha avuto dei genitori con uno stile educativo molto severo (definito da Alice Miller “pedagogia nera”) con punizioni troppo frequenti, ricatti emotivi, sensi di colpa (…), tutto questo creerà il terreno fertile per una dipendenza affettiva.
Oppure, se i genitori erano emotivamente distanti (compresa la figura paterna), tutto questo condurrà la futura donna ad una ricerca costante di rassicurazioni e a una ricerca incessante di prove d’amore… più di ogni altra cosa al mondo, cercando così di colmare mancanze passate.
Il bambino/a, imparerà a doversi adattare in maniera costante all’ambiente esterno, lasciando sullo sfondo i propri pensieri, emozioni, sentimenti… Questo baratto lo/a rende fragile ed insicuro/a, dovendosi sempre appellare all’esterno per avere conferme sulla propria soggettività.
L’autostima, viene quasi sempre misurata su di una scala di valori che si rifanno a quanto la persona sia stata in grado di far star bene l’altra persona, e non su quanto la persona riesca a stare bene con se stessa.
In questo scambio, dove si baratta qualcosa di prezioso (il proprio benessere) si vuol ricevere qualcosa di altrettanto importante… tuttavia, niente potrà mai restituirci il valore che mai abbiamo riconosciuto (e mai ci è stato riconosciuto).
Mi ami? Ma quanto mi ami?
La fatidica frase “Mi ami? Ma quanto mi ami?”, diventa quasi il mantra di questi rapporti di coppia ed invece di sanare l’insicurezza che alberga sotto la superficie, si incrementa ancora di più quel fuoco interiore di sofferenza e bassa autostima.
La dipendenza affettiva è una vera e propria dipendenza. Così come per le altre forme di dipendenza, si istaurano dei circuiti celebrali che si attivano quando mettiamo in essere quel comportamento, atto a darci una sensazione di appagamento.
Chiaramente è solo una parvenza di benessere, perché tenderà a scomparire sempre più rapidamente, mano mano, che diventiamo sempre più prigionieri della tirannia del partner manipolatore.
La paura di non essere amati abbastanza e di essere abbandonati, faranno da padrone in questo tipo di rapporto.
Non si coltiverà più una relazione autentica dove la reciprocità e l’individualità sono parte fondamentale della coppia e dei singoli individui che la compongono. Ciò che si costruirà è una relazione basata su schemi ancestrali che riproponiamo con il partner di turno.
In questa fusione di individui, ognuno cercherà la parte mancante senza avere mai la speranza di riuscire a raggiungerla.
Molti rapporti di coppia, si fondano sul principio in cui, in qualche modo, l’altro debba riuscire a colmare le nostre manchevolezze ma, per certi versi, alcune manchevolezze riescono proprio in questo gioco di coppia disfunzionale.
I rapporti di dipendenza affettiva sono quelli che si instaurano su basi troppo fragili; in questo contesto, il dipendente affettivo scegli un partner che alimenta l’insicurezza di fondo invece di sanarla.
Non si tratta di rapporti in cui l’altro ci aiuti a crescere, ci stimola a superare le debolezze che intravede, bensì si tratta di rapporti in cui il partner scelto usa (in maniera più o meno inconscia) le fragilità dell’altro per trarne vantaggi personali (per andare a sanare, in modo disfunzionale, le proprie manchevolezze).
Guarire dalla dipendenza affettiva
La dipendenza affettiva accompagnerà quella persona per buona parte della vita o fino a quando non inizierà a porsi le domande giuste. Già prendere atto di avere un problema relazionale, in qualche modo, spezza catene e aiuta a ritrovare serenità. Poi si dovrà lavorare sulla propria autostima e, se necessario, risalire all’origine del problema.
Molte donne preferiscono essere schiave di questi rapporti, ma questo si manifesta solo per l’incapacità di trovare la relazione. Chiaramente come abbiamo detto prima, si tratta di dipendenza, e come tale va trattata.
Per fare un paragone (forte ma calzante), anche l’eroinomane non può smettere di punto in bianco di prendere la sua dose, ma deve scalare in maniera progressiva così da poter convivere con gli effetti dell’astinenza.
Analogamente, la persona dipendente dovrà piano pano lavorare sulla propria consapevolezza e autostima, prima di troncare di netto questo rapporto. E’ necessario costruire quelle basi di sicurezza, in questo modo, il distacco dal partner abusante verrà spontaneo.
Se non si lavora bene su sé stessi e ci si forza nel distacco senza elaborare il tutto, facilmente si potrebbe avere una ricaduta, in qualche modo anche più pericolosa, perché rischierebbe di danneggiare ulteriormente la fiducia in sé stessi.
Non abbiate paura di guarire da questa forma di amore
La solitudine, per chi soffre di dipendenza affettiva, fa sentire persi, senza punti di riferimento, vuoti e senza valore. Superato questo primo periodo e lavorando sulle proprie risorse interiori, comincerà a farsi sentire una nuova forma di fiducia nelle proprie capacità, anche per il solo fatto di avere avuto il coraggio di voltare pagina.
Continuate a tenere duro e comincerà a crescere anche il valore percepito di se stessi. Un po’ come quando si vuole smettere di fumare, quando viene voglia di mettere in bocca una sigaretta, prima di prenderla in bocca, si annuseranno delle cicche spente e lasciate dentro ad un barattolo a buttare fuori tutto il loro odore di “morte”.
Così quando viene voglia di tornare sui propri passi, può essere utile rileggere i tormenti e le delusioni, annotate scrupolosamente in un diario che conserveremo, per poter rileggere all’occorrenza.
Quindi se avete maturato la consapevolezza di essere un/a dipendente affettiva, niente paura, partite con le mosse giuste e passo dopo passo, cercate di riappropriarvi di voi stesse/i. Se non ci riuscite da soli/e ci sono sempre professionisti in grado di potervi aiutare.
Autore: Dott.ssa Paola Cervellati, psicologa
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