Quello di amare e di sentirsi amati è un desiderio universale, radicato negli esseri umani in modo primordiale, fin dalla nascita e fin dall’instaurarsi del primo legame affettivo. La capacità che ognuno di noi ha di instaurare legami affettivi non è innata ma appresa e, come modello di apprendimento, vi è proprio quel primo legame affettivo.
Nel 1895 Sigmund Freud disse “Penso che quest’uomo stia soffrendo a causa dei suoi ricordi“. La storia, la psicoanalisi, si basa sugli apprendimenti che sono diventati ormai parte integranle di un individuo, sul passato che interferisce col presente.
L’affettività e la capacità di instaurare relazioni interpersonali, sono senza dubbio tra quelle questioni apprese e che fanno parte di noi a livello intrinseco. Non solo, l’affettività può essere considerata l’epicentro dell’intera psicologia perché chi nel corso della vita dovesse incontrare significative difficoltà nella sfera emozionale, vuol dire che sta ancora “soffrendo a causa dei suoi ricordi” che siano vividi o rimossi.
Paura di amare e di essere amati
Nel web, tra blog e sui social network, leggiamo sempre più spesso di dipendenza affettiva, di cuori infranti e più in generale di “mal d’amore” ma c’è un aspetto del mal d’amore che viene troppo spesso trascurato, la philophobia.
E’ definita philophobia la paura di amare. La philophobia, però, non è solo paura di amare ma anche paura di essere amati. La philophobia descrive infatti una condizioni in cui un individuo è reticente a sperimentare emozioni di unione, intimità e coesione con l’altro.
Il risultato? L’individuo può sperimentare continui stati d’ansia nella relazione, può sentirsi oppresso dal legame oppure, al polo opposto, approcciarsi solo a persone anaffettive che di fatto riescono a mantenere una distanza di sicurezza nello stesso legame.
A differenza delle altre fobie, la philophobia può non essere del tutto cosciente ed essere, di volta in volta, attribuita a un contesto, proiettata all’esterno e le si possono attribuire “logiche apparenti”. Chi soffre di philophobia, inoltre, può condurre una vita apparentemente normale perché nella gran parte dei casi, il disturbo è localizzato solo nella sfera sentimentale. L’individuo non avrà problemi lavorativi o sociali, riuscirà a stabilire legami di amicizia più o meno autentici e si saprà districare in qualsiasi contesto.
I sintomi vengono a galla solo nei rapporti amorosi, è qui che chi soffre di philophobia, presto o tardi, inizierà a mostrare rigidità, chiusura, evitamento e creare distanza nella coppia che dall’altro lato viene vissuta come del tutto irragionevole. Come premesso, per evitare tutto ciò, chi soffre di philophobia può ricercare relazioni con chi è incapace di amare (con chi ha uno stile di attaccamento evitante, con chi è anaffettivo o portare avanti relazioni a distanza).
Chi vive con questo disturbo, però, non è immune dal bisogno di ricevere amore che appartiene a tutti noi. Anche se vive con tensione l’innamoramento, potrebbe, prima o poi, ricercare e cimentarsi in relazioni intime e portarle avanti fino a quando riuscirà a sostenere i sintomi.
philophobia: sintomi
Come ti ho spiegato, tra i sintomi vi è il vivere la relazione in modo ansioso, in termini di minaccia.. “come se la relazione mi sottraesse qualcosa di mio” direbbe un philofobico. Sì, perché chi soffre di philophobia tende a mentalizzare le cause del suo vivere male i legami. Può riferire di volere “maggiore libertà” solo perché tende a vivere la relazione come “opprimente” quindi quel desiderio di libertà non è autentico ma solo in risposta a un sintomo della stessa philophobia.
La philophobia può essere latente per anni e manifestarsi solo quando chi ne soffre incontra una persona che lo colpisce emotivamente. In questi casi, chi ne soffre può riferire un ingiustificato sentimento di vergogna a volte completamente immotivato e altre volte mosso dall’idea di sentirsi giudicato dal partner o manipolato in qualche modo. Chi ne soffre può riferire una insostenibile paura di perdere il controllo o può percepire di star perdendo potere su di sé.
In più, chi soffre di philophobia può sperimentare un continuo conflitto interiore e oscillare tra la paura della solitudine e la paura della coesione con l’altro (e quindi dell’abbandono). A questa oscillazione, di sottofondo, chi soffre di philophobia riferisce sentimenti di amarezza, di sconfitta, senso di inadeguatezza, senso di inutilità, escolusione e credenza che ogni storia, prima o poi, dovrà giungere a un capolinea e il suo fare marcia indietro prima del tempo –con il ghosting– non fa altro che bruciare le tappe e anticipare un evento che sarebbe comunque inevitabile.
Ghosting e philophobia
Uno dei criteri diagnostici non ancora inscritti nella psicodiagnostica di questa particolare fobia, è la reiterata tendenza a “sparire” improvvisamente dopo aver vissuto una relazione emotivamente intensa. Il ghosting è sempre esistito, oggi ha assunto solo una rilevanza maggiore a causa dei forti mezzi comunicativi di cui disponiamo: telefoni spenti, cancellazione dai social-network, rifiuto di comunicare, disattivazione di whatsapp…
Gli psicologi americani chiamano questa modalità “ghosting”, da “ghost”, fantasma. Preso dalla paura dell’amore e dall’incapacità di portare avanti un legame intimo, l’individuo sparisce all’improvviso generando nell’ormai ex partner angoscia, disperazione e senso di irrisolto.
D’altro canto, prima di arrivare al ghosting, chi lo pratica sperimenta a sua volta angoscia, angoscia generata dal presentimento di un’intesa intimità che non è in grado di sostenere. Perché? Perché quella persona sta ancora “soffrendo per il suo passato” e perché dunque non è stato in grado di sviluppare un’affettività sana, fatta di reciprocità, unione e incontro intimo con l’altro.
Come un fantasma, chi ha paura dell’amore si volatilizza nell’ansia, nell’angoscia del legame e si rende invisibile all’amore, nonostante lo desideri.
Così, molte persone collezionano “storie d’amore intense” che però non riescono a portare avanti perché convinti che se dovessero impegnarsi nella relazione, il legame diventerà, in qualche modo, un grave problema e che comunque giungerà alla sua disfatta.
E’ solo una questione di tempo, la relazione comunque finirà.
Così, chi soffre di philophobia può vivere le unioni come bombe a orologeria pronte a esplodere -con una separazione esplicita, spesso complice una terza persona usata come via di fuga dal rapporto- o implodere -con una separazione silente, il ghosting-.
Con il ghosting, chi soffre di philophobia, si risparmia il gravoso compito di dover affrontare il modo attivo il problema, sprofondando nei suoi sintomi senza dover condividere nulla con il partner: in fondo è proprio dall’unione e dalla condivisione che fuggono, quindi da un punto di vista clinico non c’è molto da meravigliarsi.
Chi soffre di qualsiasi fobia, nella realtà dei fatti, non sa di avere o comunque di poter acquisire tutti gli strumenti giusti per superare il limite tracciato dal disagio che sta vivendo. La paura di amare nega la possibilità di vivere l’esperienza meravigliosa di amare e lasciarsi amare.
Al contrario degli anaffettivi, chi soffre di philophobia sa perfettamente amare ed è in grado di ricevere amore ma non riesce a portare avanti legami intimi perché condizionato dalla convinzione limitante che amare qualcuno sia una sorta di “impegno gravoso” oppure che l’altro potrebbe in qualche modo manipolarlo e/o abbandonarlo.
E’ qui che scatta il ghosting come meccanismo di difesa nato per fare fronte a un problema che chi lo vive non ha altri mezzi per affrontare e che chi si trova dall’altra parte non sa neanche che esiste! Chi pratica il ghosting, spesso, ha paura di perdere il controllo, il suo baricentro e preferisce vivere di rinunce che sperimentare una relazione. Il motivo? La sua irrazionale convinzione limitante che tutte le relazione volgeranno al termine, che tutti i partner saranno portati a tradirlo, manipolarlo o comunque lasciarlo, in un modo o nell’altro.
A volte, chi soffre di philophobia si richiude in un mondo proprio, dove sperimenta e soprattutto accetta il dolore della solitudine. Lo accetta fino a quando non si accende nuovamente quell’interesse emotivo e quell’attrazione per una persona fino a quando, poi, si ripete il ciclo in cui il philofobo si sente messo alle strette e sarà costretto a indietreggiare.
La philophobia (paura di amare e di essere amato o più in generale paura dell’unione intima) può non emergere mai in modo consapevole per questo motivo, è importante che chi si innamora di una persona che ne soffre possa riconoscere il problema e saperlo correttamente attribuire all’altro, anziché, come accade spesso, soffrire indicibilmente per la sparizione del partner o perché il partner ha chiuso il rapporto senza dare spiegazioni tangibili. In questo frangente può esserti utile la lettura del mio articolo Ghosting, 20 segnali premonitori.
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