Cibo, modo di alimentarsi e psiche sono ologrammi di una stessa struttura. Ciò che mangiamo è ciò che siamo dicevano gli antichi e al giorno d’ oggi noi sappiamo come ci sentiamo , nel bene e nel male, dopo che abbiamo mangiato determinati cibi.
L’idea è quella di capire se si può sostenere la psiche attraverso l’alimentazione e sostenere l’alimentazione attraverso la psiche. Il cambiamento e il sostegno evolutivo di sé possono avvenire infatti in doppio senso.
L’uomo diviene ciò che mangia e mangia per quello che è. Da dove nasce questa idea?
RELAZIONE FRA CIBO ED EMOZIONI
I fattori da considerare per approfondire questa relazioni sono ravvisabili nello stile alimentare e, in particolare nel tipo di cibi normalmente utilizzati, la cui scelta dipende:
- dal significato emotivo che connette i cibi alle relazioni familiari
- dalle esperienze e idee che abbiamo costruito su di noi all’interno delle nostre relazioni primarie, ed ai rituali familiari e culturali
- dal genere sessuale
- dalla situazione fisica intesa in particolar modo dal numero di adipociti presenti nel corpo
- dalla situazione psiconeuroendocrinoimmunologica della persona, ovvero dal suo ambiente biochimico e endocrino interno.
SIGNIFICATO EMOTIVO CONNESSO AL CIBO E QUINDI ALLE RELAZIONI FAMILIARI
Il cibo è la fonte primaria di gratificazione, il neonato succhia il latte materno e quindi il mondo intero. Attraverso il seno si calma, si nutre, si rallegra e il seno-latte diviene risposta e nutrimento per una serie innumerevole di bisogni e richieste.
Man mano che il bimbo cresce , lo stesso andrebbe aiutato a distinguere e riconoscere i vari bisogni da lui espressi: fame , sonno, coccole, noia, offrendogli stimoli più differenziati. Per calmare il bambino a volte gli si offre del cibo, come per premiarlo o per stimolarlo.
Il rischio è di alienare il cibo dal suo compito reale e utilizzarlo in maniera generalizzata per tutto. L’adulto futuro potrà quindi essere un utilizzatore di cibo per gestire la rabbia , o la noia o l’ansia…. Le tre emozioni a cui di solito segue una risposta compensatoria attraverso il cibo se mancano delle idea alternative alla gestione delle emozioni stesse.
RITUALI FAMILIARI E SOCIALI CONNESSI ALL’USO DEL CIBO
Il Cibo viene utilizzato da sempre, per la sua immediata fruibilità, come collante e oggetto intermediario dello stare insieme. Ci troviamo e mangiamo un panino, per essere felici insieme beviamo la bibita o mangiamo i cioccolatini, se vuoi far famiglia cucini quell’arrosto o quei tortellini.
Queste associazioni possono essere cosi profonde e radicate, anche per influenza dei mass media, che divengono parte del nostro pensare: felicità vuol dire trovarsi insieme a mangiare e potremmo essere meno felici insieme se non mangiamo. Lo stesso discorso vale per lo stare in famiglia, dove alcuni cibi rappresentano proprio lo stare insieme perché appartengono alla tradizione familiare ( gli gnocchi domenicali, il dolce della nona e cosi via).
Quel determinato cibo diviene allora portatore di un significato altro rispetto alle sue caratteristiche primarie e cioè di unione, calore, casa, tranquillità, appagamento, sicurezza, appartenenza,…
SCELTA QUOTIDIANA DEI CIBI
Da quanto detto emerge che molti dei cibi che mangiamo ogni giorno o che fanno parte dei nostri desideri appartengono al nostro genogramma alimentare e cioè, alle relazioni che abbiamo vissuto e dalle connessioni di esse con determinati cibi.
Il calore della nonna con le sue torte, la radicatezza ma anche ottusità del padre con la carne,…; il cibo rappresenta allora una determinata caratteristica della persona perché questa è l’esperienza che abbiamo fatto in quella relazione, ma, anche il cibo stesso è portatore di una informazione biochimica che diviene emozione.
La carne ad esempio che il padre faceva mangiare può evocare per associazione il suo radicamento ma anche la sua ottusità, non solo perché lui era così, e si sono associate le sue caratteristiche con la carne , ma anche perché la carne è portatrice, a livello biochimico e vibrazionale, di alcune di queste informazioni.
INFORMAZIONI BIOCHIMICHE DEL CIBO E LORO INFLUENZA SULLO STATO D’ANIMO
Ci sono veramente molte teorie sulle informazioni chimiche, biochimiche ed energetiche portate dal cibo.
Dalla carica vibrazionale del cibo in relaziona a come è stato trattato ( carni di animali uccisi ) alle caratteristiche della forma e del modo del cibo di crescere per cui questi parametri sono rappresentati informazionalmente dal cibo che porta con sé queste caratteristiche e contribuisce a ricrearle nell’organismo ( i tuberi che stanno sottoterra che convogliano e portano all’intrspezione-radicamento, mentre ciò che cresce in superficie è espansivo come la lattuga che, delicatamente esce all’esterno) alle caratteristiche energetiche del cibo, alle connessioni dello stesso col gruppo sanguigno, etc…
Da un punto di vista strettamente biochimico le ricerche hanno dimostrato come questo contribuisce ad influenzare l’umore, ma come anche l’umore può influenzare la scelta dei cibi.
Si è visto cos’è che il consumo di zuccheri semplici, cereali raffinati, grassi, alcool e caffeina sono associati a situazioni depressive, ansiogene e comunque a sbalzi di umore; viceversa il consumo di frutta e verdura, semi oleosi, cereali in chicchi, carni magre sono associati ad un maggior controllo degli sbalzi di umore, diminuzione di ansia e depressione.
Questa ultima categoria di cibi sembra contribuire a mantenere stabili gli zuccheri nel sangue e quindi a mantenere stabile l’umore e , gli elementi contenuti in questi ultima categoria, si sono evidenziati stimolare maggiormente la produzione di serotonina, ormone del relax e del buon umore.
In particolare tutti i carboidrati inizialmente stimolano il cervello a produrre serotonina ma, quelli complessi e raffinati, magari associati a zuccheri, non mantengono questo processo in maniera duratura in quanto appunto creano picchi e cadute glicemiche e quindi sbalzi di umore.
Queste cadute umorali portano ulteriormente a cercare cibo sfizioso e quindi a reinnestare il loop.
A questo proposito possiamo sottolineare come anche l’intestino contribuisca a mantenere calibrato il livello dell’umore: in particolare si è vista la quantità di serotonina prodotta a livello intestinale sia pari al 95% circa ad opera delle cellule enterocromaffini, e quindi come, alcuni stati depressivi, possano essere connessi a situazioni di mal funzionamento intestinale, a volte concomitante e correlato ad uno stile alimentare.
Lo stato depressivo o ciclicamente di caduta, può portare la persona a scegliere spesso cibi che facciano impennare velocemente la glicemia e quindi poi a cadere vertiginosamente.
IDENTITA’ DI GENERE
Le ricerche sottolineano come le donne gestiscano i momenti di caduta dell’umore (depressione, senso di colpa, solitudine, inadeguatezza) mangiando cibi appaganti-consolatori mentre gli uomini usano il cibo come ricompensa quando sentono di aver fatto bene, per festeggiare, etc.
In linea generale possiamo quindi dire che nella relazione fra cibo e umore esiste una complessita’ di relazione fra vari elementi che sono lo stile alimentare appreso, la significatività del cibo a livello familiare, l’importanza dell’uso del cibo nei rituali, la complessità biochimica dell’organismo che influenza le scelte alimentari le quali però influenzano la complessità biochimica dell’organismo e in particolare modo il tono dell’umore.
A cura di Donatella Decolle, psicoterapeuta
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