6  domande da porti dopo la fine di una relazione

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Dottoressa in psicologia, esperta e ricercatrice in psicoanalisi. Scrittrice e fondatore di Psicoadvisor


Metabolizzare la fine di un rapporto, soprattutto se è stato di lunga data e importante, richiede tempo e ascolto di sé e spesso gli strascichi possono farsi sentire a lungo. Ogni volta che una relazione termina, la conseguenza è un certo grado di sofferenza la cui intensità varia a seconda del coinvolgimento, della durata e della consapevolezza rispetto al rapporto. Gli esseri umani (come tutte le specie animali) cercano di evitare la sofferenza. Per quanto sia naturale, lo sforzo di evitare ad ogni costo di soffrire può rivelarsi un’arma a doppio taglio. La ricerca scientifica (Capobianco et al., 2018) ha infatti mostrato come nel tentativo di eliminare la sofferenza, la mente cerchi attivamente una soluzione. Il problema nasce quando un’azione risolutiva della sofferenza non esiste, come nel caso della fine di una relazione (la cui elaborazione è un processo lento e graduale).

Nessun rapporto umano è mai completamente privo di conflitti

Non esiste la coppia perfetta, così come non è possibile essere costantemente felici e appagati. Litigi, gelosie, incomprensioni, tensioni e momenti di crisi devono però essere limitati a brevi periodi, legati a circostanze specifiche, spiegabili e reali. Se la percezione di infelicità e di disagio si protrae troppo a lungo o è addirittura uno stato permanente, allora di sicuro c’è qualcosa che non va. Le relazioni tossiche in amore purtroppo sono le più frequenti proprio perché in nome di questo sentimento ci si sacrifica fino a trovarsi coinvolti in dinamiche abusanti e dannose. Troncare questo tipo di legame risulta alquanto complesso, in quanto spesso chi soccombe non comprende o accetta totalmente ciò che accade, mentre chi abusa lo fa addirittura inconsciamente. Anche quando si è consapevoli dello stato di sofferenza si ha difficoltà a uscirne poiché nel frattempo si è creata una vera e propria dipendenza affettiva o si ha il terrore della solitudine.

Quando qualcuno ci lascia, qualcosa dentro di noi si frattura

Realizzare il distacco, comprendere quel senso di mancanza che fa così male dentro. Lasciare andare l’altro, “disattivarlo” nel nostro mondo interiore. Rimodellarsi su nuovi equilibri. Può essere davvero tutto molto complicato, in parte anche quando siamo noi stessi a volerlo.

La separazione in una relazione di attaccamento è senza dubbio tra le esperienze più dolorose. Non ci sentiamo mai pronti anche se in passato abbiamo già conosciuto abbandoni e distacchi. Anzi, spesso succede di essere ancora più fragili e spaventati. E persino quando la fine in qualche modo è annunciata succede di non essere profondamente preparati. Così come, sembra assurdo, quando stiamo uscendo da una relazione tormentata.

6  domande da porti dopo la fine di una relazione

L’aspetto “complicato” della fine della relazione da accettare, in questo caso, è che c’è una parte di te che resta saldamente ancorata a tutte le emozioni intense e meravigliose che hai sperimentato all’inizio della relazione e, un’altra, probabilmente più consapevole, profondamente ferita da tutte le implicazioni negative che la relazione ha avuto per te. Sei come scissa/o, divisa in due e oscilli tra l’idealizzazione e la nostalgia della persona idealizzata che non c’è più e la rabbia nei suoi stessi confronti.Lentamente, come una candela che si spegne, o all’improvviso, come un’esplosione. Ma in entrambi i casi, quello che resta è solo cenere e macerie. È l’amore che finisce, una relazione che si chiude e che inevitabilmente ci lascia al cospetto di un buco nero, con un dubbio che ronza in testa: riuscirò ad accettare la fine?

Sì, è possibile!  Il fatto che sia possibile non implica che sia semplice. Superare la fine di una relazione è un processo complesso, che richiede impegno e costante attenzione: attenzione a sé e ai propri stati d’animo, attenzione al dolore presente e al miglioramento futuro. Nessuna formula magica: un percorso concreto che, a poco a poco, condurrà dal dolore alla rinascita. Non ci sono tempi prestabiliti per elaborare la fine di una storia, non si può affrettare, non esistono sconti sul dolore. Si tratta di un percorso interiore che ti porterà a sollevare domande per sfidare i tuoi assetti precedenti. Per poi cambiare comportamento, aspettative, definizione di te stessa/o. Ecco le domande da porti; ti saranno utili per portare alla luce tutto il tuo vissuto.

1. Perché mi sono così legata/o alla persona sbagliata?

La prima cosa utile che puoi fare è elaborare questo processo di pensiero così critico nei tuoi confronti: la tua sofferenza ha un senso, se ti sei legata/o così profondamente a una persona che non ricambiava il tuo amore probabilmente non sei mai stata abituata a riconoscere e dare valore ai tuoi bisogni. La buona notizia è che puoi iniziare adesso: se hai ancora bisogno di soffrire, di stare male, di piangere puoi farlo. E non c’è nulla di sbagliato in questo. Ricorda: le tue emozioni sono tutte utili e preziose! Questa sofferenza parla di un tuo bisogno: metterla a tacere non ti sarà d’aiuto nel riconoscerlo, accoglierlo e soddisfarlo.

2. Perché mi colpevolizzo?

In questo turbinio di emozioni contrastanti spesso prende il sopravvento il senso di colpa. Come puoi realmente liberarti di un’emozione che rischia di tenerti costantemente in trappola? Sappi che i sentimenti di colpa tendono quasi sempre a culminare in una dolorosa e controproducente ruminazione che, a sua volta, non fa che accentuare l’intensità dei sentimenti negativi. Devi, pertanto, imparare ad accettare che non dipende tutto da te. Spesso succede semplicemente che l’altra persona non è in grado di dare o fare abbastanza rispetto a quanto dovrebbe per tenere viva la relazione.

Purtroppo capita di innamorarci di persone che non sono in grado di ricambiare pienamente o che sono totalmente assorbite dalle proprie lotte interiori. Siamo tutti umani, sbagliamo tutti, nessuno di noi è impeccabile nelle relazioni. In ogni caso, non devi MAI prenderti la colpa di tutto.

3. Come posso provare nostalgia per una persona che non mi vuole più?

Prova a individuare cosa ti manca esattamente di quella relazione, in questo momento. Potresti scoprire che ti mancano i momenti di condivisione di ciò che ti piace fare. Oppure il fatto che sei importante per qualcuno, le manifestazioni d’affetto, il supporto ricevuto in alcune situazioni, e così via. E ora prova a chiederti: è proprio vero che non c’è nessun altro modo per soddisfare questi miei bisogni?

Spesso la nostalgia della relazione conclusa ci parla di un bisogno di intimità, vicinanza, affetto, condivisione, connessione con persone amate. Cerca, quindi, di non isolarti e ricercare tutto il bisogno e la vicinanza di cui hai bisogno, da parte delle persone care. E di darti  in primis il valore, le cure, le attenzioni che ti mancano: da quanto tempo non ti metti al primo posto, non ordini il tuo piatto preferito, non ti regali qualcosa che ti piace, non ti ritagli una giornata per te?

4. Come faccio a resistere quando la nostalgia mi sembra insuperabile?

Ci saranno dei momenti, però, in cui sarai completamente assorbita dal bisogno di riaprire una forma di comunicazione con quella persona: ti manca troppo, non importa come sono andate le cose. Anzi, probabilmente è colpa tua (e riecco i sensi di colpa!): potevi essere più comprensiva/o, potevi lasciare più tempo. Chiediti: quale parte di me sta parlando in questo momento?

Di sicuro quella parte di te saldamente ancorata a ciò che di bello e intenso hai vissuto). E quindi? Ti stai aggrappando solo a quella parte idealizzata, quella che tiene in considerazione solo gli aspetti positivi. Non di certo tutta la sofferenza che ti ha accompagnato per tutta la durata della relazione!

5. Cosa c’è di sbagliato in me, perché non riesco ad andare avanti?

Tutti ti dicono alzati, impegnati e fallo per te..! Razionalmente sai che sono cose giustissime eppure non riesci a fartene una ragione. Sappi che non c’è nulla di sbagliato in te. Hai troppo investito in questa relazione per mettere un punto! Ci vorrà tempo (e nel tuo caso non so dirti quanto) ma ti assicuro che questo dolore quando meno te lo aspetti passerà. Sappi che non esistono scorciatoie: quel dolore va vissuto ed attraversato

Il punto non è la quantità di tempo ma la qualità di quel tempo. Come lo impiegherai e come cercherai di superare la sofferenza che ti porti dentro. Cerca di analizzare in modo oggettivo ciò che è successo e ti accorgerai che il punto di vista pian piano cambierà. Magari il triste epilogo si ridimensiona e si trasforma in “è finita perché eravamo incompatibili e ora non devo più perdere tempo in una storia morta”. Oppure in “è finita perché lui non mi amava davvero”. Un ribaltamento di prospettiva che ti fa sentire meno sbagliata/o e e che ti fa vedere il lato positivo della cosa, ricordandoti che la tua vita può solo migliorare.

6. Se inizio subito un’altra relazione può essere utile per superare la precedente?

La risposta, lo sai anche tu, è no. La scelta di iniziare subito una nuova relazione, in questo caso, sarebbe molto probabilmente mossa dal bisogno, più che dal desiderio. Questo porterà, ancora una volta, a rimettere in atto uno schema noto: quello in cui metti in secondo piano i tuoi bisogni e ti accontenti delle briciole.

Attraversare la sofferenza che la fine di una relazione, soprattutto tossica, comporta, richiede coraggio, forza, resilienza

Ma regala anche una grande opportunità: imparare a riconoscere i propri bisogni, ad andare nella loro direzione e sapere come soddisfarli, senza essere più schiavi del bisogno che qualcun altro lo faccia per noi. Credi sia un costo adeguato per un valore così grande? Un esercizio utile potrebbe essere quello di scrivere un elenco delle motivazioni per cui non eravamo felici in quella relazione, dei momenti di intensa sofferenza, delle volte in cui siamo state/i molto male. E tirarlo fuori, rileggerlo, quando abbiamo in mente solo la parte idealizzata di ciò che abbiamo vissuto. E RICORDA SEMPRE…LA STORIA E’ FINITA, LA VITA NO.

Come rinascere…

Molto spesso sento dire che per cambiare basta la forza di volontà. Questa è la credenza più ingenua del mondo! Prova a svitare un bullone con la sola forza di volontà, finirai per farti solo male le dita! Il bullone lo devi conoscere, devi saperne il calibro e poi disporre di una chiave inglese e capire il verso giusto per svitarlo. Ecco, per il cambiamento è così, solo che in gioco non c’è solo un verso e un calibro da decifrare… Devi conoscerti, hai bisogno di capire come funziona la tua mente e poi adoperare, uno a uno, tutti gli strumenti necessari per cambiare e svoltare nella vita.

Lavora su te stesso

Il tuo partner potrà minare la tua autostima, ferire il tuo cuore, calpestare i tuoi diritti emotivi, farti sentire incompreso e poco considerato… ma c’è una cosa che non potrà mai portarti via: il tuo valore personale! Come premesso, fin da bambini nessuno ci insegna che possiamo affermare noi stessi senza aver bisogno di nessuno. Eppure, noi non solo possiamo ma dovremmo bastare a noi stessi. Solo sviluppando una sana indipendenza psicoaffettiva possiamo affrontare qualsiasi burrasca sentimentale. Per lavorare su te stesso e sulla tua affermazione personale, ti consiglio la lettura del libro bestseller «d’Amore ci si ammala, d’Amore si Guarisce», disponibile in tutte le librerie o su Amazon, a questo indirizzo.

Nota bene: se ti interessano le dinamiche psichiche che governano la nostra vita, noi di Psicoadvisor stiamo facendo un tour di incontri in tutte le librerie e biblioteche d’Italia. L’accesso è gratuito. Ti segnalo alcune delle date:

  • 29 settembre (ore 18:30), LaFeltrinelli (cc GreenPea), Torino
  • 5 ottobre (ore 17:30), Libreria Rinascita (p.zza Roma), Ascoli Piceno
  • 12 ottobre (ore h.18), LaFeltrinelli (p.zza dei Martiri), Napoli
  • 21 ottobre (ore h.11), Biblioteca Malatestiana, Cesena
  • 27 ottobre (ore h.18:30), Libreria Libraccio (via Nazionale), Roma
  • Le date di novembre e dicembre saranno proposte sui nostri canali social

A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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