Frozen: riflessioni psicologiche sul rapporto tra fratelli

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L \\\'Autore di questo articolo è uno psicologo o psicoterapeuta.

Frozen – Il regno di ghiaccio è un film del 2013 liberamente ispirato alla fiaba di Hans Christian Andersen “La regina delle nevi“, e narra la storia della principessa Elsa primogenita della famiglia reale di Arendelle che possiede un particolare potere magico: creare e manipolare il ghiaccio.

La trama

Un giorno Elsa per errore colpisce involontariamente Anna, la sorellina, alla testa con un getto di ghiaccio, lasciandola priva di sensi. Per proteggere entrambe il re e la regina decidono di nascondere Elsa fino a che non imparerà a controllare i suoi poteri. Purtroppo però, poco dopo i genitori muoiono.

All’età di ventun’anni Elsa sale al trono, ma il giorno dell’incoronazione, durante la festa Anna conosce uno degli invitati, il principe Hans che le chiede di sposarlo. Anna accetta ingenuamente, ma Elsa è ovviamente contraria poiché i due si conoscono a malapena.

Le due sorelle litigano pesantemente ed Elsa, arrabbiatissima, sprigiona involontariamente i suoi poteri davanti a tutti i presenti, perdendone il controllo e causando un inverno perenne sul regno.

Elsa fugge e si rifugia in cima alla Montagna del Nord dove decide di dare completo sfogo ai suoi poteri: costruisce un castello di ghiaccio e dona inconsapevolmente vita a Olaf, un pupazzo di neve con il quale lei e la sorella giocavano da bambine.

Anna, affida la reggenza di Arendelle a Hans e si mette alla ricerca della sorella. Durante il viaggio fa la conoscenza di Kristoff che la guida al palazzo di Elsa.

Le due sorelle si rincontrano, ma litigano nuovamente, Elsa perde il controllo e colpisce Anna al cuore, la potrà salvare solo un atto di vero amore che giungerà da Kristoff, innamorato di lei. Infine Hans, che aveva finto amore per Anna al fine di usurparle il trono, tenta di uccidere Elsa, ma Anna la salva frapponendosi fra Elsa e la spada, diventando una statua di ghiaccio.

Elsa è disperata, ma la scelta di Anna di rinunciare alla propria vita per salvarla era proprio quell’atto di vero amore (fraterno) che occorreva per poter sciogliere il suo cuore di ghiaccio. Anna si risveglia ed Elsa capisce che la chiave per controllare i suoi poteri è proprio l’amore.

Implicazioni psicologiche: il rapporto tra fratelli

Questa favola è una storia di amore fraterno che va oltre i dissidi, i litigi e le divergenze di opinioni, è una storia in cui l’intervento genitoriale volto a tutelare e proteggere i figli agisce ledendo l’identità e il riconoscimento di uno dei due, non a caso i genitori delle due sorelle nascondono Elsa privando entrambe della relazione reciproca.

Nella realtà questo avviene più spesso di quanto si possa pensare, le classiche frasi del tipo “..tu sei più grande… devi capire”, possono creare veri e propri “gap” buchi nella relazione fraterna causando nel figlio più grande sentimenti di impotenza, rivalità e solitudine e nel più piccolo alimentare un senso idealizzato di onnipotenza determinato da un fattore aleatorio e non controllabile come la sua più giovane età, nonché il disagio nel percepire l’astio e l’accusa da parte del fratello/sorella più grande.

Nella storia Anna e Elsa fanno pace e si ritrovano definitivamente quando imparano che possono essere utili l’una per l’altra, ossia possono aiutarsi in un rapporto di reciprocità e simmetria che va oltre l’età e il ruolo, perché questo è il rapporto fraterno, un rapporto paritario che nasce dall’amore implicito nel legame di sangue, ma viene alimentato dalla aiuto solidale, solidaristico e vicendevole, dal mutuo soccorso emotivo e pratico.

La base su cui si fonda, dal mio punto di vista tale reciprocità, è la condivisione, non tanto intesa come il fare tutto insieme, lo spartire tutto a metà (giochi, cibo, spazi, attenzioni…) ma piuttosto come avere la possibilità, l’opportunità di poter usufruire di spazi propri, non solo fisici, nei quali far entrare l’Altro, nel quale confrontarsi con l’Altro da Sé, anche nel conflitto, anche nella diversità.

Condividere con un fratello o una sorella significa innanzitutto riconoscere e vedere riconosciuto il proprio spazio e la propria individualità per poi avere voglia di farla incrociare/incontrare con quella di un altro in un ottica ed in una prospettiva di parità, pari diritti e pari doveri e… pari contributi alla relazione.

Riflessioni per i genitori

Concludo con un piccolo spunto di riflessione, un piccolo suggerimento per tutti i genitori che hanno due o più figli: favorite la condivisione libera e partecipata, non coartata.

Stimolate i vostri figli a fare le cose insieme, ma garantite sempre la salvaguardia dell’individualità di ognuno, il rispetto per i bisogni e le esigenze di ogni figlio, il diritto di avere un proprio oggetto/gioco/ spazio che sia solo loro, che possano decidere se condividere o no, solo in tal modo si potranno sentire liberi di entrare in relazione con il proprio fratello/sorella, a loro modo, con i propri tempi.

Un fratello o una sorella sono importanti compagni di viaggio della propria vita ma solo nella simmetria di uno scambio vicendevole e libero.

A cura di: Morena Romano, Psicologa-Psicoterapeuta
Specializzata in Psicoterapia Analitica Junghiana
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