Profilo psicologico del romantico-dipendente

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L \\\'Autore di questo articolo è uno psicologo o psicoterapeuta.
Illustrazione | VIA

Tra le varie tipologie di dipendenza interpersonale accomunate da forme di annullamento di sé come persone, in luogo di soggetti che hanno strettamente bisogno dell’altro, troviamo i romantico-dipendenti.

Il profilo del Romantico dipendente

I “romantici-dipendenti” non amano gli altri, ma sono innamorati dell’idea dell’amore romantico; si nutrono di illusioni e vivono in perpetua attesa di colui o colei che realizzerà i loro sogni. Ingredienti principali, appunto, il bisogno di romanticismo, di esotismo e di situazioni eccitanti.

Ai “drogati di romanticismo” la vita reale appare banale, priva di forti emozioni o di drammi. Così negli stadi più avanzati della “malattia” essi creano ad esempio piccole tragedie, provocano litigi familiari per sperimentare sensazioni più emozionanti. Possono causare danni a se stessi e agli altri, esponendosi in situazioni pericolose, provocando sessualmente o cercando persone disturbate da salvare. L’obiettivo è giocare a fare l’eroina o l’eroe e sentirsi importanti e potenti.

Donne e distorsioni in famiglie d’origine

Robin Norwood, nel suo libro “Donne che amano troppo“, considera questo tipo di dipendenza un fenomeno tipicamente femminile: “Troviamo eccitante l’uomo poco equilibrato, l’uomo infido è una sfida irresistibile, l’uomo imprevedibile è romantico, l’immaturo è incantevole, il lunatico è misterioso. L’uomo collerico ha bisogno della nostra comprensione. All’uomo infelice occorre il nostro conforto. L’uomo inadeguato ha bisogno del nostro incoraggiamento e l’uomo freddo del nostro calore”.

Teoria vuole che le persone di questo tipo siano cresciute in famiglie in cui normalmente non veniva prestata attenzione ai loro bisogni e spesso c’era violenza o ostilità tra e con i genitori. Fin da ragazzine, queste donne, hanno imparato a rifugiarsi nella fantasia o creando situazioni speciali.

In merito, sempre dal libro citato di Norwood: “Poiché la nostra famiglia nega la nostra realtà, cominciamo a negarla anche noi. E ciò ostacola gravemente lo sviluppo degli strumenti fondamentali per vivere e per rapportarsi alle persone ed alle situazioni.

Si diventa incapaci di discernere se qualcuno o qualcosa non fa per noi. Le situazioni e le persone che gli altri eviterebbero naturalmente perché pericolose, spiacevoli o nocive, non ci ispirano ripugnanza perché non siamo in grado di valutare realisticamente e non abbiamo riguardo per noi. In realtà non abbiamo fiducia nei nostri sentimenti e non li usiamo come guida”.

Amore-dipendenza e paura del rifiuto

Ecco l’amore-dipendenza, quindi, come uno pseudo rapporto, una sorta di alibi per evitare di essere intimi e rivelarsi agli altri per quello che si è. Data la bassa stima, si diventerebbe amore-dipendenti per paura di essere rifiutati mostrandosi agli altri senza maschera.

Sotto questo profilo è Virginia Satir, in Psicodinamica e psicoterapia del nucleo familiare, a vedere l’origine della scarsa autostima nelle esperienze fatte in età evolutiva. Afferma che nella coppia “l’intenzione di nascondere all’altro la poca stima che si ha di sé – mostrando esternamente un atteggiamento forte e sicuro pur sentendosi profondamente spaventati, incerti e bisognosi di aiuto – ha fatto sì che ciascuno abbia visto nell’altro ciò che sperava di vedere e non quello che era, perché entrambi hanno vissuto un rapporto più a livello di difesa che a livello di sentimenti profondi”.

Paura dell’abbandono

Altra caratteristica peculiare di codesti rapporti è la paura di essere abbandonati. Il bisogno esistenziale dell’altro diviene il risultato della svalutazione di sé. L’abbandono è sempre un dramma che provoca sofferenza. Ma in queste relazioni la sofferenza appare “fuori misura”, la disperazione è totale e assume il carattere di una disperazione profonda e inspiegabile, senza alternative o vie d’uscita.

Tali connotazioni portano queste donne a non preoccuparsi direttamente del proprio mondo affettivo, a non ascoltarlo e a non trovare risposte dirette ai propri bisogni, affidando così agli altri il compito e il potere di “farle sentire” sicure o insicure, inutili o amabili, intelligenti o non importanti.

Si offre amore con la speranza che l’uomo di cui si è ossessionate possa proteggere dalle paure; e invece le paure si acuiscono, finché offrire amore con la speranza di essere ricambiate diventa una costante di vita.

Come uscirne? Imparando a riconoscere i propri meriti: meno si pensa di meritare amore più ci si accontenterà di chi è disposto a darne poco; più si pensa di meritarlo, più si sceglierà un uomo che farà della propria donna un’imperatrice!!!

Rita Maria Turone, psicoterapeuta sistemico-relazionale
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