Resilienza ai tempi del Coronavirus

| |

Author Details
Psicologa e Psicoterapeuta analitica in formazione, con utilizzo della Sand Play Therapy e psicodiagnosta con Test Rorshach e altri test. Riceve online e nel suo studio di Empoli.

E’ la prima volta che ci troviamo a fronteggiare una “PANDEMIA” e quindi non abbiamo riscontri su cosa lascerà questa emergenza sanitaria, a livello emotivo e psichico.

Nella grande incertezza che attraversiamo possiamo mettere in campo alcuni consigli utili, per fronteggiare al meglio questo periodo.

Ognuno di noi ha gradi diversi di RESILIENZA, derivata dalla storia personale, sociale e ambientale nella quale siamo vissuti, questa capacità, che ci aiuta a fronteggiare eventi molto stressanti, una volta finita l’emergenza, ci permetterà di ritornare come eravamo prima, se non addirittura rinforzati e trasformati.

Ora ci sentiamo vulnerabili, non sappiamo quanto continuerà la capacità del virus di poterci contagiare, però possiamo concentrarci e avere fiducia nelle nostre abilità e competenze, che in genere ci aiutano a fronteggiare le situazioni difficili, che si palesano dinanzi a noi.

Possiamo avere conoscenze in vari ambiti del sapere, si può avere in generale un atteggiamento prudente, si può essere persone tenaci e determinate, ma quello più importante, in questo periodo, è la flessibilità e la capacità di adattarsi alle esigenze, che il momento richiede.

Concentrarsi sul qui ed ora, vivere alla giornata, godere delle piccole cose, lasciarsi andare allo stupore del fanciullo alla scoperta del mondo e cogliere il segreto di ogni cosa: una tavola apparecchiata, una telefonata di un amico, un film, un libro. Abbandonare per un po’ progetti a lunga scadenza, che potrebbero non avere l’opportunità di avverarsi, lasciandoci con un senso di impotenza e frustrazione.

Per quello che è possibile, mantenere la stessa routine, che avevamo prima dell’emergenza. Alzarsi alla stessa ora, fare un po’ di esercizio fisico, tipo stretching, corsa sul posto ecc. Studiare o lavorare in smart working, quando possibile. Questa routine, da una struttura alla nostra vita e ci aiuta a sentirci più competenti e meno in balia degli eventi circostanti.

Il fatto che sia un agente esterno, sconosciuto, invisibile a governare prevalentemente la nostra vita, può mettere a dura prova il nostro narcisistico voler tenere sempre tutto sotto controllo.

Ci sono persone che hanno già subito gravi stress nel passato, sulle quali questa esperienza può riattivare triggers, cioè elementi in grado di innescare emotivamente ricordi relativi all’evento traumatico passato e che può rendere più doloroso questo momento.

Il fatto che se ne parli tanto e che tante persone stanno lottando contro lo stesso nemico aiuta a non sentirsi soli e il fatto che lo si possa condividere con un numero illimitato di persone, rende il nostro peso più leggero, può farci pensare che saremo meno soggetti ad istaurare un disturbo da stress post traumatico.

Questa esperienza di Pandemia, ha spostato il Locus of control da interno ad esterno. Il senso di controllo interno, riguarda il senso di competenza sugli atteggiamenti che possiamo avere per evitare il contagio (lavarsi spesso le mani, evitare il contatto troppo ravvicinato con altri…).

Portare il locus of control da esterno ad un locus of control interno, affina il nostro senso di controllo. Per sconfiggere le paure realistiche, le misure autoprotettive sono la migliore “terapia”.

Se si prova tristezza, paura, rabbia e dolore, non vergognarsi di provarle, anzi cercare di trovare le parole per descriverle, magari anche portandole su un foglio che si potrà poi gettare via, o leggerlo magari, a qualcuno di intimo.

Ci sono stati purtroppo moltissimi decessi che non hanno avuto la funzione religiosa e la celebrazione dei funerali, questo potrà rendere più difficoltosa l’elaborazione del lutto.

Però anche la perdita del lavoro in seguito alla crisi economia che si è venuta a creare con il coronavirus, la lontananza da parenti e amici sono tutti lutti che dovremo imparare ad elaborare.

Non congelare dentro le emozioni ma permettersi di accettare di provarle.

Usare in modo adattivo la paura, che normalmente ha protetto la nostra specie, senza farci sopraffare da essa, ed anzi usarla per diventare più forti e competenti.

Questo momento di pausa forzata è stata comunque una grande opportunità per ognuno di noi, di guardarsi dentro e ridefinire i principali valori, che normalmente guidano i nostri comportamenti. Questo nel migliore dei casi potrà in un futuro farci essere persone migliori.

Questa convivenza forzata può aver fortificato certe unioni, reso più fragili altre, di sicuro ha reso manifesto chi è importante per noi e chi non lo è.

Il trauma può favorire una crescita personale positiva e molte persone una volta passata l’emergenza possono provare un senso di competenza e resilienza migliori.

Quindi stiamoci vicini, con i mezzi che abbiamo a disposizione, e prepariamoci ad una ripresa dove anche la nostra socialità dovrà adattarsi a nuove modalità.

Chissà se i neuroni specchio, che risiedono dentro ognuno di noi e che sono una delle principali risorse per farci sentire in empatia gli uni verso gli altri, non diventino un mezzo elettivo di farci sentire vicini gli uni agli altri.

Autore: Dott.ssa Paola Cervellati, psicologa
Se ti è piaciuto questo articolo puoi seguirci su Facebook:
sulla Pagina Ufficiale di Psicoadvisor o nel nostro gruppo Dentro la PsichePuoi iscriverti alla nostra newsletterPuoi leggere altri miei articoli cliccando su *questa pagina*.