Psicologi e psicoterapeuti studiano le strutture relazionali da diversi punti di vista, in particolare, nella coppia: analizzano gli stili di attaccamento, le collusioni, le ferite infantili, gli stili comunicativi ed eventuali arresti dello sviluppo psicoaffettivo. Un altro modo per guardare alla coppia verte sull’analisi dell’equilibrio dei confini e al modo in cui i partner si supportano (o non si supportano!) a vicenda. In una coppia supportiva, entrambi i partner si sentono presi in considerazione dall’altro, validati in ciò che sentono e che pensano e soprattutto liberi di esprimere se stessi… ma arriviamoci gradualmente. In questo articolo, ti mostrerò tre casistiche -molto comuni- in cui esistono squilibri che causano malesseri nel legame. Prima ancora, però, è necessaria una premessa sui confini.
I confini interpersonali
Nel linguaggio comune un confine definisce e separa due aree: sconfinare equivale a invadere. Da un punto di vista psicologico, violare un confine è sinonimo di abuso. Nel relazionarci con il prossimo (che siano genitori, amici, colleghi, partner o semplici conoscenti) impostiamo automaticamente i nostri confini: linee invisibili che separano noi dagli altri. I confini, al contempo, separano e uniscono, ci differenziano dall’altro ma fanno trovare uguaglianze, similitudini e appartenenza.
Queste linee, anche se non si vedono, sono estremamente utili: garantiscono protezione, aiutano a mantenere un senso di identità, forniscono spazio personale, regolano aspettative, scambi e rispetto reciproco. I confini, dunque, aiutano a mantenere integra la nostra identità , definiscono ciò che ci aspettiamo dagli altri, cosa possiamo tollerare e cosa, invece, riteniamo inaccettabile, garantiscono il rispetto di diritti fondamentali e regolano la reciprocità nei rapporti che instauriamo con gli altri.
Esistono confini esterni ed interni. Se i confini interni regolano la relazione in modo diretto, i confini interni definiscono la nostra identità e hanno un impatto sulle nostre emozioni. I confini interni sono quelli che ci fanno capire la differenza tra un problema nostro e il problema di un altro, tra una responsabilità che appartiene a noi e tra quella che appartiene all’altro… Non solo, i confini rendono ben chiara la differenza tra i nostri gusti e le nostre idee e quelle degli altri. In teoria sembrano cose scontante ma nella pratica quotidiana non lo sono affatto. Pensaci un attimo: quante volte ti sei sentito in colpa o responsabile per qualcosa che in realtà non dipendeva da te? In queste circostanze, un sano confine è venuto a mancare. Ma adesso torniamo ai tre stili della coppia.
Modello #1: «Due fanno uno»
Fabiana e Sara stanno insieme da anni. Sara non è soddisfatta del lavoro che svolge e non trova sollievo neanche nella vita extralavorativa perché a causa di traumi passati non riesce a mantenere legami amicali: si sente costantemente braccata dagli altri e alla fine allontana tutti. Nella coppia ha spesso scatti d’ira molto dannosi. La compagna ne risente ma resiste, Fabiana è molto accondiscendente, disponibile e incline alla depressione, spesso si chiude in se stessa e non vuole uscire di casa. A ogni battuta d’arresto, Sara aiuta Fabiana a mettersi in sesto. Entrambe si supportano ma, al contempo, si danneggiano. Gli scatti d’ira di Sara fanno a pezzi l’autostima di Fabiana e l’accondiscendenza di Fabiana non aiuta Sara ad assumersi le sue responsabilità.
Nonostante ognuno faccia del suo meglio, la vita di coppia è ricca di alti e bassi, con crisi tutt’altro che occasionali. Le coppie come Sara e Fabiana sono quasi simbiotiche, non conoscono confini: i malesseri di Sara divengono di Fabiana e viceversa. Le due unità di coppia, anche se diverse, sono fuse (due fanno uno). La coppia, in questi casi, è spesso isolata dal resto del mondo, è chiusa e sviluppa una posizione “noi contro il mondo”.
I partner riescono ad andare avanti esclusivamente grazie al sostegno che ricevono dall’altro, il che può sembrare dolcissimo ma è autolimitante. Certo, Fabiana e Sara insieme sono in grado di gestire molte tempeste emotive ma spesso ne sono anche vittime. La relazione è equilibrata ma manca un equilibrio interiore perché nella coppia l’amore si coniuga così:
- Io amo te
- Io non amo me
- Tu ami me
- Tu non ami te
E questa declinazione è pericolosissima perché qualsiasi cambiamento sarebbe catastrofico. Se uno dei partner dovesse decidere di lasciare l’altro, lo farebbe a pezzi più di quanto capiterebbe in una relazione supportiva dai confini sani. Immagina semplicemente una scena in cui una persona è appoggiata all’altra: se l’altra si allontana o cade, cadono entrambi. L’amore non dovrebbe funzionare così.
Modello #2: «nella coppia esiste solo uno»
Se nell’esempio di prima vi era un equilibrio -anche se non vi erano confini sani-, in questo esempio, non solo non ci sono confini sani ma la relazione è completamente sbilanciata. C’è un che dà e l’altro che riceve. Una persona che fa tutto il lavoro e l’altro che si adagia. Anche dall’esterno la coppia appare squilibrata: sembra che ci sia «uno forte» che traina e «uno debole» che viene trainato. In realtà, quello «forte» spesso non da modo a quello «debole» di assumersi le proprie responsabilità e agire in modo assertivo.
Da un lato c’è la reattività e dall’altro la passività. Al contrario della coppia precedente, questa non è socialmente isolata, anzi, spesso la coppia può trovare benessere attraverso il sostegno di amici. Una coppia del genere può prendere due connotazioni, che possono tradursi così: «sono felice che tu sia felice» (un partner fa di tutto per il bene dell’altro, si sostituisce a lui in tutte le responsabilità pur di alleggerirlo e farlo sentire protetto), oppure «io sono il capo» (un partner sente il bisogno di gestire la vita altrui per affermare il suo potere). Gli scenari sono molto diversi, nel primo il partner si sente amato e protetto e nel secondo si sente costantemente svalutato e sminuito, tuttavia la coppia è ugualmente sbilanciata.
Modello #3: «tu sei tu e io sono io»
Come nel caso precedente, anche qui non c’è “nessuna addizione”. Nel primo caso i confini erano inesistenti ma c’era equilibrio. Nelle due declinazioni del secondo modello, la coppia era sbilanciata e solo una persona agiva per entrambi, non vi erano confini ne’ equilibrio. In questa terza casistica c’è equilibrio ma ci sono problemi di confini che appaiono abissali, enormi, come se i partner non fossero davvero uniti.
Il rapporto è equilibrato ed entrambi i partner camminano con le proprie gambe, sono autonomi… ma manca interdipendenza. C’è una distanza emotiva tra i due, non c’è senso di appartenenza ne’ profondità nell’unione. Dall’esterno la coppia sembra funzionare bene: non ci sono crisi ne’ drammi, nessuno si sente spinto a salvare l’altro. Lo scenario è più da coinquilini che non da amanti conviventi.
Certo, questo tipo di confine ha il vantaggio di dare stabilità ma il rischio di focalizzarsi su altro è elevato. Per esempio, se arrivano i figli, i partner potrebbero essere focalizzati solo su di loro, oppure un partner potrebbe essere focalizzato completamente sulla carriera, sull’amore per il volontariato o l’accudimento di cani randagi (nelle casistiche più comuni).
Modello #4: «uno + uno = tre»
Eccoci arrivati al modello in cui i confini sono sani e c’è un buon equilibrio. Qui entrambi i partner presentano una buona stabilità emotiva e non devono fondersi con l’altro per gestire le proprie emozioni. I partner lottano insieme, si supportano l’uno con l’altra, c’è un sottofondo di «sono felice se tu sei felice» ma esistendo confini sani, nessun partner si sostituisce all’altro!
I partner riescono a riconoscersi, accettarsi e accogliersi. Entrambi sono impegnati, al contempo, nella relazione e nell’affermazione di sé perché, in un ambiente sano e supportivo, una cosa non esclude l’altra! L’amore si compie in quattro dimensioni bellissime che sono:
- io amo me
- tu ami me
- io amo te
- tu ami te
Quando la relazione è in crisi -perché si sentono distanti, per problemi esterni alla coppia o perché litigano spesso- i partner si fanno avanti… non certo per cambiare l’altro o imporsi, ma per coltivare meglio lo spazio di vita che condividono. L’adozione di questo modello relazionale è stata descritta dettagliatamente nel manuale di psicologia «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce», disponibile in tutte le librerie e su Amazon. In questo modello «uno + uno = tre», le due identità si uniscono e nutrono un sano senso di appartenenza, danno vita a una terza entità che è la coppia. Quindi i due partner non perdono mai la loro autonomia e non smettono mai di autoaffermarsi! È l’unico modello di relazione che può rendere felice, garantendo totale appagamento.
Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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