Il ramo dell’irresolutezza

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Psicologa, Sessuologa clinica e Psicoterapeuta interazionista in formazione

Tra i giochi che preferivo fare da bambina il più divertente era sicuramente l’attenta osservazione delle persone. I loro movimenti, le espressioni, il loro modo di entrare in relazione con l’altro. Ascoltavo accuratamente le parole che sceglievano per raccontare ciò che accadeva intorno a loro, e come cambiavano in base al contesto in cui si trovavano.

Una volta terminata l’osservazione mi sforzavo di capire a quale animale potessero assomigliare. In alcune persone riuscivo a riconoscere chiaramente un solo animale. In altri ne riconoscevo molti diversi, a seconda delle situazioni sperimentate dalla persona. Da allora ho sempre creduto che esistessero degli animali che ci rappresentassero simbolicamente, e che osservando con attenzione i loro comportamenti potessimo comprendere simbolicamente alcuni aspetti dell’animo umano.

Il bradipo

Il Bradypus tridactylus o bradipo è noto per la sua lentezza. Viene considerato il più pigro dell’ecosistema, rimanendo per ore e ore immobile, spesso appeso con un braccio al ramo del suo albero, indifferente come una statua nei confronti degli insetti che lo attraversano. La lentezza del bradipo sembra quasi essere in contrasto con un mondo animale frenetico, in cui spesso vince il più forte e il più veloce. Alle classiche strategie di sopravvivenza alla paura della predazione come l’attacco o la fuga, il bradipo preferisce la lentezza.

Il motivo principale della lentezza del bradipo sembra essere il poter passare inosservato. In questo modo può evitare i suoi predatori naturali, come aquile e giaguari, che altrimenti lo troverebbero molto facilmente: se fosse solo “più lento” rispetto agli altri animali sarebbe una preda facile da individuare e cacciare, ma la sua estrema lentezza lo rende praticamente impossibile da notare. Si dice che esistano dei bradipi che a una certa età iniziano a farsi crescere del muschio sulla pelliccia, caratteristica che permette loro di mimetizzarsi ancora meglio nell’ambiente circostante.

Ho ritrovato il bradipo nei comportamenti di molte persone che ho conosciuto. Proprio come nel mondo animale, anche il mondo degli esseri umani sembra apprezzare la frenesia, la forza, la velocità. E un bradipo può spesso avere paura. Una paura che paralizza.

Quando il mondo intorno a noi va avanti veloce e non riusciamo a inventarci degli strumenti e delle strategie per restare al passo, la paura sembra la sola arma possibile; e per non farci notare da ciò che ci potrebbe ferire, semplicemente, ci fermiamo.

E proprio come il bradipo ha le zampe con una conformazione tale da non permettergli di camminare agevolmente sul terreno, ci si sente inadeguati, goffi, insicuri nel mondo circostante. Come se si avessero dei piedi non adatti alla strada che si sta percorrendo. Come se si stesse indossando di continuo delle scarpe non idonee al cammino che è stato intrapreso.

Anche per gli esseri umani le anticipazioni di fallimento e di emarginazione alla sola idea di provare ad essere sé stessi paralizza, mentre il sentirsi accolti dagli altri fa sentire “normali”, “nella nostra specie”. È nell’interazione con gli altri che avviene un confronto tra “specie” diverse, dove vengono rese ancora più evidenti le nostre diversità, sia caratteriali che di prestazione. E la paura è talmente grande che ci paralizza e ci fa temere profondamente la nostra foresta, ci blocchiamo e non riusciamo più ad esprimere nulla, vivendo nel silenzio e nella mimetizzazione, con il costante timore di mostrare al mondo il nostro vero volto e la nostra vera personalità.

Non possiamo rischiare che qualcuno si accorga della nostra insicurezza, della nostra difficoltà a stare dietro al mondo e iniziamo a ricercare la diversità fuori da noi, per paura di essere visti e di vederci come diversi, per paura di essere allontanati ed emarginati. Ed è così che per timore che siano gli altri a rifiutarci per primi iniziamo a giocare d’anticipo, pensando che chi abbiamo davanti sia troppo differente da noi, che in fondo siamo noi a non volere interagire con l’altro, che bastiamo a noi stessi e che, esattamente come fa un bradipo sul suo ramo, se siamo abbastanza immobili prima o poi l’altro se ne andrà.

Perché proprio come il bradipo fatica a trattenere il calore, preferendo posti assolati e un clima torrido a causa della loro bassa temperatura, le persone talvolta faticano a trattenere il calore umano, preferendo la solitudine e quanta meno incertezza il mondo riesca ad offrire. La vita però non è sempre e solo paura e lentezza. In alcuni parchi protetti si possono notare dei bradipi estremamente solerti nel muoversi. Alcuni etologi spiegano questo comportamento col fatto che quei bradipi, data la realtà che li circonda, possono permettersi di muoversi con maggior disinvoltura.

Come se in quei luoghi sapessero di non correre alcun pericolo e riescano a spostarsi, ad uscire dal tradizionale immobilismo: solo quando si conosce perfettamente cosa aspettarsi dagli altri si è sicuri di correre quanti meno rischi possibili. È come se i bradipi volessero farci capire che, volendo, si muoverebbero anche di più, ma hanno capito che non conviene: più ci si sposta, più si corrono rischi, e chi è davvero pronto a correrli?

Alessandra Gervasi, psicologa e sessuologa clinica – per leggere tutti i miei articoli
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