I primi a parlare di trauma in senso psicologico, furono Janet e Charcot. Secondo Janet, il trauma psicologico è un evento che, per le sue caratteristiche, non è assimilabile al sistema psichico della persona e quindi minaccia di frammentare la coesione mentale.
L’esperienza traumatica può rimanere dissociata dal resto dell’esperienza psichica causando una sintomatologia dissociativa. Charcot, neurologo francese, capì che certi fenomeni non erano attribuiti a cause organiche ma a forti shock, appunto, traumi.
Il trauma psicologico
Alcuni “forti traumi” si traducono in “forti paure” che conservano un perfetto nesso causa-effetto, evidente agli occhi di tutti. Esistono, però, alcuni traumi che all’apparenza sono meno significativi ma che ripetuti nel tempo e attuati da figure di riferimento importanti, durante la crescita, possono produrre conseguenze nefaste. Questi traumi ripetuti nel tempo possono produrre una patologia che seppur non riconosciuta nel DSM V ha trovato concordi i clinici a racchiudere i sintomi in quelle che vengono comunemente definite patologie da Traumi Cumulativi.
Tra i più autorevoli autori che studiano il Trauma Cumulativo figura Judit Herman (1992), Van der Kolk, (2005) e innumerevoli altri, soprattutto per differenziare il trauma cumulativo dal disturbo post traumatico da stress (PTSD), sulla base delle caratteristiche emerse dall’intervista ACE (Adverse chidhood Experiences). L’ACE è uno strumento diagnostico impiegato per valutare la presenza e l’entità di questi traumi ripetuti.
Secondo gli studi fatti sulla base dell’ACE, è emerso che il campione con risposte positive a cinque voci dell’ACE ha un rischio superiore (fino a 10 volte maggiore) di assumere condotte suicidarie. Il rischio di condotte suicidarie aumenta all’aumentare del punteggio ottenuto con l’ACE.
Trauma Cumulativo
Quando si parla di trauma cumulativo ci si riferisce prevalentemente a traumi interpersonali perpetuati dalle principali figure di accudimento, ne sono un esempio l’abuso fisico e/o sessuale, l’abuso emotivo con conseguente mancanza di contenimento emotivo e di sentimenti positivi che promuoveranno la nascita di sé come individuo separato ed autonomo.
Altri traumi comulativi consistono nella violenza assistita (vedere un genitore maltrattato, dall’altro coniuge), la separazione precoce, l’abbandono o il deterioramento della relazione primaria (anche a causa di malattie, droghe, o detenzione del caregiver). In ogni caso, il trauma viene attuato in maniera diretta, prolungata e ripetitiva.
Il trauma cumulativo deve contenere non solo una mancanza di cure fisiche ma essere caratterizzato anche, da distorsioni precoci nella comunicazione emotiva, una mancanza di sintonizzazione sugli stati interni del bambino ed un’intrusione, di parti malate superegoiche o confuse, dell’oggetto primario. Queste parti, porteranno ad un’identificazione patologica con un oggetto invasivo che viene a fare parte del sé del bambino (Williams, 2004). Nei casi più gravi possono indurre a una parziale perdita dell’esame di realtà.
Questo tipo di trauma fondato sulla minaccia, paura e/o imbroglio, fatto dalle figure di riferimento del bambino, tenderà a compromettere la sua capacità di fidarsi e connettersi intimamente agli altri.
I Sintomi principali
Alcuni studi mostrano che gli adulti con un passato di esposizioni multiple e cumulative a eventi traumatici, riferiscono intensi vissuti di colpa, vergogna, rabbia e danneggiamenti, in molte funzioni personali ed interpersonali.
I principali sintomi riscontati, sono comportamenti irritabili ed esplosioni di rabbia (con minima o nessuna provocazione), nella fattispecie aggressione verbale o fisica nei confronti di persone od oggetti. Comportamenti spericolati ed autodistruttivi, ipervigilanza, problemi di concentrazione, difficoltà ad addormentarsi e nel rimanere addormentati, esagerate risposte di allarme, oppure sonno non riparatore.
Altre volte si sviluppano, psicopatologie mascherate dietro a varie etichette diagnostiche (Disturbo dell’Apprendimento, del Comportamento alimentare, Deficit dell’attenzione). Una marcata riduzione di interesse e partecipazione ad attività significative, sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri, o incapacità di provare emozioni positive come felicità (Cherofobia), soddisfazione….
In primis, un soggetto con una storia di avversità multiple, è a rischio elevato di presentare comportamenti pericolosi come il suicidio, l’autolesionismo, l’abuso di alcool e droga e altre condotte a rischio che devono essere valutate e monitorate durante il trattamento.
La differenza tra PTSD e Traumi Cumulativi
Oramai, i maggior esperti mondiali hanno capito che i traumi avvenuti nella prima infanzia modificano la struttura cerebrale di chi li subisce. Si possono alterare i sistemi cerebrali coinvolti nelle funzioni cognitive ed emotive come la memoria, l’apprendimento, la motivazione, l’elaborazione delle informazioni, il problem solving e la capacità di tollerare l’angoscia; tutte funzioni cruciali per un sano sviluppo.
Il disturbo post traumatico da stress (PTSD), che si può instaurare dopo un grave trauma, è diverso da quello che si istaura in situazioni di abuso fisico e/o di trascuratezza emotiva (neglet) avvenuti in tenera età, quando la relazione primaria è fondamentale per un armonioso sviluppo psichico ed il cervello è in via di formazione.
L’esposizione cronica allo stress sovraccarica i sistemi biologici e altera una serie di risposte stress-correlate, che promuovono l’adattamento e i processi regolatori per l’equilibrio omeostatico. Quando la capacità di adattamento è sopraffatta possono verificarsi cambiamenti psicofisiologici e psicologici come malattie fisiche a causa di un deficit del sistema immunitario allo stress.
La persona può perdere il ricordo originario sull’evento traumatico e sviluppare in autonomia persistenti convinzioni negative su sé stessi, sugli altri e sul mondo.
Si possono provare persistenti sentimenti di paura, rabbia, colpa, vergogna (…), che vanno a contornare uno stato mentale dove l’individuo subisce tanti piccoli traumi, lo predispongono ad una vulnerabilità psichica e a una pluri-vittimizzazione, con la probabilità di cadere vittima, nel corso della vita, di un ulteriore trauma.
La pluri-vittimizzazione
Il fattore predittivo più affidabile di ripetizione ad una pluri-vittimizzazione (Finkelhor, Ormrod e Turner, 2007), è costituito dai punteggi più alti agli strumenti di valutazione della rabbia, dell’aggressività e impulsività. Il supporto sociale è un fattore di protezione contro la vittimizzazione.
Quindi valutare il trauma attraverso l’esplorazione della sua storia approfondendo l’epoca dello sviluppo in cui è accorso, può aiutare il terapeuta ed il proprio paziente a prevenire fenomeni come il suicidio e condotte legate all’assunzione di alcool e droga.
Circuiti interrotti: la neurologia del trauma
Quando i traumi e gli abusi sono protratti in età evolutiva, si hanno risvolti non solo a livello psichico ma anche sulla struttura fisiologica del sistema nervoso centrale. Se certe aree cerebrali trovano ostacoli nel loro sviluppo, altre possono trovare facile accesso e attivarsi poi in maniera automatica favorite dalla neurologia del trauma.
Se certi circuiti vengono interrotti, altri si attiveranno in maniera permanente sollecitati dalla fisiologia della paura e porteranno a fenomeni difensivi come la dissociazione somatoforme, desensibilizzazione, oltre ad atri innumerevoli fenomeni neuroendocrini.
E’ vero che il cervello è un organo estremamente plastico e che eventuali danneggiamenti, avvenuti in tenera età, hanno buona probabilità di venire compensati da altre aree cerebrali; ma è pur vero che questi traumi precoci possono lasciare delle vulnerabilità e possono minare importanti conquiste dello sviluppo provocando danneggiamenti evolutivi che perdurano nell’arco dell’intera vita. Questo perché non sempre il trauma cumulativo viene riconosciuto e non sempre si accede a un trattamento.
Chiaramente, non potrà essere un singolo evento traumatico a indurre un cambiamento permanente nella struttura cerebrale del bambino/a, ma dovranno essere degli eventi ripetuti a lasciare queste “ferite indelebili“.
Fonagy (1999) sostiene che gli stati bordeline derivano da traumi precoci mai elaborati; in questo contesto manca la rappresentazione del trauma così come subito. I pazienti borderline e quelli psicotici sarebbero pertanto incapaci di mentalizzare, ossia di rappresentare le emozioni, gli accadimenti psichici e gli stati mentali di cui ignorano il significato.
Si potrebbe pertanto concettualizzare l’insieme delle risposte distorte capaci di condizionare in senso psicopatologico lo sviluppo infantile, come trauma emotivo o trauma nella relazione primaria (De Masi, 2012). Questo tipo di pazienti, può quindi presentare sintomi non completamente inclusi nelle attuali categorie diagnostiche del PTSD e visto la difficoltà a trattarli, avere bisogno di un intervento integrato, trauma-focused e farmacologico.
L’abuso e il neglect emozionale, oltre ad avere un impatto diretto sulla salute mentale, aggrava inoltre l’impatto con altri tipi di maltrattamento. E’ molto importante per il clinico inquadrare bene il problema, per prevenire ulteriori danneggiamenti.
Autore: Dott.ssa Paola Cervellati, psicologa
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