Seduta al tavolino del bar mi ritrovo ad ascoltare il dialogo di una coppia di settantenni. Entrambi si godevano il caffè mattutino e leggevano le loro riviste. «Allora», afferma lui, «questo articolo dice che nel Cilento, la zona migliore per andare a caccia di asparagi selvatici….», lei interrompe la sua lettura, lo ascolta e gli risponde «ah, bene. Ecco, tieni, ti do carta e penna così te lo segni, fino alla prossima primavera potremmo dimenticarcene». «Buona idea», le risponde lui. Incuriosita da questo scambio così armonioso, pongo loro alcune domande.
Scopro che sono sposati da circa 50 anni, che sono in pensione da 10 anni e che vivono della provincia di Salerno. Conducono una vita semplicissima e conversazioni come queste sono all’ordine del giorno. Sono molto affettuosi l’una con l’altra. Hanno diversi problemi di salute ma riescono comunque a ritagliarsi momenti quotidiani di profonda leggerezza. I due, non sanno che quello che stanno facendo è ciò che John Gottman -psicologo americano famoso per il suo approccio alla terapia di coppia evidenced based– definisce «girarsi verso».
5 cose per migliorare l’intimità di coppia
Quando i due partner, individualmente, riescono ad autoaffermarsi, offrono alla coppia l’opportunità di evolversi e permettono anche ai due individui di crescere all’interno di essa, insieme, uniti, appartenenti… ma mantenendo ognuno un proprio percorso! È questo il segreto della coppia che funziona. Ma quando una coppia può considerarsi intima? Per Sternberg (1986) intimità significa sentirsi vicini, uniti, desiderare il bene dell’altro, poter contare sull’aiuto dell’altro in caso di bisogno, comprendersi reciprocamente, condividere noi stessi con l’altro, darsi sostegno emotivo, rispettarsi e avere fiducia. Ogni persona ed ogni coppia attribuisce il suo personale significato al concetto di intimità, ma alcune componenti – che fanno di un legame un’unione intima – sono generalizzabili.
1. Girati verso di lui/lei… Non dargli/le le spalle
Girarsi verso, è qualcosa che dovrebbe venire spontaneo e automatico quando si ama. Significa, in un certo senso, accogliere l’altro in un dialogo attento. Quando proviamo a comunicare con il nostro partner, magari anche condividendo cose semplici, quante volte lui/lei ci volta le spalle? Ci fa sentire inascoltati e distanti? Cambiando prospettiva, quando il partner prova a comunicare con noi, anche degli argomenti più leggeri, quante volte gli diamo le spalle? Facciamo muro o siamo distratti da altro?
«Girarsi verso» è un concetto tanto semplice ma di così difficile applicazione. Fa riferimento a come trattare e come interagire al meglio con le persone a cui teniamo. «Girarsi verso» riguarda l’ascolto, quello vero, pieno! Un ascolto che richiede attenzione e cura, richiede apertura e fiducia perché deve superare gli atteggiamenti difensivi che ci caratterizzano. È un semplice scambio, un dare e avere in cui i due si incontrano del tutto disarmati. È fondamentale per fomentare intimità, senso di appartenenza e vicinanza.
Troppo spesso, oggi, viviamo dando le spalle a tutti -e sì, cambiando prospettiva, subiamo la stessa sorte, sentiamo che gli altri ci voltano le spalle-. Guardiamo i nostri smartphone a qualsiasi ora, lo facciamo a colazione, a lavoro e addirittura sotto al tavolo mentre ceniamo. Nella migliore delle ipotesi, ascoltiamo l’altro a metà. Dimenticandoci anche dell’importanza del contatto visivo.
Con le lunghe convivenze, nel comunicare con l’altro, non ci prendiamo la briga di raggiungerlo nella sua stessa stanza, guardarlo e parlargli ma… Urliamo forte, da una stanza all’altra, per dirgli qualcosa. Qualcosa che l’altro non può che capire o sentire a metà, ammesso che lo senta. In più, l’abitudine di strillare, può risvegliare bruttissimi ricordi. Nelle nostre memorie emotive, può far risuonare quando da bambini ascoltavamo i nostri genitori urlare e litigare. Allora ci sentiamo inquieti, irrigiditi, irritati… e non sappiamo bene perché. Non possiamo saperlo perché questi meccanismi di “memoria” sono completamente inconsci. Ne subiamo solo gli effetti.
Se non prendiamo la sana abitudine di «girarci verso», allora non dovrebbero meravigliarci quelle emozioni negative che ogni tanto fanno capolino. Come quel senso di solitudine che talvolta emerge anche nelle nostre relazioni più strette. Se la gran parte della nostra vita -relazioni affettive comprese- verte sulle abitudini e sui meccanismi automatici, è chiaro che stabilire connessioni profonde e intime, semplicemente non è possibile. Qualcosa deve cambiare. Ecco alcuni suggerimenti per iniziare.
2. Metti via le distrazioni
Anche se piace e fa comodo a tutti pensarlo, noi esseri umani non siamo multitasking. Tutti gli studi scientifici al riguardo affermano che le condizioni di attenzione divisa sono estremamente penalizzanti. Certo, possiamo fare due cose o anche tre, ma le faremo tutte male, oppure una malissimo e le altre discretamente. La verità è che abbiamo risorse attentive limitate, capacità mnemoniche altrettanto limitate. Il risultato del multitasking è che ci riduciamo a fare le cose meccanicamente, finendo per non vivere la nostra vita perché non siamo pienamente presenti.
Quando comunichi, assicurati di usare tutte le tue funzioni cognitive. Non risparmiarti. Allontanati dallo smartphone, anzi, disattiva le notifiche. Questo non solo ti renderà più partecipe e protagonista della tua vita, ma farà sentire anche l’altro importante.
Se sei impegnato a fare qualcosa, semplicemente, dillo. «Scusami, voglio sentire ciò che hai da firmi ma sono nel bel mezzo di…., dammi 10 minuti e sono tutto per te». Semplice no?
3. Non aspettarti (e non offrire) soluzioni
La ricerca ha dimostrato che tendenzialmente, per connetterci alle altre persone, usiamo due vie: da un lato elaboriamo ciò che ascoltiamo sulla base dei nostri schemi interiori. Dall’altro, alcune persone sembrano essere più concentrate a trovare risoluzioni dei problemi, il che fa emergere la tendenza a interrompere l’altro e a richiedere sempre altre spiegazioni. Anche se questa tendenza nasce per buone intenzioni, i risultati sono pessimi. L’altro non si sente ascoltato e anzi, si sente addirittura “costretto” a doversi giustificare per le confidenze fatte o i problemi esposti.
Molto spesso, tutto ciò che desideriamo -e desidera anche l’altro- è essere compreso. Un sentito «mi dispiace» può essere la “soluzione” migliore per mostrare vicinanza. Molto più di quanto farebbero frasi come «te l’avevo detto» oppure «ce l’hai voluto tu…».
4. Vai disarmato
Questa è ovviamente la parte più difficile. Comunicare è complicato perché, ancor di più, lo è ascoltare e comprendere! Quando ascoltiamo, elaboriamo le parole dell’altro inserendole negli schemi già presenti nelle nostre memorie implicite. Poco fa ti ho già citato le memorie implicite, l’ho fatto quando ti ho spiegato che anche il semplice urlare o essere esposti a qualcuno che strilla (per comunicare da una stanza all’altra), può innescare agitazione e mal disporre a qualsiasi proposta. Questo si verifica in quelle persone che, da bambine, hanno vissuto eventi stressanti come l’assistere ripetutamente a forti litigi dei genitori. Te lo ripeto per spiegarti meglio che le esperienze del nostro passato risuonano nel nostre presente e lo condizionano in modi di cui non siamo consapevoli.
Crescendo, nel nostro contesto familiare, abbiamo creato degli schemi di significato. Nel presente, quando l’altro comunica con noi, utilizziamo questi schemi per interpretare le sue parole. Se nella nostra infanzia abbiamo dovuto sempre proteggerci da genitori invischianti, anche da adulti, finiremo per usare un approccio difensivo alla comunicazione. Per migliorare l’intimità con il partner, la prima cosa da fare è… disarmarsi!
Quando si attivano le difese, la conversazione diventa emotivamente pressante. Non è una questione solo emotiva ma anche fisica. La tua amigdala, infatti si attiva fortemente e con essa si risvegliano anche le memorie implicite che possono distorcere il significato della conversazione che stai vivendo. Il risultato? Alla fine ti sentirai confuso e ferito ma, a tua volta, avrai ferito l’altro.
Non è facile comprendere gli schemi di significato che hai interiorizzato. Puoi iniziare monitorando le tue emozioni. Quando ascolti l’altro, puoi chiederti: quale emozione fa emergere in me? Mi fa sentire annoiato? Mi fa sentire infastidito? Perché mi infastidisce? Sta forse minacciando la mia autostima?
5. Girati verso di… te!
Girarsi verso è qualcosa di potente. Per aumentare l’intimità con il partner, la cosa più saggia che tu possa fare è smettere di voltargli le spalle e mostrargli come si fa. Se tu sei capace di metterti in discussione, non è detto che lui/lei sia altrettanto predisposto a farlo. Ma se non vuoi lasciarlo, da qualche parte pur si dovrà iniziare. Allora dagli il buon esempio ma… non dimenticarti di te. Nel farlo, non voltare mai le spalle a te stesso. Perché se è vero che dobbiamo imparare ad ascoltare l’altro, ancora di più abbiamo bisogno di ascoltare noi stessi e sentirci ascoltati. Allora, impara ad ascoltarti come vorresti che lui/lei facesse. Impara a darti quelle attenzioni e quel calore che vorresti arrivasse da lui/lei.
Puoi farlo. Puoi fare, per te stesso, molto di più di ciò che già fai. Solo in questo modo potrai sentirti davvero protagonista della tua vita, pronto a dare e a pretendere intimità. Se vuoi smetterla di darti le spalle, vuoi iniziare ad accoglierti e avvicinarti a te stesso ancor prima di avvicinarti all’altro, ti suggerisco il mio libro «d’Amore ci si Ammala, d’Amore si Guarisce». È il libro più consigliato dagli psicologi. Lo trovi a questa pagina amazon e in tutte le librerie.
Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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