Capita, in un giorno qualunque, in un momento qualunque, uno scoppio improvviso. Un insieme di reazioni psicofisiologiche di completa perdita di controllo. Ci si sente disintegrati, il nostro essere va in frantumi. La realtà si rovescia, siamo vulnerabili, soli, in balia delle onde che ci tirano a fondo mozzandoci il respiro. E’ la paura di morire.
L’attacco di panico è un evento devastante, spesso, i pazienti mi contattano attraverso messaggi oppure sono i parenti a chiedere aiuto, una sorta di pronto soccorso mentale, un farmaco cognitivo per placare i sintomi. “Mi aiuti, sto morendo” “il cuore è impazzito” “non respiro” sono solo alcune, delle frasi che mi dicono.
CONOSCERE IL DISTURBO: IL PRIMO PASSO VERSO UNA BUONA GESTIONE
Il primo passo da fare è avere ben chiara la dinamica del disturbo, inquadrarlo, definirlo e contestualizzarlo. Sembra difficile, ma non lo è!
Il procedimento è lo stesso dei sintomi influenzali: ci sentiamo stanchi, mal di gola, raffreddore, brividi di freddo. Cosa facciamo? Prendiamo la temperatura, assumiamo un antipiretico, un po’ di antibiotico e ci mettiamo a letto.
Con l’attacco di panico la confusione prende il sopravvento, tanto da scambiare la tachicardia per infarto. Ma la tachicardia, non arriva anche con l’innamoramento? Il nostro cuore batte sempre, giorno e notte … ma noi, lo avvertiamo solo durante la crisi di panico quasi fosse un corpo estraneo. Seguendo un discorso clinico, iniziamo col definire il disturbo e distinguerlo dagli altri.
Secondo il DSM IV nel disturbo d’ansia rientra:
- Disturbo di panico senza agorafobia;
- Disturbo di panico con agorafobia;
- Agorafobia senza anamnesi di disturbo di panico;
- Fobia specifica, fobia sociale;
- Disturbo ossessivo-compulsivo;
- Disturbo post-traumatico da stress;
- Disturbo acuto da stress;
- Disturbo d’ansia generalizzato;
- Disturbo d’ansia dovuto ad una condizione medica generale;
- Disturbo d’ansia indotto da sostanze;
- Disturbo d’ansia non altrimenti specificato
Ansia e panico sono usati erroneamente come sinonimi, ma non lo sono affatto. L’attacco di panico è un “sintomo” del disturbo d’ansia preesistente, che ci portiamo dietro nella nostra struttura Funzionale per esperienze non attraversate nel modo giusto, per non essere stati contenuti e protetti o, per essere cresciuti in un ambiente estremamente controllato, ad esempio.
Riprendendo l’analogia con l’influenza, diciamo che, l’attacco di panico è come la febbre, l’ansia è come l’infiammazione alla gola. Per cui, il panico è la conseguenza di un disturbo d’ansia già esistente, cosi come la febbre è sintomo di infiammazione.
Non è un male che arriva da un momento all’altro, non è una maledizione e nemmeno un cancro che ci porterà alla morte. L’attacco di panico è un campanello che ci sveglia da un malessere pregresso e silente.
RADIOGRAFIA DEL NOSTRO SE’
Non siamo solo testa, non esiste nessuna piramide del nostro essere con alla punta il cervello. Noi siamo fatti di testa e corpo, imprescindibilmente.
Secondo il modello Funzionale, la radiografia del nostro sé è cosi costituita:
- COGNITIVO
Rappresenta i nostri pensieri, le idee, i valori e tutto ciò che è mentale;
- EMOTIVO
È il piano delle emozioni, paura, gioia, tristezza, ossia, il nostro essere viscerale;
- FISIOLOGICO
Il sistema fisiologico, il nostro motore organico fatto di cuore, stomaco e tutti gli altri pezzetti che ci tengono in vita;
- POSTURALE
La parte fisica, ciò che si vede. Muscoli, ossa, postura, sguardo.
Nell’ansia, queste aree assumono una caratteristica configurazione, come delle cellule che cambiano assetto per formarne uno nuovo. Vediamoli insieme:
COGNITIVO
- Tempo dilatato
- Ricordi confusi
- Fantasie negative
- Razionale agitati
- Progettualità ristretta, a breve raggio temporale e di azione
EMOTIVO
- Allarme, agitazione
- Preoccupazioni
- Indecisioni
FISIOLOGICO
- Sensazioni alterate, paurose, agitate
- Respiro alto nel torace
- Attivazione fisiologica
POSTURALE
- Movimenti agitati
- Posture tese
Nell’attacco di panico, questi parametri si esasperano in breve tempo.
ATTACCO DI PANICO, COSA FARE
“Ieri ho avuto tutto il giorno l’attacco di panico” frase frequente, ma non è possibile avere un attacco di panico di 24 ore, o per 10 giorni di fila! La differenza sostanziale è proprio questa: il tempo. L’attacco dura dai 5 ai 20 minuti, in rari casi 60 minuti.
1) FERMARSI
“Sono agitato e per questo, mi agito”. Quando l’attacco arriva in un luogo chiuso (ufficio, casa etc.) la persona inizia ad agitarsi, si muove, va su e giù come un animale in gabbia, si sente esplodere e vuole scappare al riparo. In tal modo, i sintomi aumentano. Il battito cardiaco, la sudorazione, la muscolatura tesa, gli occhi sbarrati, entrano in circolo vizioso. Bisogna fermarsi per non creare ulteriore accelerazione, quindi NO al movimento agitato.
2) ALLENTARE
La muscolatura si irrigidisce, la paura tiene l’organismo teso pronto all’attacco, conseguenza dell’afflusso di sangue ai tessuti. Proviamo ad irrigidire ancora di più la muscolatura, a partire dalla testa fino ai piedi, dopo qualche secondo molliamo completamente. L’esercizio va ripetuto più e più volte, irrigidire e allentare.
3) RESPIRARE
Il diaframma è un muscolo ed in quanto tale si irrigidisce durante l’attacco, non permettendo all’organismo di prendere ossigeno a sufficienza, il torace non riesce in questo compito. La conseguenza è il respiro mozzato nel petto. Facciamo delle smorfiette con il viso, smuovere i muscoli facciali promuove lo sbadiglio e quindi, l’allentamento diaframmatico.
4) PRENDERE SPAZIO
Durante la crisi il corpo tende alla chiusura, le spalle oltre ad essere in su vanno verso l’interno, la schiena si curva andando in posizione fetale. Chiaramente, il diaframma riceve il peso del corpo e fa fatica ad allargarsi. Teniamo la schiena dritta, muoviamo le mani come a suonare il piano, muoviamo i piedi e poi stiracchiamoci, allunghiamo i muscoli fino in fondo, aprendo le braccia, alzandole su come a svegliarci da un lungo sonno.
5) CONDIVIDERE FUNZIONALMENTE
La paura, la confusione e l’agitazione ci portano alla richiesta estrema d’aiuto. Con il tempo chi ci sta intorno subisce il peso, rimandandoci la sensazione di disabilità. Siamo dipendenti e incompresi. Presi da questi sentimenti di sconfitta, cerchiamo la condivisione con altri simili a noi, perlopiù attraverso l’uso del web. La condivisione deve “dividere” l’esperienza, non amplificarla! Il confronto dev’essere fatto in maniera corretta, inutile unirsi in un piagnisteo collettivo che moltiplica i sintomi e le sconfitte.
Appoggiarsi in maniera Funzionale significa scegliere bene, NO al “fai da te”, NO al “ce la faremo”. Rivolgiamoci piuttosto all’amica simpatica che ci racconta cose divertenti, rivolgiamoci a chi ci riporta nella realtà. Rivolgiamoci al terapeuta concreto e presente anche nei momenti di “pronto intervento”. Abbiamo bisogno di contatto reale, chiudiamo il computer.
6) PENSIERI ED EMOZIONI
I pensieri diventano allarmanti, le emozioni sono perlopiù di angoscia, paura, fragilità. Anche qui scatta il circolo vizioso di auto-alimentazione. La paura di provare paura, aumenta la paura. Non blocchiamoci nei pensieri o nelle emozioni, durante l’attacco di panico è il corpo che comunica ed è sul corpo che dobbiamo agire.
7) ASPETTARE
Come abbiamo visto, l’attacco di panico ha un’insorgenza improvvisa e una durata limitata. Una linea che parte dal basso, si alza arrivando al picco per poi riscendere. Aspettiamo che passi la “tempesta”, sapendo che ci sarà un picco alto di sintomi e una discesa graduale che ci riporterà allo stato iniziale.
Ascoltare i sintomi e contestualizzarli, aumenta la consapevolezza di se stessi e del proprio modo di funzionare. Non possiamo gestire nulla, senza avere conoscenza……..APRIAMOCI!
A cura della Dott.sa Sabrina Rodogno, psicoterapeuta
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