6 indizi per capire se è vero amore o una relazione strumentale

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Le relazioni umane dovrebbero essere guidate dalla volontà di conoscere i pensieri, gli atteggiamenti, i desideri e, in definitiva, il mondo interiore dell’altro. Ogni scambio dovrebbe essere mosso dalla curiosità di scoprirsi e/o di raccontarsi. Al contrario, le relazioni che gli umani hanno con gli oggetti sono di tipo strumentale. Un oggetto è utile per raggiungere il soddisfacimento di un bisogno.

Ogni volta che iniziamo una relazione dovremmo chiederci questo: l’altro mi vuole per ciò che sono o per soddisfare un suo bisogno? Oppure, ancora, sfrutta proprio il “come sono” o “chi sono” per il suo tornaconto? Alcuni secondi fini sono così palesi da aver creato classi di stereotipi. Per esempio: se lui è molto maturo e lei è giovane, lei “fa la mantenuta”. La relazione è strumentale! Lei ottiene status e sostegno economico, lui ottiene status (con il partner-trofeo) e appagamento. Insomma, nessuno pensa che sia amore, s’immagina subito che i due si usino a vicenda.

Stereotipi sociali a parte ci sono, purtroppo, alcuni tipi di relazioni strumentali più subdole dove il bisogno da soddisfare è insidioso e nascosto. Non è palese come una necessità economica o il bisogno di avere un tetto sulla testa anche se l’amore con il partner è finito e il mutuo è cointestato.

1. Senti di dover limitare parti di te

Nelle relazioni d’amore, il partner è libero di esprimere se stesso e questo garantisce la possibilità di un’evoluzione a tutto tondo, individuale e della coppia. Nelle relazioni strumentali, il partner è libero di esprimere se stesso solo entro l’appagamento dei bisogni altrui.

Allora, ti chiederai, che libertà è? Infatti. Il partner non è affatto libero, tuttavia non sempre ha la percezione di star vivendo una relazione vincolante perché tutto rientra nella “normalità” delle dinamiche di coppia. In questi casi, un utile indicatore è la dimensione del mondo.

2. La relazione è sbilanciata

Tutte le relazioni strumentali sono sbilanciate, presuppongono assenza di responsabilità e scarso autocontrollo. C’è una persona che all’apparenza detiene il potere e una che, in realtà, controlla e gestisce tutto.

3. Il mondo è la coppia

In indicatore utile sono le energie investite. Se la vita di coppia diventa totalizzante tanto da ridurre al minimo un’espressività personale (che sia in ambito lavorativo, amicale, in termini di hobby e passioni coltivate…), allora dovrebbe scattare un enorme campanello d’allarme.

4. C’è un incastro

Inoltre, le dinamiche dell’attrazione fanno sì che la vulnerabilità di uno s’incastri a pennello con il bisogno che l’altro vuole soddisfare. Qualche esempio? Il bisogno di accudire e di appagare l’inappagabile della cosiddetta “crocerossina” (o del crocerossino, perché ci sono tantissimi uomini che rientrano nel profilo) costituiscono l’abito su misura dell’insoddisfatto cronico che riversa tutte le proprie frustrazioni sull’altro.

La tendenza della relazione strumentale è chiara: da un lato c’è una persona che sente il bisogno di “sentirsi utile”, di “valere attraverso l’altro”. Sul fronte amoroso opposto c’è l’altro che usa il partner come contenitore della propria insofferenza, l’agnello sacrificale da colpevolizzare sempre e comunque. Come è chiaro, i due partner si strumentalizzano a vicenda.

Quando si parla di manipolazione o di abuso narcisistico, si descrive la dinamica come “vittima” e “carnefice”. Il che non è inesatto, anzi. È corretto. La vittima non ha alcuna colpa, tuttavia ha una parte “attiva” nella dinamica. Non è “passiva”. Gioca un ruolo attivo perché mantiene vivo l’incastro strumentalizzando a sua volta l’altro. So che qualcuno riterrebbe eticamente scorretto porre la parte “lesa” e la parte “ledente” sullo stesso piano, tuttavia da un punto di vista squisitamente psicologico e interattivo, entrambe le persone hanno abdicato alla propria responsabilità affettiva.

5. I partner non sanno autoaccudirsi

L’assenza di una responsabilità affettiva rivela un’altra scomoda verità: i partner non sanno autoaccudirsi. Non sanno auto-contenere i propri stati emotivi ne’ hanno confini personali ben delineati. L’altro, dunque, non è più una persona a sé ma un oggetto da amare o da odiare, all’occorrenza, come circostanza richiede. Ed eccoci al prossimo punto.

6. Sentimenti ambivalenti

Le emozioni che il partner innesca nell’altro sono spesso contrastanti. Se, insieme ai sentimenti d’amore (o meglio, insieme all’attaccamento strumentale),  il partner suscita in te rabbia, rancore, invidia, gelosia e proprio non riesci a entrare in empatia con i suoi stati mentali, sappi che si tratta sicuramente di una relazione strumentale. Per il bene comune, sarebbe saggio fare un passo indietro e allontanarsi dal legame.

Analogamente, se nel tuo partner vedi una fonte di sicurezza ma anche un limite alla tua emancipazione, fermati a riflettere. Se nella nella coppia sei in costante ricerca di conforto, conferme e supporto, infatti, valuta che ciò che stai vivendo potrebbe essere un rapporto strumentale e non vero amore.

L’amore passa per l’affermazione personale

Due persone che s’incontrano sono due mondi immensi e c’è spazio a sufficienza per la soddisfazione dei bisogni di entrambi. L’indicatore più significativo che può dirti se la tua relazione è di tipo strumentale sta nei tuoi sentimenti. Se nutri profonda stima, rispetto e ammirazione per chi hai accanto, allora sei pronto ad ampliare il tuo mondo. L’errore che spesso commettiamo quando ci uniamo con qualcuno, in una relazione strumentale, è quello di rimpicciolire e ridurre tutto all’altro, fino a far sbiadire finanche se stessi perché è mediante l’altro che ci definiamo!  L’uso strumentale dell’altro cessa quando impariamo a darci da soli quello di cui abbiamo bisogno: un’identità definita che possa contare su sane basi di auto-accettazione e auto-accudimento.

Il senso di sicurezza o di efficacia che possiamo trarre da qualcun altro è molto potente ma effimero. Se l’altro è l’unica fonte di contenimento emotivo, significa che non siamo responsabili di noi stessi! Significa che manca l’ABC! Allora abbiamo bisogno di capire che possiamo diventare, per noi stessi, la medesima fonte di stabilità, sostegno, efficacia, potere… che cerchiamo nell’altro. Abbiamo bisogno di affermarci nella nostra identità di persone complete. Se ti va di scoprire come è nata la tua identità personale e di cosa hai bisogno per affermarti oltre l’altro, affermarti oltre i condizionamenti e le pressioni sociali, allora il mio nuovo libro «il mondo con i tuoi occhi» è tutto ciò che stai cercando. Lo trovi a questa pagina amazon o in qualsiasi libreria. È appena uscito ed è un saggio che nelle stanze dei terapeuti (e non solo) sta facendo tanto parlare di sé!

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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