Perché incontriamo solo persone sbagliate? Ecco la fatidica domanda che spesso ci poniamo ma che altrettanto spesso rimane senza risposta. Capita, infatti, che a causa di complessi meccanismi inconsci scegliamo il partner con cui si sa già in partenza che non potrà funzionare. Per esempio, si inizia una relazione con una persona sposata o non disponibile. Altre volte, invece, sembra che il destino ci sia stato complice, la scelta appare quella giusta… gli esordi ci suggeriscono che potrebbero esserci tutti gli ingredienti necessari per il lieto fine, tuttavia, successivamente, l’intesa iniziale si indebolisce e cominciano a insorgere problemi e difficoltà insormontabili.
Il partner sembra essere cambiato, non riconosciamo più la persona di cui in precedenza ci eravamo innamorati. Vediamo aspetti del suo carattere che ci infastidiscono e di cui non avremmo mai immaginato l’esistenza
Innamoramento e idealizzazione
Quando ci innamoriamo si innescano una serie di meccanismi interni che hanno a che fare con l’immagine interna e la rappresentazione mentale della persona di cui ci sentiamo innamorati e della relazione eventuale che abbiamo con essa. Nella prima fase dell’innamoramento il partner possiede tutte le caratteristiche del compagno ideale, lo osserviamo quindi con occhiali falsati, gli facciamo indossare una maschera che lo rivela come non è, un’idea colma di aspettative ma che però non corrisponde a realtà.
Secondo la psicoanalisi, la perfezione che vediamo nell’altro all’inizio della relazione è la proiezione, il riflesso dei nostri desideri. Siamo attratti dall’altro, perché questo entra in risonanza con i nostri vissuti emotivi, con il bambino che siamo stati. Ci lasciamo travolgere da una irrazionale passione mettendo da parte la capacità di ragionare con lucidità.
Nelle persone affettivamente e psicologicamente mature, quando la fase dell’innamoramento termina, come deve fisiologicamente accadere, si mantiene un interesse e un coinvolgimento in quanto l’idealizzazione si basava su aspetti che in qualche modo l’innamorato possedeva. Nel caso della persona affettivamente e sentimentalmente immatura, invece, alla fase di innamoramento segue una fase di svalutazione, essendo le sue aspettative e la sua idealizzazione completamente infondate.
Perché non riesco a trovare un partner: 6 possibili cause
Scegliere la persona sbagliata non solo porta a vivere infelici, ma significa difficoltà, prove estenuanti, privazioni pratiche di cura e di amore, non solo per l’altro, ma anche verso se stessi. Quali sono le ragioni più frequenti di questa apparente incapacità di trovare un partner?
1. Aspettative troppo alte
Non è sempre facile rinunciare al partner ideale, soprattutto quando siamo stati poco amati e considerati nella propria famiglia d’origine. Crediamo che la persona giusta sia quella capace di essere sempre presente e sia attenta, premurosa e disponibile a soddisfare i nostri bisogni (possibilmente senza che noi glielo chiediamo) e abbia la capacità di farci stare bene. Purtroppo nessun essere umano può soddisfare aspettative cosi elevate e anche il migliore dei partner ha dei periodi in cui è preso da altro o vive difficoltà e preoccupazioni che incidono sulla relazione.
Se le nostre aspettative sul rapporto sono troppo elevate, non riusciremo ad accettare i normali alti e bassi del rapporto e del sentimento pretendendo che sia sempre tutto perfetto, convinti che con la persona giusta non avremmo questi problemi. Si rischia inevitabilmente di focalizzarsi sugli aspetti negativi della relazione e del partner. Ci concentriamo su quello che manca invece che su quello che c’è, enfatizzando i momenti in cui la nostra dolce metà ci ha deluso senza tener conto delle volte in cui il nostro partner è stato invece disponibile e premuroso.
2. Problemi nelle capacità di comunicazione
La mancanza di comunicazione comporta crescere l’uno accanto all’altro, ma non insieme. Le evoluzioni interiori, i cambiamenti di gusti, i nuovi progetti non vengono comunicati, e si smette di essere ricettivi ai mutamenti dell’altro. A volte diamo per scontato che l’altro conosca i nostri stati d’animo a prescindere, e che quindi non ci sia bisogno di comunicare cosa vogliamo. Un grosso errore: quando ci si rende conto che non è così, si cade in uno stato di rabbia e frustrazione. Sotto questo aspetto ci sono diversi “fronti” su cui lavorare, tre di questi meritano di essere evidenziati.
# Mancanza di assertività
Si verifica quando si ha la tendenza ad assumere un ruolo passivo nelle conversazioni, a rispondere semplicemente a ciò che dice l’altro, senza voler contribuire. Questo comportamento lo troviamo nel partner con una mancanza di autostima. La comunicazione è il passaggio chiave per poter compiere tutte quelle conquiste che un tempo sono state rinunce.
# Mancanza di capacità di ascolto
Non basta tacere quando l’altro parla: è anche importante saper prestare attenzione a ciò che il partner dice mostrando empatia e comprensione
# Uso improprio del linguaggio non verbale
Talvolta possono crearsi equivoci non per ciò che si dice ma per il nostro modo di porci. La comunicazione non verbale incide fortemente sugli scambi che abbiamo con il prossimo e gioca un ruolo importante in tutte le nostre relazioni. Chi tendenzialmente è spesso scostante o aggressivo, può assumere un “atteggiamento para-verbale” capace di indurre l’altro sulla difensiva, così, anche la conversazione più innocente, potrebbe trasformarsi in un botta e risposta pericoloso.
3. Valere attraverso il partner
Secondo Héctor G. Barnés, l’amore non corrisposto è un meccanismo paragonabile alla legge del mercato: “le risorse limitate hanno un valore più alto, quelle abbondanti più basso“. Così come una merce diventa oggetto di lusso quando non possiamo accedervi, le persone irraggiungibili assumono ai nostri occhi un valore sorprendente.
Siamo portati a identificare il nostro valore attraverso le conquiste che facciamo. Così, la persona “bella e irraggiungibile” o “bella e impossibile” può diventare motivo di tormento e farci “struggere d’amore”. In realtà, ciò che ci fa struggere non è l’amore, ma l’idea che noi abbiamo un valore, in questo caso, ciò che ci serve non è un partner ma un modo alternativo per credere in noi stessi.
4. Identificazione distorta
Chi è cresciuto con genitori invalidanti, ha maturato la credenza di “non meritare”. Queste persone, troppo spesso sono portate ad accontentarsi in amore così da progettare di mettere su famiglia “con il primo che capita”. Non si ricerca il candidato ideale e congeniale ai propri gusti, bensì ci si tiene stretto il partito perché si ha paura di rimanere da soli. L’idea della solitudine diviene impensabile.
Queste persone hanno la tendenza a chiudere una relazione e iniziarne un’altra. I periodi di solitudine sono sempre descritti come particolarmente tristi. In questa circostanza, la persona non dovrebbe bramare l’amore dell’altro ma l’amor proprio.
5. Attaccamento disorganizzato
«Ti voglio, non ti voglio…» «Ti amo, non ti amo…» «mi piaci, non mi piaci…». Alcune persone finiscono per vivere il rapporto di coppia con una forte ambivalenza che genera confusione in sé e nel partner. Così, pochi istanti prima: «è il partner per me…!» Pochi istanti dopo: «devo lasciarlo!». Queste persone hanno “appreso” un modello relazionale non affatto sicuro, ciò si verifica spesso a causa di un genitore ambivalente o terrorizzante.
Quando la figura di attaccamento (che dovrebbe offrire cure e amore) si sovrappone a una figura abusante (che minaccia l’abbandono, che aggredisce e spaventa il bambino…), si assiste a una dinamica affettiva dagli effetti deleteri. L’adulto vedrà indizi di pericolo in ogni relazione e sarà combattuto tra la volontà di mettersi in salvo e scappare dall’altro (puntando alla massima autonomia) e la volontà di dipendere dall’altro.
6. La parte disapprovata di sé
In alcune coppie si osserva una tendenza paradossale: il partner afferma di amare una persona che sta disperatamente cercando di cambiare. L’amore si basa sull’accettazione e sulla stima, non sull’intento di cambiare l’altro. Eppure, in molte relazioni, uno dei partner cerca di cambiare l’altro. Come si spiega? A governare questo meccanismo vi è un conflitto inconscio. Il soggetto proietta sul partner “la parte disapprovata di sé”, quella che un tempo era oggetto di invalidazione genitoriale.
Non essendo stati capaci di accondiscendere in modo fantasioso alle richieste genitoriali, queste persone ripropongono un modello analogo nella coppia: loro assumono un ruolo genitoriale, spesso volto al controllo e alla cura, l’altro è il bambino irresponsabile da cambiare.
Per trovare l’amore chiediti tu cosa vuoi
Sto per dirti qualcosa che ti sembrerà banale: siamo noi a decidere se meritiamo amore, noi a decidere se possiamo accettarlo, e siamo noi che ogni giorno possiamo decidere di amarci! Detto ancora più chiaramente: se non crediamo di essere desiderabili, se non crediamo di meritare di essere amati, se non crediamo di avere tanto da offrire, difficilmente troveremo la persona “giusta”.
Se la sensazione di non meritare l’amore degli altri persiste, prova a fare questo esercizio
Immagina di avere i genitori migliori del mondo, i più affettuosi e attenti, quelli che forse non hai avuto ma che avresti voluto avere. Immagina che ti dicano ciò che hai sempre voluto sentire su di te: che puoi contare su di loro, che saranno sempre attenti, che ti daranno tutto l’amore del mondo. Prenditi un momento per riflettere sulle affermazioni di cui avresti avuto bisogno per sentirti amata/o e valorizzata/o. Poi ripetile ad alta voce come se fossero loro a pronunciarle.
Attraversare la sofferenza che la fine di una relazione, soprattutto tossica, comporta, richiede coraggio, forza, resilienza
Ma regala anche una grande opportunità: imparare a riconoscere i propri bisogni, ad andare nella loro direzione e sapere come soddisfarli, senza essere più schiavi del bisogno che qualcun altro lo faccia per noi. Credi sia un costo adeguato per un valore così grande? Un esercizio utile potrebbe essere quello di scrivere un elenco delle motivazioni per cui non eravamo felici in quella relazione, dei momenti di intensa sofferenza, delle volte in cui siamo state/i molto male. E tirarlo fuori, rileggerlo, quando abbiamo in mente solo la parte idealizzata di ciò che abbiamo vissuto. E RICORDA SEMPRE…LA STORIA E’ FINITA, LA VITA NO.
Tu puoi farcela!
Diventa il genitore di te stessa/o e che non hai mai avuto. Rimetti a posto quel tassello mancante nel tuo sistema di credenze. Adesso sei adulta/o, hai il potere e il diritto di amarti e di stare bene con te stessa/o. Amare se stessi è una capacità che va coltivata e mantenuta costantemente, senza questa abitudine consolidata è impossibile riuscire ad amare pienamente il prossimo. E quindi, si ritorna al punto di partenza: per trovare l’amore hai bisogno di amare te stessa/o.
Come rinascere…
Molto spesso sento dire che per cambiare basta la forza di volontà. Questa è la credenza più ingenua del mondo! Prova a svitare un bullone con la sola forza di volontà, finirai per farti solo male le dita! Il bullone lo devi conoscere, devi saperne il calibro e poi disporre di una chiave inglese e capire il verso giusto per svitarlo. Ecco, per il cambiamento è così, solo che in gioco non c’è solo un verso e un calibro da decifrare… Devi conoscerti, hai bisogno di capire come funziona la tua mente e poi adoperare, uno a uno, tutti gli strumenti necessari per cambiare e svoltare nella vita.
Lavora su te stesso
Il tuo partner potrà minare la tua autostima, ferire il tuo cuore, calpestare i tuoi diritti emotivi, farti sentire incompreso e poco considerato… ma c’è una cosa che non potrà mai portarti via: il tuo valore personale! Come premesso, fin da bambini nessuno ci insegna che possiamo affermare noi stessi senza aver bisogno di nessuno. Eppure, noi non solo possiamo ma dovremmo bastare a noi stessi. Solo sviluppando una sana indipendenza psicoaffettiva possiamo affrontare qualsiasi burrasca sentimentale. Per lavorare su te stesso e sulla tua affermazione personale, ti consiglio la lettura del mio libro «d’Amore ci si ammala, d’Amore si Guarisce», disponibile in tutte le librerie o su Amazon, a questo indirizzo.
A cura di Ana Maria Sepe, psicologo e fondatrice della rivista Psicoasvisor
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