Tutti noi proviamo emozioni; alcuni di noi le sperimentano incontrollate e incontrollabili, altri non riescono a riconoscerle e a dargli un nome. Alcuni cercano in ogni modo di non provarle e altri ancora si sentono in balia di esse come fossero onde travolgenti e inarrestabili. Non nasciamo con la capacità di riconoscere e contenere le emozioni, dove per contenere intendiamo la capacità di dargli uno spazio dentro di noi che sia ampio al punto giusto e la capacità di gestire e regolare le conseguenze psicofisiche e comportamentali che da esse derivano.
Si tratta di una capacità che acquisiamo all’interno del rapporto con chi si prende cura di noi (i nostri genitori, nella maggior parte dei casi): quando il genitore è capace di contenere e regolare gli stati emotivi espressi dal bambino, gli insegna in modo indiretto e implicito, che è possibile contenere e regolare le emozioni senza esserne pervasi, senza che siano destabilizzanti e senza essere preda dell’immobilizzante terrore che tali emozioni, quando negative, dureranno in eterno.
A molti di noi è stato insegnato che i bambini dovrebbero sorridere sempre ed essere amichevoli con tutti; a molti è stato detto che eravamo dei bravi bambini quando sorridevamo ed eravamo felici, che facevamo arrabbiare la mamma quando facevamo i capricci e che al papà non sarebbe piaciuto saperci arrabbiati.
Perché abbiamo così paura delle emozioni negative? Perché la tristezza è così indesiderata e la rabbia è così spaventosa? Perché non ci hanno insegnato che va bene essere anche tristi e che è sano esprimere la propria rabbia?
Le emozioni inespresso tornano sempre
Quando non lasciamo fluire le nostre emozioni, quando non gli diamo spazio, non le guardiamo e non le accogliamo dentro di noi, ingenuamente pensiamo di avere il controllo su di esse. Pensiamo di poterle relegare in un angolino dentro di noi e poter far finta che non esistano, che non ci disturbino. In realtà, così facendo, stiamo dandogli tutto il potere per controllarci: quando emergeranno, infatti, (e troveranno sempre il modo e il momento per emergere), sarà come se una cosa compressa a lungo e con forza fosse finalmente libera di esplodere; emergeranno in modo esplosivo, inaspettato e, spesso, incomprensibile.
Non abbiamo mai dedicato tempo, spazio e attenzione a quell’emozione per cercare di capire cosa sia, quale sia il suo nome, quale sia la sua origine e quale sia il modo in cui si fa sentire; non l’abbiamo fatto perché eravamo troppo impegnati a nasconderla e a tenerla compressa in quell’angolino, dentro di noi, dove abbiamo cercato di relegarla.
Dunque, quando verrà fuori, ne resteremo destabilizzati, impauriti e indifesi. Magari non riusciremo neanche a capire cosa stiamo provando o perché; questo ci mette nelle mani di ciò che proviamo permettendogli di controllare come reagiremo a ciò che stiamo sentendo e come lo comunicheremo agli altri, perché le emozioni non riguardano solo il rapporto che abbiamo con noi stessi ma anche con le persone a noi vicine e a cui vogliamo bene; non è forse vero che per poter esprimere agli altri come ci sentiamo (in modo funzionale) dobbiamo, prima, essere capaci di riconoscere e nominare ciò che stiamo sentendo?
Dove pensate che vada tutto ciò che cerchiamo di nascondere? Dove finiscono le emozioni che tentiamo di tenere sotto controllo senza farle emergere e vedere agli altri? Spariscono, forse? Magari fosse così semplice: magari bastasse non desiderare una cosa per far sì che essa smetta di esistere. Adesso siamo grandi. Non siamo più quel bambino o quella bambina: adesso non possiamo più lasciare che le cose si nascondano dentro di noi senza guardarle e senza farci i conti.
Senti ciò che hai bisogni di sentire e, poi, lascialo andare
«Feel what you need to feel, and then let it go. Don’t let it to consume you»: senti ciò che hai bisogni di sentire e, poi, lascialo andare. Non lasciare che ti consumi.
Spesso ciò che sentiamo è così forte da non lasciarci lo spazio per ascoltarlo realmente; la nostra testa è piena di idee su come le cose dovrebbero essere, su quali sentimenti dovremmo provare, su quali emozioni dovremmo smettere di sentire o dovremmo sentire in modo differente. Talvolta, abbiamo semplicemente bisogno che la nostra mente sia calma per permettere alle giuste risposte di farsi sentire. È proprio così: la risposta giusta – sempre che essa esista – spesso non è frutto di elaborati ragionamenti e considerazioni, ma è già dentro di noi se solo le permettiamo di mostrarsi.
Spesso ci sentiamo dire “non guardare la porta chiusa, guarda quella che si potrebbe aprire!” o “è vero, sta piovendo, ma dopo la pioggia spunta sempre l’arcobaleno!”. Ok, ma a volte non ce ne frega assolutamente nulla delle porte che si possono aprire quando l’unica che volevamo aperta si è chiusa; spesso sapere che spunterà l’arcobaleno non basta a farci smettere di soffrire per la pioggia che, incessante, cade su di noi. Non ci basta! E allora? Allora l’unica cosa da fare, forse, per il momento, è stare sotto la pioggia e urlare. Piangere. Scalpitare. Soffrire.
Permettiamoci di sentire tutte quelle emozioni negative che, se non lasciamo fluire, ci consumeranno. Se non escono, se non gli viene dato spazio, se non gli viene data voce, dovranno pur restare da qualche parte, no? Resteranno dentro di noi, inconsiderate, finché non fremeranno sempre più prepotentemente per farsi sentire, causandoci disagi fisici, emotivi e relazionali.
Lasciamo allora uscire tutte quelle emozioni incasinate e indesiderate: lasciamo uscire quella rabbia, quella tristezza, quel senso di inadeguatezza e quella paura… lasciamole uscire anziché nasconderle dietro un sorriso anche quando non ci va di sorridere. Rilasciamo le emozioni negative, lasciamole fluire, affinché non ci consumino. Vi garantisco che vi sentirete meravigliosamente.
L’unica soluzione per stare bene ma bene veramente
A quel punto, infatti, quando staremo bene staremo bene sul serio; i nostri sorrisi saranno reali, il nostro entusiasmo e la nostra serenità genuini. Forse potremmo essere portati a pensare che volerci bene significhi voler essere sempre felici e privi di paure, preoccupazioni, debolezze e tristezze e ciò è in parte vero. Ma volersi bene significa anche accettare di aver momenti no, di aver bisogno di sfogare quelle lacrime per poter tornare a sorridere e di esprimere la propria rabbia per dar valore a ciò che sentiamo.
Volersi bene significa anche accettarsi per ciò che siamo e per ciò che proviamo, coccolarsi quando siamo tristi anziché giudicarci o arrabbiarci con noi stessi perché non vorremmo esserlo, ascoltarci e legittimarci quando ci sentiamo arrabbiati anche se sarebbe più comodo e desiderabile non esserlo. Senti quello che hai bisogno di sentire e, poi, lascialo andare. Non lasciare che ti consumi…
Arianna Negro, Psicologa Clinica
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