| |

Author Details
Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor

«Non è una questione di chi ha torto o ragione.» Quante volte l’abbiamo detto, o sentito dire. Eppure, per molte persone, avere ragione non è solo una questione di argomentazioni: è una questione di sopravvivenza emotiva.

Dietro il bisogno ostinato di avere l’ultima parola, di correggere ogni sfumatura, di puntualizzare anche quando non è necessario, spesso si nasconde qualcosa di più profondo di una semplice preferenza per l’accuratezza. Si nasconde una fame antica: il bisogno di sentirsi validi, di non essere umiliati, di esistere agli occhi dell’altro.

Ci sono persone che, pur senza rendersene conto, si aggrappano alla propria opinione come se fosse una zattera in mezzo alla tempesta. E non si tratta di cattiveria, né di arroganza consapevole.

Si tratta, molto più spesso, di fragilità

Nella clinica psicologica, questo bisogno prende nomi diversi: difesa narcisistica, proiezione svalutativa egodifensiva, rigidità caratteriale. Ma al di là delle etichette, ciò che accomuna queste persone è una grande difficoltà a tollerare la possibilità di non avere il controllo. Perché cedere la ragione, per chi ha conosciuto l’umiliazione o la svalutazione, non è solo un gesto di dialogo: è una minaccia diretta alla propria identità.

In questo articolo esploriamo le frasi tipiche di chi vuole sempre avere ragione, cercando di comprendere cosa si cela dietro queste parole, quali meccanismi psichici le alimentano e come sia possibile uscirne, quando questa dinamica finisce per impoverire le relazioni e allontanare proprio quella vicinanza emotiva che si desidera.

Il bisogno di avere ragione: tra narcisismo fragile e difese dell’Io

Non tutti i narcisismi sono uguali. C’è un narcisismo sano, quello che ci permette di esistere nel mondo con un senso di valore e di dignità. E poi c’è il narcisismo fragile, quello che Freud e gli psicoanalisti successivi hanno descritto come una costruzione difensiva che si regge su una base instabile.

Il bisogno di avere sempre ragione appartiene spesso a quest’ultimo tipo di narcisismo. Non è la manifestazione di una sicurezza interiore, ma esattamente il contrario: è il sintomo di un’insicurezza così profonda da rendere intollerabile l’idea di poter sbagliare.

Nel linguaggio della psicologia dinamica, il bisogno compulsivo di correggere l’altro, di non cedere mai il passo, è legato alla paura di essere smascherati come “non abbastanza”. Dietro la necessità di imporsi c’è spesso una ferita narcisistica, originata da esperienze di umiliazione precoce, di giudizio costante o di amore condizionato.

In questi casi, avere ragione non è solo un’opinione: è una questione identitaria. Perdere una discussione significa mettere in discussione il proprio valore. Ecco perché, anche di fronte all’evidenza, queste persone non riescono a dire: «Hai ragione tu.»

Le frasi tipiche di chi vuole sempre avere ragione

Riconoscere queste dinamiche non è sempre facile, perché si nascondono dietro frasi all’apparenza innocue o persino razionali. Eppure, se ascoltiamo con attenzione, possiamo cogliere il sottotesto difensivo di certe espressioni:

  • «Non è quello che intendevo…»
    (In realtà significa: non posso accettare che tu abbia capito meglio di me.)

  • «Se mi ascoltassi davvero, capiresti che ho ragione.»
    (Sposta il focus sulla presunta incapacità dell’altro di comprendere, evitando di considerare la possibilità di un errore proprio.)

  • «Non capisci come stanno le cose.»
    (Rende l’interlocutore incompetente, mantenendo salda la posizione di superiorità.)

  • «Non è colpa mia, è che tu non sai di cosa parli.»
    (Colpevolizza l’altro per ogni disaccordo, esonerandosi da qualsiasi responsabilità.)

  • «Dai, sii obiettivo!»
    (Fa appello a una presunta “oggettività” che coincide, curiosamente, sempre con il proprio punto di vista.)

Spesso, queste frasi non vengono pronunciate con rabbia palese, ma con un tono “correttivo”, educato, persino calmo. È proprio questo che le rende tanto insidiose: l’umiliazione passa sotto traccia, ma lascia segni profondi nelle relazioni.

Neuroscienze della rigidità mentale: perché il cervello ama avere ragione

La psicologia da sola non basta a spiegare perché tendiamo ad aggrapparci alle nostre idee. Anche il cervello, con i suoi circuiti e le sue scorciatoie evolutive, gioca un ruolo importante.

Quando confermiamo le nostre convinzioni, il cervello riceve una piccola scarica di dopamina, il neurotrasmettitore del piacere e della ricompensa. È come se il sistema nervoso ci dicesse: «Bravo, continua così! Sei sulla strada giusta.» Questo meccanismo di gratificazione contribuisce a rinforzare la rigidità mentale.

Inoltre, il bias di conferma — ben noto alle neuroscienze cognitive — porta il nostro cervello a cercare, selezionare e ricordare solo le informazioni che confermano le nostre idee preesistenti, ignorando quelle che le metterebbero in discussione. Questo non è un errore di alcuni: è un funzionamento umano universale.

A questo si aggiunge l’effetto Dunning-Kruger, secondo cui le persone con minori competenze tendono a sovrastimare la propria preparazione, mentre chi possiede reali conoscenze tende a dubitare di sé. Questo spiega perché spesso chi vuole sempre avere ragione non è affatto il più esperto, ma colui che ha più bisogno di crederlo.

Infine, la dissonanza cognitiva — il disagio che proviamo quando ci confrontiamo con informazioni contraddittorie — spinge il cervello a ridurre l’incoerenza non attraverso l’accoglienza della verità, ma attraverso la sua negazione.

️‍️ Perché non se ne accorgono? Il ruolo dell’identificazione e del trauma invisibile

Chi ha bisogno di avere sempre ragione, il più delle volte, non ne è consapevole. Questo perché il meccanismo si è costruito molto presto nella vita, come una sorta di armatura necessaria a sopravvivere in un ambiente emotivamente pericoloso.

Quando da piccoli si è ricevuto amore solo in cambio di prestazioni, quando si è stati costantemente corretti, ridicolizzati o ignorati, può nascere un’identificazione inconscia con il ruolo di “chi non sbaglia mai”. È una forma di autodifesa: se sono impeccabile, se ho sempre ragione, nessuno potrà umiliarmi ancora.

Ma questa corazza, con il tempo, diventa una prigione. Impedisce di vivere relazioni autentiche, basate sull’ascolto reciproco e sulla possibilità di essere vulnerabili. Ogni divergenza diventa una minaccia, non un’occasione di crescita.

Il trauma invisibile di chi ha dovuto lottare per essere visto lascia così il segno nelle parole di ogni giorno, in quelle frasi che sembrano solo discussioni… ma che in realtà gridano: «Non farmi sentire sbagliato.»

Come smettere di aver bisogno di avere sempre ragione

La prima via d’uscita è sempre la consapevolezza. Accorgersi delle proprie frasi, dei propri automatismi. Osservarsi con curiosità, non con giudizio.

Dietro il bisogno di avere ragione si nasconde quasi sempre una paura. La paura di non valere. La paura di essere messi da parte. La paura di essere invisibili. Per smontare questo meccanismo è fondamentale:

  • Accettare la possibilità di non sapere. La curiosità è il più potente antidoto alla rigidità.
  • Tollerare la frustrazione di non essere capiti subito. Imparare a spiegarsi senza aggredire.
  • Allenare la flessibilità cognitiva. Domandarsi: E se avesse ragione l’altro? E se ci fosse qualcosa che non sto vedendo?
  • Lavorare sulla propria autostima profonda. Quando il proprio valore non dipende più dall’essere impeccabili, cedere la ragione non è più un pericolo.

Quando si cede la ragione, si guadagna la libertà

Avere ragione non è sempre la strada per stare bene. Anzi, spesso è proprio il contrario. Le relazioni più sane non sono quelle in cui si vince una discussione, ma quelle in cui si può restare insieme senza il bisogno di vincere. Riconoscere le proprie fragilità, accettare di non sapere tutto, cedere la ragione quando è il caso: tutto questo non ci rende più deboli. Ci rende più umani.

È solo quando smettiamo di combattere per avere ragione a tutti i costi che possiamo finalmente ascoltare davvero l’altro. E forse, per la prima volta, ascoltare anche noi stessi. Se senti che questo tema ti risuona, se ti riconosci (o riconosci qualcuno vicino a te) in queste dinamiche, nel mio libro “Il mondo con i tuoi occhi” ho voluto proprio offrire strumenti per sciogliere questi automatismi e imparare a vivere relazioni più libere, sane, consapevoli. Non un semplice invito a “comunicare meglio”, ma un percorso per liberarsi dai copioni invisibili che ci portano, spesso senza volerlo, a sabotare la nostra stessa felicità.

Perché la verità più importante non è avere ragione. È riuscire a guardare se stessi — e il mondo — con occhi nuovi. Con occhi più gentili. Con occhi finalmente liberi. Per immergerti nella lettura e farne tesoro, puoi ordinarlo qui su Amazon oppure in qualsiasi libreria

A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
Se ti piace quello che scrivo, seguimi sul mio profilo Instagram: @anamaria.sepe