6 passi per guarire dall’abuso emotivo

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Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, dottore di Ricerca in Neuropsicologia ed esperta in Mindfulness.

L’abuso psicologico è una forma di violenza subdola e assai difficilmente riconoscibile all’esterno. Si tratta di una forma di abuso spesso molto sottile, graduale e costante, da indurre anche chi ne rimane vittima a non crederla vera, finché non si trova a dover fare i conti con i suoi effetti sconvolgenti. Può avere luogo all’interno di una relazione di coppia, all’interno della famiglia, da parte di un amico o sul posto di lavoro da parte di colleghi o superiori (mobbing). La violenza psicologica può configurare veri e propri traumi, fino a sfociare nel Disturbo da Stress Post Traumatico.

Che cos’è la violenza psicologica

La violenza psicologica consiste in una serie di manipolazioni attuate attraverso azioni, parole, minacce, ricatti morali o pratici, intimidazioni e alterazioni della verità, finalizzate a portare l’altro a fare qualcosa contro la propria volontà, ad assoggettarsi all’abusante, a perdere gradualmente la propria libertà ed il controllo della propria vita.

Il fine della violenza psicologica è il controllo, l’assoggettamento pressoché totale della volontà della vittima a quella dell’oppressore attraverso comportamenti che sembrano seguire un copione: apertura della fiducia e della progettualità attraverso il love bombing, graduale isolamento sociale e familiare, dipendenza economica, punizioni aleatorie, imprevedibilità degli scatti di rabbia, rinforzo intermittente, gaslighting, controllo (dei movimenti, delle frequentazioni, del vestiario e del comportamento, delle finanze, delle idee, del tempo, dello spazio fisico, della comunicazione ecc…).

L’abuso psicologico risponde alla volontà di strumentalizzare l’altro sminuendone la personalità, attraverso continue mortificazioni e sottili (non sempre sottili…) messaggi offensivi e svalutanti. Possiamo dire che la manipolazione affettiva è una forma di violenza psicologica. 

Le manifestazioni comportamentali di questa forma di abuso sono molte e possono presentarsi insieme o separatamente, diluite nel tempo e gradualmente, ma hanno tutte un comune denominatore: vengono agite solitamente in privato e in assenza di testimoni e sono atte a confondere, destabilizzare, rendere insicuro e dipendente l’altro, fino ad eroderne, gradualmente ed inesorabilmente, il senso di identità ed il potere di azione e di scelta. Ecco le manifestazioni di violenza psicologica più diffuse.

  • Velate critiche offensive
  • Umiliazioni e ridicolizzazioni
  • Svalutazione e svilimento
  • Gaslighting
  • Negazione della realtà
  • Trattamento del silenzio
  • Isolamento graduale da amici, familiari e colleghi
  • Minacce di “apocalisse emotiva” (di abbandono, di chiusura del rapporto, minacce economiche ecc…)
  • Intimidazioni
  • Violenza economica

6 passi per guarire dall’abuso nascosto

Nel suo libro «Guarire dall’abuso nascosto», l’autore S. Thomas, parla della violenza psicologica come di un “abuso nascosto”, proprio perché le sue manifestazioni avvengono nella privatezza di una relazione di fiducia e sono difficilmente identificabili da attori esterni ad essa. Chi la perpetra, ci tiene a restare “pulito” ed integerrimo agli occhi degli altri, così da poter continuare ad agire indisturbato senza perdere l’appoggio della rete sociale.

Nel libro viene proposto un percorso di guarigione in 6 tappe che riporterò in modo sintetico di seguito, perché vi sia la spinta ad aprire gli occhi e a cercare aiuto, con la consapevolezza che si può “guarire”, chiamandosi fuori dalle dinamiche e relazioni malsane e imparando a prendersi cura di sé e delle proprie scelte. 

1. Sceglierai te stesso o chi ti abusa?

La comparsa o l’acuirsi di diversi sintomi organici quali cefalee, malattie legate all’abbassamento delle difese immunitarie, malattie psicosomatiche, rappresenta il culmine del malessere sperimentato dalla vittima di violenza psicologica.

Alcune vittime non sono del tutto consapevoli della violenza subita, si sentono confuse e arrivano addirittura a chiedersi COSA NON VADA IN LORO perché la relazione non funziona, e cosa devono fare per far andar bene le cose. In questa fase la sofferenza è intensa, anche dal punto di vista fisico, e spesso le persone non hanno la forza di affrontare la realtà dell’abuso, non riconoscendolo. A questo punto è doveroso un quesito: «sceglierai te stesso o chi ti abusa?» 

2. Impara a conoscere i meccanismi subdoli

A rendere la condizione della vittima di abuso psicologico più complicata è il fatto che spesso all’esterno questa forma di abuso è del tutto invisibile; anzi, chi lo perpetra, tende a dare di sé un’immagine molto gradevole e positiva cosicché familiari, amici e rete sociale non crederanno possibile che accadano le cose che la “vittima” racconta. Diventa molto importante quindi che avvenga una educazione su quelli che sono i meccanismi subdoli più diffusi.

Gaslighting: è un termine tratto dal titolo di un famoso film di George Cukor degli anni ’40, ed indica “quando un abusante orchestra situazioni tali da far dubitare la vittima della propria memoria e delle proprie percezioni” (S. Thomas, Guarire dall’abuso nascosto, pag. 76);

Campagna diffamatoria: finalizzata ad isolare la vittima dalla sua rete sociale screditando e denigrando la stessa in modo solitamente subdolo e indiretto;

Scimmie volanti: mutuato dal film “Il mago di Oz”, questo termine si riferisce a tutte quelle persone vicine all’abusante che, consapevolmente o inconsapevolmente, perpetrano il suo “gioco sporco” di denigrazione e discredito nei confronti dell’abusato;

Ferita narcisistica: quella che si rivela nel momento i cui gli abusanti (che l’autrice considera affetti da disturbi della personalità narcisistico e/o, antisociale o da psicopatia) subiscono un torto o un’offesa reagendo in maniera del tutto fuori misura. La considerazione della ferita narcisistica nell’abusante induce l’abusato, spesso per sua natura molto empatico e tollerante, a giustificarne i comportamenti offensivi e disfunzionali sulla base delle sue presunte difficoltà e della sua “ferita”. Un grosso errore questo, che porta a giustificare e tollerare comportamenti sempre più gravi e disfunzionali da parte dell’abusante, come se questi non fosse davvero consapevole del male che produce; e) rinforzo intermittente (ne abbiamo parlato prima);

Fase di idealizzazione, svalutazione e scarto: le fasi che caratterizzano il ciclo dell’abuso nelle relazioni, in cui ad una prima fase di love bombing e idealizzazione seguono ciclicamente fasi di svalutazione profonda e infine scarto e chiusura brusca, e spesso violenta, della relazione.

3. Il risveglio: la naturale evoluzione della consapevolezza

È il momento in cui, forse per la prima volta, alla luce della consapevolezza di ciò che è accaduto davvero, si prova rabbia. L’abusato si concede finalmente di provare rabbia e disappunto, manifestando se stesso senza filtri al posto di quella sottomessa e sofferente “versione edulcorata (di se stessi ndr) per non offendere la fragile sensibilità degli abusanti” (S. Thomas, Guarire dall’abuso nascosto, pag. 95). A questo punto si smette di giustificare i comportamenti tossici dell’abusante e li si vede per quello che sono realmente: comportamenti patologici, dannosi, inadeguati, inutilmente offensivi, fuori luogo e fonte di profondo dolore nella relazione.

4. Impara a mettere dei paletti

Mettere paletti e stabilire sani confini interpersonali è il lavoro che caratterizza questa fase. Quello di imparare a definire e far rispettare sani confini interpersonali è un lavoro di fondamentale importanza per l’abusato, spesso molto difficile da fare poiché probabilmente questi non ha mai imparato a farlo, o ha smesso di farlo a causa di ciò che avveniva durante l’abuso. Mettere paletti significa stabilire la giusta distanza emotiva dall’abusante, che consenta di disintossicarsi dalle vecchie dinamiche velenose e di creare uno spazio all’interno del quale ricostruire la propria fiducia in se stessi e nel mondo, la propria forza, entrare nuovamente in contatto con se stessi.

5. Il recupero fisico, simbolico ed emotivo

La fase della restaurazione prevede il recupero fisico, simbolico ed emotivo, di tutto ciò che è andato distrutto durante la relazione tossica: oggetti, salute fisica e psichica, forza interiore, ricordi, stabilità economica, progetti, e ogni altra perdita subita durante l’abuso. È una fase che può richiedere anche molto tempo e pazienza e presuppone di aver attraversato le fasi precedenti.

Ora è importante ricordare che le macerie che esistono dentro di noi (e a volte anche fuori) non devono diventare il mausoleo eterno della sofferenza vissuta ma un monito costante: che renda più attenti e rispettosi di se stessi, del proprio tempo, spazio, della propria dignità e dei propri bisogni e desideri. In questa fase si impara nuovamente ad avere cura di sé, a concedendosi ciò che piace e nutre profondamente: amicizie, vacanze, passatempi, letture… tutto ciò che può servire a ricostruire la propria vita.

Probabilmente per molti andranno ricostruite anche le finanze laddove l’abusante abbia attaccato anche quelle. Ci vorrà del tempo. Occorre entrare nell’ottica di una ricostruzione graduale ma costante a partire dalle piccole cose. Occorre restaurare tutto ciò che è possibile, ma ci saranno oggetti che resteranno distrutti per sempre; in questo caso, la realistica accettazione di ciò che non può essere recuperato, sarà di aiuto per andare avanti.

6. Tenersi strette le conquiste

Questa fase è la più lunga e quella che richiede maggior costanza e determinazione. Ora che è passata la tempesta e le acque si sono chetate, probabilmente si riaffacceranno le nostalgie, i ricordi piacevoli, i momenti belli trascorsi con l’abusante. Occorre restare saldi nei propri propositi e nel rispetto di tutto il lavoro che fino ad ora è stato faticosamente portato avanti.

Quando i ricordi si riaffacciano con il loro carico di tristezza e nostalgia, bisogna pazientemente ricordare a se stessi tutto ciò che di brutto e spiacevole è accaduto: le denigrazioni, le svalutazioni, il dolore, la distanza emotiva, la solitudine e le perdite subite. Occorre tornare al centro, alla guida della propria vita. Imparare a scegliere persone, relazioni e attività sane, basate su rispetto di sé e reciprocità. Mantenere i paletti. Portare avanti la cura di sé. Coltivare la consapevolezza di ciò che è nutriente.

A cura di Annalisa Barbier, psicoterapeuta
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