Esistono persone che non riescono a vivere una relazione sentimentale stabile, che amano l’idea dell’amore ma non appena si concretizza fuggono, fornendo e fornendosi mille giuste e sane “giustificazioni”.
Ci sono poi persone che si preferiscono single… ma di queste non ci occuperemo perché hanno fatto una scelta e quando una scelta è consapevole e ponderata è sempre giusta per la persona che l’ha compiuta. In questo articolo mi riferisco unicamente alle persone che vivono un conflitto interiore, lacerate fra la voglia di stabilire una relazione sentimentale e la paura tremenda di soffrire, a volte la convinzione di non esserne meritevoli.
Altre volte ancora, il più o meno inconscio senso di colpa originato da un desiderio che comporterebbe inevitabilmente uno svincolo, anche fisico, da alcune figure prevalentemente genitoriali che si teme di lasciare andare.
Che fare in queste situazioni che vengono vissute come veri e propri vicoli ciechi? Come comportarsi quando la spinta istintuale all’incontro con l’altro confligge con il ritiro, la fuga in sé? Credo sia importante, piuttosto che fornire più o meno valide istruzioni per l’uso, riflettere su questi interrogativi, riflettere sul fatto che entrare in una relazione affettiva implica in parte abbandonarsi/affidarsi all’altro, abbandonare il proprio porto sicuro, o come viene definita oggi, la propria comfort zone.
Il mito della caverna di Platone
L’essere umano è talvolta indotto a mantenere vecchie, dannose abitudini piuttosto che affrontare nuove sfide, nuovi orizzonti: come ci racconta Platone nel mito della caverna dove tutti gli uomini si trovavano incatenati in una caverna faccia al muro, convinti che quella fosse l’unica esperienza di vita possibile. Uno di loro riuscì, un giorno, a scappare e a vedere il mondo esistente al di fuori della caverna.
Tornato dai compagni di sventura raccontò la propria esperienza e quanto di bello ci fosse al di fuori dalla caverna: i fiori, i colori, l’aria; ma essi non gli credettero poiché avevano troppa paura. Avevano paura di abbandonare la sicurezza della caverna di trovare minacce e pericoli insormontabili, di non riuscire a respirare bene o forse di illudersi di stare bene al di fuori per poi essere costretti a tornare dentro.
Metaforicamente tali sono le paure con cui si scontra chi ha paura di amare.
Chi ha paura di amare è stato amato male
La paura di non essere ricambiati, di soffrire, di essere abbandonati come probabilmente si è sperimentato in una fase lontana e non proprio consapevole della propria vita. Solitamente chi ha paura di amare è stato poco amato o è stato amato male o è stato amato in un modo diverso da quello che desiderava, allora non ci prova più.
Per riuscire a riprovare quei sentimenti e la sensazione di essere amati nel modo in cui si desidera, bisogna innanzitutto capire che cosa ha trasmesso quest’idea di paura dell’amore, elaborare i piccoli o grandi traumi che possono aver segnato tale idea dell’amore e infine abbandonare le catene che legano a un presente non desiderato, non auspicabile, che non fa stare bene.
Affrontare la paura di amare e di essere amati significa ri-modellare il proprio pensiero sull’amore: se ad esempio si è convinti, e la propria esperienza ha convinto, che amare significa piegarsi al volere dell’altro, sacrificarsi e sacrificare le proprie esigenze i propri bisogni, annullare se stessi a favore dell’altro, è necessario prendere coscienza del modello di amore interiorizzato, elaborarne l’esperienza e infine costruire un idea di amore nuova, basata sulla reciprocità, sul rispetto, sulla simmetria che caratterizza un rapporto affettivo.
Se si è cresciuti pensando che l’amore sia una competizione in cui c’è un vincitore e un perdente, è necessario imparare che l’amore può essere scelta e reciprocità, progetti comuni e condivisione. Ancora, se si è cresciuti pensando di non meritare l’amore è necessario lavorare sul proprio valore, sul valore che si attribuisce a se stessi e pensare e comprendere che tutti sono meritevoli d’amore.
Amore di sé
Il lavoro interiore che spetta a chi ha paura di amare è prima di tutto un lavoro sull’amore di sé, sul valore di sé e delle proprie risorse, dei propri bisogni ed esigenze, un lavoro sulla propria individualità, una riflessione attenta oggettiva e soggettiva su chi si è e su chi si vuole essere.
A cura di: Morena Romano, Psicologa-Psicoterapeuta
Specializzata in Psicoterapia Analitica Junghiana
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