Uno dei lavori principali che lo psicologo svolge coi propri pazienti é quello di andare insieme a ricercare i motivi che spingono a mangiare, spesso addirittura ad abbuffarsi in maniera incontrollata.
Spesso le persone sono fortemente motivate e desiderose di dimagrire, ma poi sono loro stesse a mettersi i “bastoni fra le ruote” mangiando in maniera compulsiva, proprio nel mezzo di una dieta. Questi “attacchi” spesso sono inaspettati, a volte arrivano proprio quando si stava pensando di mangiare qualcosa di leggero, quando ci si sentiva tranquilli fino a poco prima.
Questo fenomeno viene chiamato “Fame emotiva”, proprio perché viene scatenata non da motivi fisiologici (come dovrebbe essere), ma psicologici e spesso é la ragione per cui il 95% delle diete fallisce.
Riconoscere fra questo elenco la motivazione che sentiamo più nostra può essere un primo passo per risolvere il problema
La difficoltà sta però nel riuscire a collegare la motivazione con la reazione di fame emotiva poiché questa non è immediata, la cioé non avviene mai nel momento stesso in cui si manifesta il disagio, anzi questo spesso viene covato per giorni, ecco perché l’aiuto di uno specialista può essere di grande aiuto per rielaborare queste dinamiche.
1.Il cibo per alleviare il dolore causato dalle emozioni. In questo caso la fame si manifesta con l’emergere di rabbia, depressione, ansia, noia o solitudine.
2. Il cibo come strumento di difesa. Se si reagisce con la fame quando gli altri discutono con noi, approfittano di noi, ci sminuiscono o ci danno per scontati, per evitare il confronto diretto ci si butta sul cibo.
3. Il cibo come unico amico fedele. Se si ha bisogno di mangiare quando si avverte tensione nelle relazioni strette, ci si sazia per evitare di sentire il dolore del rifiuto o la rabbia.
4. La masticazione come sfogo per non sentire le autocritiche verso noi stessi. Se si tende a diventare ipercritici nei confronti di se stessi, se ci si etichetta da soli come “stupidi”, “pigri” o “perdenti”, ci si rimpinza per soffocare l’odio di sé.
5. Il cibo come sostituto di relazioni intime soddisfacenti. “Non ho l’amore, però ho il cibo”. Se la fame si attiva perché le nostre relazioni intime non soddisfano alcune necessità di base come la fiducia e la sicurezza, si utilizza il cibo per cercare di colmare il divario.
6. Il cibo non può riempire i vuoti del passato. Se ci si sazia per compensare le privazioni vissute nell’infanzia, per dimenticare il passato.
7. Il cibo per affermare la propria indipendenza. Se si vuole affermare la propria indipendenza perché non si vuole che nessuno ci dica cosa fare, si usa il cibo come forma di ribellione.
8. Il cibo per proteggersi dalla paura di un fallimento. Se l’appetito entra in gioco quando si è di fronte a nuove sfide e si utilizza cibo per evitare l’aumento della posta in gioco.
9. Il cibo come scudo dagli altri. “All’amore preferisco il cioccolato”. Ci si può abbuffare per evitare di affrontare la sessualità, rimanendo sovrappeso in modo da non essere o sentirsi desiderati, oppure per evitare l’intimità, quindi si mangia per impedire ad altri di avvicinarsi troppo.
10. Il cibo per “combattere” contro il proprio corpo. “Uso il mio corpo come un campo di battaglia”. Alcuni mangiatori emotivi assumono cibo per ripagare chi ha fatto loro del male, spesso in un lontano passato. Usano i loro corpi come campi di battaglia per elaborare antichi rancori. In questo caso, ci si abbuffa per vendicarsi o per controllare la rabbia.
Scritto da Cristina Uccelli, psicologa
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