Rispettare il lutto per la morte di un animale domestico

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Psicologa, Tutor scolastico e Tutor specializzato in Disturbi Specifici di Apprendimento.
Illustrazione: Roberto Cigna da tufts.edu

Oggi voglio affrontare un tema che potrà scatenare sensazioni e opinioni contrastanti: le emozioni che accompagnano la morte di un animale domestico. A chi non vive o non ha mai vissuto con un cane, un gatto o un altro piccolo animale, forse quello che dirò in questo mio articolo potrà sembrare “esagerato” o perfino “fuori luogo”, eppure la perdita di un animale che abbiamo accudito e amato è da considerarsi un vero e proprio lutto, anche se alcune persone continuano a rivolgersi, a chi ha subito una simile perdita, con frasi quali: “Ma era solo un animale!”, “Te ne prenderai un altro”, “Per me stai esagerando!”, frasi che arrecano fastidio e dolore a chi ha sta vivendo quella situazione.

Il lutto per la perdita di un animale domestico

Chi ha sperimentato la perdita di un animale prova le sensazioni che accompagnano tutti i lutti: dolore, rabbia, impotenza, tristezza, malinconia, senso di vuoto e di abbandono; tutte emozioni che, anche se possono essere non comprese, devono essere rispettate.

Ovviamente ogni persona reagisce in modo diverso di fronte a tale perdita: tutto dipende, oltre che dall’individualità di ognuno, anche dal periodo e dal modo in cui avviene ciò. Tali differenze derivano dal momento della vita in cui sperimentiamo il lutto: per un bambino, magari, può essere più semplice superare quelle emozioni negative, mentre per una persona anziana per la quale Fido o Micio era l’unica compagnia potrà essere più difficile.

Inoltre se tale perdita ci colpisce in un periodo di forte stress o fragilità, le emozioni che scaturiscono possono essere più intense e difficili da gestire e superare, specialmente quando abbiamo già subito dei lutti di persone care in precedenza.

L’eutanasia del cane o del gatto: una decisione sofferta

Le emozioni che proviamo variano anche dal modo in cui se ne va il nostro amico a quattro zampe, e a tal proposito, voglio parlare del tema dell’eutanasia, argomento difficile e controverso, che può capire fino in fondo solo una persona particolarmente empatica o chi lo ha sperimentato in prima persona: quando, ormai malato e stanco, lo portiamo dal veterinario e lui ci dice che l’unica decisione da prendere è solo una, sopprimerlo affinché non soffra più in quanto la sua vita sta diventando troppo dolorosa.

Ci si sente inermi e troppo responsabilizzati di fronte a quella decisione da prendere: da un lato vorremmo continuare ad averlo vicino a noi, dall’altro ci sentiamo egoisti nel pensare ciò. E quando si arriva a quella difficile opzione si può essere assaliti da rimorsi e sensi di colpa, come afferma anche uno studio condotto negli Stati Uniti che ha dimostrato che il cinquanta per cento di chi ha fatto sopprimere i propri animali ricorrendo all’eutanasia, si sente in colpa.

Prima di prendere quella scelta ci si ripete frasi tipo: “Se lo avessi curato prima forse non sarebbe arrivato a questo punto”; “Se mi fossi accorta prima di quel sintomo lo avrei potuto salvare”. E quando, dopo vari ripensamenti si arriva si decide, ci si sente in colpa per aver scelto di porre fino alla vita di quell’essere così speciale per noi che amavamo, anzi che amiamo, con tutto il cuore.

Il ruolo del veterinario nel validare la nostra decisione

Un supporto importante in questo caso è quello dato dal veterinario al quale ci rivolgiamo: è essenziale che comprenda i nostri dubbi ed il nostro dolore, anche, perché, quando si decide di far sopprimere il nostro animale, è lui che ci consiglia per la decisione migliore da prendere per non farlo soffrire troppo. Uno studio, in tal senso, ha messo in evidenza che il quaranta per cento delle persone che cambiano veterinario lo fa proprio per motivi legati all’eutanasia.

In casa senza il nostro “amico peloso”

Dopo che un nostro “amico peloso” ci lascia, un altro momento difficile è il tornare a casa senza di lui/lei: non c’è più nessuno che ci corre incontro dopo il lavoro, non c’è più l’ora della passeggiata insieme, non c’è quella quel muso vicino a noi nei momenti di tristezza.

Si entra in casa e si vede la sua cuccia vuota, la ciotola senza più cibo, il guinzaglio arrotolato su una sedia, il suo gioco preferito in un angolo e non si sente più il suo abbaiare o miagolio quando rientriamo in casa. Di fronte a questo le persone scelgono tra due alternative: chi preferisce conservare tutto del loro cane o gatto, riponendo i suoi giochi e i suoi oggetti in una scatola, e chi, invece, non riesce più a guardarli e quindi decide di disfarsene perché troppo doloroso.

A prescindere della decisione presa, dopo un po’ di tempo c’è chi decide di prendere con sé un altro animale, chi invece non riesce a fare ciò, perché nessuno potrà sostituire il precedente. Chi sceglie per la prima opzione lo fa perché ha bisogno di dare amore ad un’altra creatura, sente la necessità di condividere la propria quotidianità con un cane o gatto; e, magari, nella maggior parte dei casi, si sceglie di adottare un animale da un canile o da un rifugio. Ovviamente, nel fare ciò, non si sostituirà mai il precedente ma, in qualche modo, si attutisce il dolore.

Alcune persone, al contrario, non riusciranno ad accudire un altro animale, o almeno non in un periodo breve di tempo, perché con il precedente c’era una relazione speciale, un feeling particolare, e, prendendo in casa un altro cane o gatto, si sente di “tradire” in qualche modo chi non c’è più.

Il diritto di soffrire per la morte di un animale domestico

Al di là del modo in cui ci lascia il nostro amico a quattro zampe e al di là delle decisioni che prendiamo dopo la sua scomparsa, quel che è certo è che è un momento doloroso per chi lo sperimenta che, come qualsiasi lutto, ognuno supererà a suo modo e a suo tempo. E, come ho già scritto all’inizio, sono emozioni difficili da comprendere da chi non lo ha vissuto o da chi non ha mai avuto un rapporto speciale con un cane o un gatto, ma, almeno che non si dica: “Tutto questo solo per un animale!”.