8 segnali che stai sottovalutando il tuo valore

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Dott.ssa in biologia e psicologia. Esperta in genetica del comportamento e neurobiologia. Scrittrice e founder di Psicoadvisor

Il valore che percepiamo di noi stessi è legato a moltissimi fattori, il primo è il confronto sociale. Purtroppo, fin da bambini, ci insegnano a sentirci “bene con noi stessi” nei paragoni con gli altri e questo è un insegnamento pericolosissimo. Se ti senti insoddisfatto di ciò che fai, se senti di non essere o avere abbastanza e, soprattutto, se quando qualcuno ti muove un complimento invece di gratificarti ti imbarazza o innesca in te altre reazioni (pensi che l’altro non sia sincero, che stia esagerando, che abbia un secondo scopo…); sappi che ci sono elevate possibilità che tu stia sottovalutando il tuo valore.

Fin dall’infanzia, ognuno impara il valore che può attribuirsi nei contesti relazionali, nelle prime esperienze interpersonali che si verificano in famiglia e poi a scuola. Ricorda che, quando fai ingresso a scuola, i tuoi genitori già ti hanno fornito (in modo del tutto implicito) un “sistema di valutazione” che tu applichi a tutto, finanche a te stesso. Purtroppo, sebbene verbalmente ci vengano insegnati principi di uguaglianza, vicinanza, reciprocità e rispetto, impariamo a nostre spese che nei fatti non va proprio così.

Lo impariamo, in primis, osservando il comportamento dei nostri genitori e le dinamiche familiari. Se in famiglia il soddisfacimento dei bisogni di uno va a scapito di quelli di un altro, già capiamo che nel sistema familiare non tutti hanno lo stesso valore! Per esempio, le scelte genitoriali avvantaggiano sempre un figlio, oppure nelle decisioni c’è un genitori che prevale sull’altro. Allora, poi, ci aspettiamo che anche in altri contesti sia così. Che esista “quello preferito” e che il parere di Tizio abbia più valore di quello di Caio anche nei rapporti egualitari.

Allora cosa succede? Capita che impariamo ad attribuirci sia il ruolo che il valore che ci è stato conferito inizialmente dal nostro sistema familiare. Entro le prime esperienze di vita, infatti, impariamo “a cosa possiamo ambire” in base alla percezione che i nostri familiari ci rimandano di noi. Ripeto, questo “passaggio di testimone” avviene in modo del tutto implicito e invisibile. Gli altri membri della famiglia sono inconsapevoli del fatto che i loro atteggiamenti andranno a definire la tua identità. Fondamentalmente loro trattano te non in base a chi sei o a chi vorresti essere, ma in base a ciò che a loro volta hanno appreso nel loro “sistema di valutazione”.

Si chiama «parent leveling»

Le convinzioni interpersonali, cioè ciò che i tuoi genitori pensavano di te, hanno condizionato la tua identità e percezione che hai di te stesso. Questo processo si chiama «parent leveling» ed è una sorta di “modellamento parentale”. Il parent leveling, in tempi più recenti, è diventata una vera e propria disciplina che studia quanto gli atteggiamenti genitoriali condizionano lo sviluppo dei figli.

Il modo in cui ci hanno trattato gli altri nel nostro passato ha gettato le basi per tutta una serie di credenze. In realtà noi non ci conosciamo abbastanza perché fino a oggi ci siamo osservati con gli occhi degli altri. Spesso, però, si è trattato di occhi svalutanti, critici, poco attenti alle grandi potenzialità che ci portiamo dentro.

Sai come funziona il nostro sistema cognitivo? Per costruire una coerenza con i nostri apprendimenti del passato, esclude dalla nostra coscienza tutte le prove contrarie. Cosa significa? Che se a un certo punto della nostra vita ci siamo convinti di non valere abbastanza:

  • da un lato abbiamo preso a guardarci con occhi autosvalutanti
  • dall’altro, abbiamo imparato a guardare tutte le prove che confermano questa idea, sminuendo i nostri successi.

Come puoi capire se sta capitando proprio a te? Prova a osservare questi semplici indicatori. Ti apriranno gli occhi:

  • Se raggiungi un obiettivo, pensi che «in fondo ce la fanno tutti».
  • Svaluti ciò che possiedi pensando «ce l’hanno tutti».
  • Quando fai dei paragoni, ne esci sconfitto.
  • Fare scrolling sui social network e visitare i profili altrui ti rende frustrato.
  • Tendi a a dire «sì» anche quando vorresti dire «no»
  • Se qualcuno fa qualcosa per te, ti senti in debito
  • Non sempre sei soddisfatto del tuo corpo (anche se il tuo corpo è lo stesso)
  • Hai la sindrome dell’impostore

La sindrome dell’impostore

La sindrome dell’impostore è l’autosvalutazione per eccellenza. Chi ne soffre, ha interiorizzato un’immagine di sé come di scarso valore. Tale percezione lo induce a impegnarsi, ad accumulare conoscenza ma… anche a non esporsi e rimanere nell’ombra! Guardandoti intorno ci hai mai fatto caso? Osservando dei funzionari o impiegati, ti sei mai chiesto: «come quella persona ci sia finita lì?». Capita perché chi tende ad accumulare molte capacità, è proprio colui che si svaluta e ha paura di esporsi! Al contrario, chi osa spesso non è consapevole dei proprio limiti e, proprio come tu ignori le prove del tuo valore, lui/lei, ignora i suoi fallimenti!

Ogni esperienza dovrebbe lasciare traccia di sé nel vissuto individuale. Tuttavia, quando ci sono delle esperienze precoci (infantili) che costantemente gridano: tu non hai valore! diventiamo impermeabili agli effetti positivi che potrebbero avere su di noi il raggiungimento di un traguardo, piccolo o grande che sia. Ridimensioniamo tutto. E le conseguenze sono inevitabili:

  • Ci autosabotiamo, molliamo la presa soprattutto quando stiamo per raggiungere un obiettivo o lasciamo le cose a metà. Abbiamo paura di farcela!
  • Dipendiamo dalle rassicurazioni e validazioni esterne. Che però, poi, svalutiamo.
  • Abbiamo paura di deludere le aspettative altrui.
  • Viviamo ingabbiati nell’insicurezza.
  • Rimuginiamo sulle scelte, su cosa è meglio, ci ossessioniamo nel tentare di capire come agire al meglio.

Questi atteggiamenti spalancano le porte a problematiche molte complesse come l’ansia, elevati livelli di vigilanza (stress), depressione, sensi di colpa, vergogna e altri comportamenti disfunzionali. La sindrome dell’impostore può declinarsi con diverse sfaccettature e profili. Vediamone alcuni:

Il perfezionista 
Chi vuole fare un buon lavoro, dà il meglio di sé. Il perfezionista, invece, si dà standard impossibili. Raggiunge risultati di cui raramente è soddisfatto. Per esempio, dopo un discorso pubblico, un esame o un dibattito importante, può stare lì a scervellarsi sulle frasi che avrebbe dovuto dire meglio!

Il genio naturale 
È una persona con un elevato QI e con particolari abilità di cui ne è più o meno consapevole. Tuttavia, tale consapevolezza, non migliora la percezione che ha di sé. Anzi, crede che l’intero sua valore personale sia legato a quanta conoscenza riesca ad accumulare in quel dominio. Quando misura se stesso, però, sui piatti della bilancia, pesano più le “cose che non sa”. Perché le sue abilità e conoscenze non sono mai abbastanza!

Può aver ricevuto anche riconoscimenti, tuttavia, come abbiamo premesso, le esperienze precoci infantili, avendo gettato credenze pervasive mediante il parent-leveling, prevengono l’acquisizione di nuovi apprendimenti in età adulta.

Il pretenzioso  
È una persona con elevate capacità e pretende da se sempre il meglio. Le sue pretese sono spesso impossibili. Per esempio, se ama la musica ed è incline a questa disciplina, potrebbe essere terribilmente deluso da sé quando non riesce a imparare a suonare senza un insegnante.

Il pretenzioso vuole tutto è subito -non in termini materiali ma di apprendimento-. Qualsiasi cosa lui/lei faccia, parte sempre da ottime basi (perché di fatto è dotato), tuttavia si sente sconfitto dall’idea di non eccellere fin dal quarto o quinto tentativo. Questa persona ha appreso la delusione e, puntualmente, cerca di auto-deludersi così come gli altri lo hanno fatto sentire nelle sue prime esperienze precoci.

Il solista – o faccio tutto io!
È una persona che ha imparato che deve arrangiarsi da solo e non chiede mai aiuto. Anzi, più sente il bisogno di aiuto, più si radica in se stesso. La sua vita è molto caotica: ha mille responsabilità, tanti compiti extra e si prefissa sempre molti obiettivi. Nei casi estremi, nutre la pretesa di poter fare tutto: dall’aggiustare la caldaia a sostituire l’hard disk del computer.

Allora crede di saper fare tutto? No. In realtà si cimenta in queste imprese per dare prova agli altri del suo valore. Intrinsecamente, si svaluta e ha bisogno di costanti prove esterne per avere uno straccio di prova di ciò che vale. È terrorizzato dai fallimenti.

Come affermare il tuo valore

Per superare i sentimenti di inadeguatezza e scarsa percezione di sé, è importante ricordare quale sono le caratteristiche che ti rendono unico. È fondamentale ricordare che una cosa è il valore personale e tutt’altra cosa è il consenso sociale. Ci sono, infatti, delle caratteristiche che sono socialmente appetibili. Essere famosi, di successo, facoltosi, avere un fisico scolpito, eternamente giovani (etc.). Tuttavia, questi sono standard sociali, condizionamenti culturali che niente hanno a che vedere con il valore personale. Quindi è bene tenere in mente questa linea distintiva. Il tuo lavoro non determina quanto vali, così come i titoli che hai potuto accumulare.

Il tuo valore è qualcosa di intrinseco e, come premesso, è più legato alla tua identità e alle caratteristiche che ti rendono unico. Allora come fare? Impara a scorgere le tue risorse e a essere supportivo con te stesso. Aspettiamo che gli altri notino le nostre qualità e i nostri talenti. Attendiamo che arrivi qualcuno a dirci: «hei, tu vai bene così come sei» o «wow, sei speciale»; quando quel qualcuno potresti essere tu, solo se impari a sostenerti e a guardarti con i tuoi occhi. La chiave è questa: smetterla di guardarsi con gli occhi dei nostri genitori, gli amichetti di scuola, gli insegnati svalutanti… e finalmente, iniziare a guardarsi con i proprio occhi.

Sai, ho scritto un libro che può accompagnarti in questa scoperta. S’intitola «il mondo con i tuoi occhi» ed è già bestseller. Puoi trovarlo in tutte le librerie o qui su amazon. In ogni pagina, sarai preso per mano e condotto alla scoperta dei tuoi valori autentici, delle qualità e delle sfaccettature di te che ti rendono unico. Ti insegnerò a usare in modo costruttivo i tuoi dubbi, così da non sentirti più in soggezione e soprattutto, così da non aver timore di esporti. Fidati: tu sei capace, degno d’amore, di stima e… di valore. Devi solo imparare a guardarti, per davvero. Senza la lente distorsiva dell’esperienze precoci che ti hanno segnato.

Autore: Anna De Simone, psicologo esperto in psicobiologia
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