10 effetti psicologici delle sofferenze familiari

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Quando cresci in una famiglia disfunzionale vieni letteralmente abbandonato a te stesso anche se all’apparenza non lo sei: di facciata hai alle spalle una famiglia, solo che all’interno di quel sistema familiare nessuno si interessa davvero a te, facendoti sentire messo da parte o addirittura, di peso. È molto triste ma è così, a quell’epoca, i gesti d’amore di mamma e papà mancavano di concretezza, erano solo fittizi, ma il bisogno di accettazione e di stima che nutrivi da bambino, quello sì che era reale e nessuno mai ha neanche lontanamente provato a considerarlo.

Cresciamo in bilico, in perenne lotta tra ciò che intimamente vorremmo essere e ciò che “dobbiamo diventare” per soddisfare finalmente quel bisogno di stima e accettazione ancestrale, alla fine quello stesso bisogno ci induce a rinunciare a noi stessi per soddisfare le aspettative genitoriali, e che ne resta di noi? Solo l’ombra. Un’ombra che negli anni a seguire finirà per vivere una vita che, ancora una volta, solo all’apparenza è nostra ma che di certo non abbiamo scelto noi: una vita piena di contraddizioni che sono il frutto di quella lotta intima. Questa lotta inconsapevole ci induce ad adottare una serie di comportamenti disfunzionali. Se ti riconosci, almeno in parte, nell’elenco che segue, allora anche tu sei cresciuto in una famiglia disfunzionale portandoti enormi ferite dentro.

Standard elevati e perfezionismo

I bambini che hanno dovuto competere con fratelli/sorelle più amate o comunque lottare per ricevere attenzioni, magari perché cresciuti con un genitore negligente o semplicemente troppo distratto da altro, hanno imparato a impegnarsi sempre al 100% e, al contempo, a non sentirsi mai abbastanza perché, quando erano piccini, nonostante i loro sforzi, quel riconoscimento tanto agognato non arrivava mai.

La procrastinazione: «lo farò quando mi sentirò pronto»

Da adulti, la tendenza al perfezionismo ha molti effetti collaterali, in primis apre le porte alla procrastinazione, il meccanismo che emerge alla mente è questo: non agisco perché non mi sento mai “abbastanza” pronto e quindi rimando, rifiuto inviti e mi perdo molte opportunità! Il problema è che se non risaniamo a monte quella ferita, non ci sentiremo mai “abbastanza pronti”, nonostante le tante abilità accumulate, nonostante la bravura, i meriti o gli sforzi.

Anche le scadenze di lavoro sono vissute come qualcosa di nefasto, ci si riduce all’ultimo minuto per non dover affrontare l’inevitabile.

Bisogno di controllo

Anche questo bisogno rimanda, in qualche modo, al perfezionismo. Se detesti le sorprese e ogni imprevisto è un colpo al cuore, sappi che il tuo bisogno di prevedibilità ha radici molto antiche. Più grandi sono le ferite che ti porti dentro, più grande sarà il bisogno di controllo e di perfezione che percepisci da fuori.

Il desiderio di «voler fare tutto bene» logora la mente e sottrae gioia di vivere. Inizia a concederti una PAUSA dai tuoi standard, inizia fare un passo indietro: permettiti di sbagliare, di essere fuori posto, di lasciarti andare alle sbavature e, nel mentre, impara ad accogliere te stesse e le emozioni che emergono, come nessuno prima d’ora ha fatto mai.

Concediamoci, finalmente, del tempo per conoscerci davvero, per guardarci dentro, per guarire le nostre ferite, perché è sempre così: più grandi sono le ferite che ci portiamo dentro, più grande sarà il bisogno di controllo e perfezione che percepiamo fuori!

Rimanere in una relazione oltre la sua data di scadenza oppure saltare da una relazione all’altra

Gli adulti che sono stati bambini costantemente invalidati, oppressi o cresciuti all’ombra di un genitore ingombrante, ipercontrollate o troppo protettivo,  maturano l’idea che hanno bisogno di qualcuno accanto per affrontare il mondo, perché hanno intimamente appreso che da soli non ne sarebbero capaci. Così, questi adulti, finisco per saltare da una relazione all’altra o peggio, rimanere nella stessa relazione anche se questa è logorante e insoddisfacente.

Guarda alla tua vita sentimentale, porti avanti storie in cui ti senti solo e incompreso? Oppure hai bisogno di un nuovo amore per poterti “sganciare” dal vecchio? Alcune persone, non riuscendo a stare da sole, non attraversano mai periodi di transizione da single, ma passano da una storia all’altra. I rari periodi di “singletudine” sono vissuti come angosciosi. Tutto questo è la sintesi di un apprendimento del tutto errato. Da bambino, ti hanno insegnato che non puoi affrontare il mondo da solo, ma oggi è arrivato finalmente il momento di scoprire (e vivere, per te stesso) che non è affatto così!

Mantenere una forte distanza con gli altri

Se alcuni bambini apprendono che non possono farcela da soli e che devono necessariamente accanto a qualcuno che li completi, altri apprendono semplicemente che le persone sono imprevedibili, pericolose e che è bene mantenere una distanza abissale di sicurezza. Non si tratta di due o tre passi, non si tratta di una sana distanza per scandire i propri confini e la propria identità. No, queste persone mettono così tanta distanza dagli altri da finire per sentirsi diversi da tutti e perennemente incompleti.

Sono i cosiddetti “controdipendenti”, coloro che non riescono a stringere legami affettivi perché pensano che questo significhi “dipendere da qualcuno”. In realtà, amare e lasciarsi amare non ha niente a che fare con la dipendenza. Nell’amore e nella coppia, non ci sono di due individui che fondendosi perdono la propria identità individuale, bensì ci sono due individui che incontrandosi si arricchiscono vicendevolmente, mantenendo integre e distinte le rispettive identità!

Alimentazione disordinata

Esiste una forte correlazione tra neglet (trascuratezza emotiva vissuta nell’infanzia) e disturbi alimentari.

Tristezza o rabbia persistente

La rabbia e la tristezza dovrebbero essere stati passeggeri, transitori, legati a un singolo episodio. Chi si porta enormi ferite interiori, senza mai concedersi la possibilità di elaborarle, finisce per cronicizzare queste sensazioni così da vivere con una costante tristezza di sottofondo. Anche la rabbia può cronicizzarsi, la persona finisce per scattare per un nonnulla, rendendo la vita difficile anche a chi le sta accanto.

Sensibilità al rifiuto: è permaloso

Chi è cresciuto con un genitore rifiutante, trema all’idea di rivivere quel trauma. Legge segnali di rifiuto lì dove non ci sono (nel vero senso della parola! Gli studi hanno dimostrato che alcune persone arrivano a interpretare espressioni facciali neutre come espressioni di disappunto!) e vive con una costante pressione addosso.

Se anche tu sei molto sensibile alle critiche, ai giudizi e ai rifiuti, sappi che chi hai di fronte non è tua madre o tuo padre e soprattutto, tu oggi non sei un bambino inerme, ormai sei adulto e hai le spalle larghe per incassare qualsiasi rifiuto! Puoi essere rifiutabile, puoi non piacere e andrai bene così!

Sentirsi non considerati

Essere esclusi dalle conversazioni, sentire che la propria opinione non conta nulla e, più in generale, sentirsi l’ultima ruota del carro, è una costante per i bambini non amati. Queste esperienze vengono vissute in modo amplificato, a tutti capita di non essere invitati a una festa o di essere emarginati in un particolare periodo della propria vita… ma chi ha subito un trauma familiare, in questo senso di esclusione, rivive il senso di solitudine che è stato costretto a sopportare da bambino, nella sua famiglia di origine.

Immagine di sé compromessa

Chi è cresciuto in un ambiente malsano, non ha potuto sviluppare una sana immagine di sé. Il risultato? Sentimenti di vergogna, sensi di colpa, senso di non valere e perenne sensazione di dover dimostrare qualcosa a se stesso. Invalidazione dopo invalidazione, quell’esile immagine di sé è finita per non essere abbastanza neanche per se stessi. A tutto questo, si aggiunge poi la difficoltà a comprendere profondamente le emozioni che si provano e a esprimerle senza sentirsi disapprovati, respinti o addirittura ridicolizzati.

Allora cosa fare?

Se ti sei rivisto in alcuni di questi punti, probabilmente ti starai chiedendo: cosa fare? Certo, puntare il dito contro i genitori e vivere perennemente arrabbiati non è la cosa giusta. Anche lasciarsi sopraffare dal rancore e dalla nostalgia per ciò che poteva essere ma non è stato non è la via. Allora come muoversi? Vivere intrappolati in cicatrici del passato significa rinunciare per l’ennesima volta a se stessi, e tu una possibilità di riscatto la meriti. E per afferrarla non basta la forza di volontà. Il motivo?

Prova un po’ a svitare un bullone senza l’attrezzo giusto, a mani nude. Puoi essere caparbio, assennato, determinato… ma senza la chiave giusta otterrai solo mani dolenti e dita sanguinanti. Ecco perché circa un anno fa ho deciso di scrivere un libro, per fornirti tutti quegli strumenti utili per concederti la possibilità di costruirti la realtà che meriti. Il libro in questione s’intitola «Riscrivi le Pagine della Tua Vita», ed è il più consigliato dagli psicologi. Lo trovi su Amazon,  a questo indirizzo o in tutte le librerie (edito da Rizzoli). Fidati di me, la forza di volontà ce l’hai e hai anche tanta determinazione, non dubitare mai di questo. Prima ho omesso una cosa: chi è cresciuto in una famiglia malsana ha una grande sete di riscatto! E va bene così. Sfruttala per rimettere al mondo te stesso, perché sì, si nasce due volte, la prima quando vieni al mondo ed è scandita dai tuoi genitori, la seconda è quando decidi di volerti bene e affermare finalmente la tua identità.

Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
Autore del libro bestseller “Riscrivi le pagine della tua vita” – Rizzoli
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