La gravidanza è la condizione fisiologica della donna che inizia con il concepimento dell’embrione e continua con il suo sviluppo fetale fino al momento del parto. Questo periodo viene diviso in settimane (40) e ha una durata più o meno di 280 giorni: in condizioni particolari, il parto può avvenire prima del termine previsto (parto prematuro) o oltre il termine.
La nascita di un figlio è un evento gioioso, di festa e speranza, tuttavia vivere il nuovo ruolo genitoriale comporta cambiamenti profondi di vita e della routine quotidiana , emergono nuove responsabilità e preoccupazioni. Essere genitori comporta un lavoro continuo e impegnativo e una grande capacità di adattamento alla nuova vita familiare!
Risvolti psicologici della gravidanza
Cosa accade in gravidanza e nel post-partum? La gravidanza e il post partum sono momenti in cui le donne subiscono cambiamenti fisici e psichici, diventano più vulnerabili e sono più soggette a episodi depressivi.
Per molti anni si è creduto che l’aumento degli ormoni in gravidanza proteggessero le donne dalla depressione, a peggiorare il tutto vi sono gli stereotipi sociali: è opinione comune pensare che ogni donna incinta debba essere felice.
Per queste ragioni in questi momenti così delicati della vita della donna, stati depressivi transitori o permanenti non vengono riconosciuti, diagnosticati e quindi trattati adeguatamente.
Nonostante i disturbi dell’umore in puerperio siano molto frequenti rispetto ad altri problemi clinici (gestosi, diabete gestazionale, parto prematuro) e si annoverino tra le principali cause della solitudine femminile, ancora troppo spesso vengono sottovalutati dalla medicina.
Quando una madre si sente depressa nei mesi successivi alla nascita del suo bambino, i suoi sentimenti vengono spesso sottovalutati e considerati normali reazioni allo stress associato al dover prendersi cura di un neonato. La maggior parte delle madri riesce a superare questo momento, ma per molte altre il fatto che i loro problemi vengano ignorati o fraintesi può portare a difficoltà a lungo termine, con gravi conseguenze anche per il bambino e i loro familiari.
Baby blues
Fino al 70-80 % delle neo-mamme nei primissimi giorni dopo il parto può avere sintomi lievi e passeggeri di una forma fisiologica di depressione chiamata Baby blues proprio per lo stato di melanconia che caratterizza questo momento. È una sintomatologia dovuta alla brusca caduta degli ormoni estrogeni e progesterone dopo il parto e si accompagna a crisi di pianto, irritabilità, inquietudine, stati d’ansia. Queste manifestazioni tendono a scomparire entro 10-15 giorni senza compromettere la normale capacità materna.
Quando preoccuparsi: la depressione post partum
In un certo numero di casi, la fase di baby blues sfocia in un vero e proprio episodio depressivo. Il DSM-5 (Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders, Fifth Edition – APA, 2013) non riconosce la Depressione Post Partum (DPP) come una diagnosi separata da quella di disturbo depressivo maggiore, tuttavia ne prevede la diagnosi in uno specificatore temporale.
Per diagnosticare una Depressione Post Partum devono essere, infatti, soddisfatti i criteri definiti per l’episodio di depressione maggiore e i criteri per lo specificatore ad esordio nel periodo perinatale.
Quanto dura la depressione post-pastum? Nella maggioranza dei casi l’episodio di DPP ha una durata di 3-6 mesi ma nel 25-30% dei casi persiste ad un 1 anno di distanza dall’esordio.
Le manifestazioni cliniche della DPP includono:
- disturbi del sonno,
- perdita di peso oppure diminuzione o aumento dell’appetito,
- paura di fare del male al bambino,
- estrema preoccupazione,
- ansia nei confronti del figlio,
- stato d’animo di tristezza,
- abbattimento,
- pianto eccessivo,
- senso di valere poco,
- senso di colpa eccessivo,
- mancanza di speranza,
- difficoltà di concentrazione,
- difficoltà di memoria,
- mancanza di energia,
- perdita di piacere e interesse nelle attività,
- pensieri ricorrenti che non vale la pena di vivere o pensieri di morte e di suicidio (Patel et al., 2012).
Possono esservi inoltre difficoltà a svolgere il proprio lavoro, le faccende domestiche o mantenere rapporti sociali. La neomamma spesso si vergogna di provare queste emozioni e ha paura di nuocere al bambino.
Prevalenza del disturbo
La DPP è un disturbo molto frequente anche se sottovalutato; nei Paesi ad alto reddito una donna su dieci (10%) soffre di depressione perinatale, mentre nei paesi in via di sviluppo ne soffre una donna su cinque (20%).
Tuttavia è difficile arrivare a fare una stima esatta in quanto, in questo momento delicato, molte donne si sentono sole e hanno paura a manifestare il proprio vissuto. Solo una minima parte delle donne affette da DPP beneficia di una cura specialistica (meno del 50%).
Perché è importante gestire la depressione perinatale?
Uno stato depressivo che si manifesta durante la gravidanza o nel puerperio richiede una particolare attenzione. Questo perché, oltre alla sofferenza della donna, la depressione ha anche un impatto sulla salute e sullo sviluppo del bambino e dell’intera famiglia. La depressione post-partum modifica le interazioni madre-bambino e può determinare nel bambino una serie di disturbi che si manifestano nel periodo neo-natale o nel corso dell’infanzia:
sul piano cognitivo: difficoltà nello sviluppo mentale e motorio. Sul piano comportamentale: insorgenza di ansia, depressione, ritiro sociale, aggressività, iperattività, rabbia. Sul piano fisico-organico: disregolazioni neurofisiologiche (coliche gassose, disturbi del sonno o alimentari), infezioni ricorrenti, gravi allergie,
asma, malnutrizione e malattia nei bambini che vivono in situazioni di povertà.
Quali sono i fattori di rischio?
Perché alcune donne soffrono di DDP e altre no? A incidere vi sono determinati fattori concomitanti. Tra i fattori di rischio principali annoveriamo:
Fattori psicologici quali pregressa storia di ansia, depressione, malattie psichiatriche pregresse, traumi passati. Fattori ostetrici e pediatrici neonati con condizione medica patologica, nati pretermine.
Fattori sociodemografici come basso livello socio-economico, mancanza di supporto sociale, violenza domestica, insoddisfazione per le proprie condizioni di vita.
Altri fattori di rischio: problemi di salute fisica, scarsa accettazione di sé, del proprio corpo e del peso corporeo.
Cosa fare
Diversi studi hanno dimostrato che il parto rappresenta un fattore di rischio scatenante (Eberhard-Gran et al., 2002). La DPP limita il funzionamento della donna nel suo ruolo materno con conseguenze negative a lungo termine sullo sviluppo cognitivo, emotivo, sociale e comportamentale del bambino (Patel et al., 2012).
È necessario dunque non sottovalutare i segnali e non temere di chiedere aiuto nel momento in cui tali sintomi dovessero diventare persistenti. Affidarsi ai professionisti del settore quali medici di famiglia, pediatri, consultorio, psicologi e servizi sociali potrebbe garantire il ritorno ad un sano equilibrio contribuendo al benessere della mamma, del bambino e dello stesso nucleo familiare.
A cura di Angela Scoppettone, psicologa
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