L’amore è una dipendenza?

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Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, dottore di Ricerca in Neuropsicologia ed esperta in Mindfulness.

Da sempre l’uomo soffre per amore, si sente “dipendente” dall’amato e vive i sintomi dell’innamoramento come una sorta di “piacevole follia”. La letteratura degli ultimi decenni ha inoltre sempre più evidenziato come esista una chiara analogia tra le caratteristiche cognitive, comportamentali e biochimiche dell’innamoramento e quelle che caratterizzano la dipendenza da sostanze (Insel, 2003; Fisher et al., 2010; Burkett e Young, 2012).

Tuttavia esiste una chiara e fondamentale differenza tra queste due condizioni: quasi tutti desideriamo innamorarci e sperimentare il vissuto dell’innamoramento, ma nessuno di noi desidera sviluppare una dipendenza da sostanze!

Dunque occorre stabilire dei parametri finalizzati a distinguere quando una relazione romantica debba essere considerata una dipendenza patologica e quando invece non lo è. In letteratura esiste una sorta di “doppia” visione della dipendenza affettiva:

Una visione “ristretta” che considera come dipendenza affettiva solamente le forme tossiche e pericolose di relazione;

Una visione più “larga”, che considera anche le forme basiche di attaccamento sociale come poste lungo uno spettro continuo di potenziali forme di dipendenza, essendo accomunate da processi chimici sottostanti del tutto simili.

Tre parametri di fondamentale importanza nella decisione di considerare una relazione di attaccamento alla stregua di una dipendenza patologica o no, sono certamente la presenza di PERICOLO e l’IMPATTO NEGATIVO SUL BENESSERE E SULLA QUALITÀ DI VITA della persona coinvolta.

Ma procediamo con ordine, e iniziamo a conoscere cosa ci mostra la ricerca sull’innamoramento, dal punto di vista delle sue caratteristiche cognitive, comportamentali e biochimiche.

L’INNAMORAMENTO COME UNA DIPENDENZA “NATURALE”

Gli studi mostrano che, durante l’innamoramento, si attivano dei pattern comportamentali e cognitivi caratteristici delle dipendenze da sostanza (Fisher et al., 2010):

1) Creazione e rafforzamento del legame attraverso il piacere intenso che caratterizza le prime fasi dell’innamoramento: maggiore il piacere, più intenso il legame

2) Euforia

3) Compulsiva ricerca del contatto con l’altro

4) Costante ed ossessivo pensare all’altro

5) Attenzione focalizzata sul partner e tutto ciò che lo riguarda

6) Distorsione della realtà

7) Dipendenza fisica ed emotiva dall’altro

8) Perdita di controllo

9) Comportamenti insoliti e rischiosi

10) Cambiamenti nella personalità

Inoltre, i cambiamenti biochimici che hanno luogo durante l’innamoramento, e che coinvolgono neurotrasmettitori come ossitocina (una sorta di “collante naturale” nelle relazioni di attaccamento) e dopamina (principale neurotrasmettitore coinvolto nel circuito cerebrale del piacere e della ricompensa), stabiliscono e rafforzano il legame di dipendenza, proprio come accade nelle dipendenze da sostanza.

Le similitudini sono tali che alcuni autori (Young et al, 2012) hanno ipotizzato l’attaccamento sociale come una vera e propria forma di dipendenza (addiction) “…dove il soggetto diventa dipendente da un altro individuo e dai segnali che predicono una ricompensa sociale”.

La questione dunque si pone in questi termini: è l’amore sempre e comunque una forma di dipendenza, oppure lo è solamente nel caso di relazioni particolarmente tossiche e disfunzionali?

LA VISIONE “RISTRETTA”: LA DIPENDENZA AFFETTIVA COME RISULTATO DI PROCESSI CEREBRALI ALTERATI

La dipendenza dovrebbe essere considerata come “Uno spettro di motivazioni che origina dall’applicazione ripetuta di ogni tipo di ricompensa: da droghe, da gioco d’azzardo, da cibo e da sesso” (Foddy e Savulescu, 2006, 2010, 2011). La motivazione appetitiva che ne deriva ha dunque una base evoluzionistica legata alla sopravvivenza: infatti spinge l’individuo a ripetere un comportamento che provoca piacere e ricompensa, finalizzato alla sopravvivenza (vedi la riproduzione o il nutrirsi).

Il problema tuttavia si pone quando questi comportamenti nella realtà portano a conseguenze disfunzionali e pericolose (droghe, sesso, cibo e relazioni tossiche). La visione attualmente predominante in letteratura, considera le droghe come in grado di elicitare una dipendenza attraverso la graduale creazione di pattern di funzionamento biochimico innaturali ed abnormi, naturalmente non presenti in natura e non presenti nel cervello di persone che non soffrono di dipendenza.

Questi pattern alterati sono caratterizzati da una sorta di “abituazione” al piacere che deriva dal consumo di una sostanza, per cui se ne rendono necessarie una quantità sempre maggiore ed un uso più frequente al fine di raggiungere lo stesso piacere e la stessa soddisfazione. Si tratta di aberrazioni neurochimiche che rendono il mangiare, il fare sesso e le relazioni sentimentali tanto potenti alla stregua di una droga.

Questa visione considera come “dipendenza” solamente quella indotta dalla presenza di pattern di ricompensa aberranti ed alterati.

Sulla base di queste considerazioni si può comprendere la dipendenza affettiva come una vera e propria dipendenza solamente se intervengono pattern di funzionamento cerebrale anormali e conseguenti comportamenti estremi e maladattivi, che compromettono il sano e normale funzionamento sociale, lavorativo ed interpersonale della persona.

In tali casi si parla appunto di amore tossico, malato o distruttivo. Sono i casi in cui prevalgono aspetti ossessivi, comportamenti compulsivi di continua ricerca di contatto che interferiscono con il normale svolgimento delle attività quotidiane e sono finalizzati a raggiungere una rassicurazione momentanea o una sensazione di appagamento o intenso piacere, che permettano di mettere a tacere nell’immediato angoscia e sensazioni dolorose di vuoto e paura.

Un’altra distinzione a opera di Sussman considera la differenza tra amore maturo e amore immaturo, laddove solamente il secondo è associato alla dipendenza affettiva, essendo caratterizzato da giochi di potere nella relazione, ossessiva preoccupazione sulla fedeltà del partner, sentimenti intensi di insicurezza, paura ed ansia, relazione invischiata e assorbente. In questi casi, la fine di una relazione si associa a disperazione, senso profondo di solitudine ed incapacità di essere consolati, depressione.

A cura di Annalisa Barbier, psicoterapeuta
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