La depressione reattiva è una forma di depressione clinica o di disturbo depressivo maggiore. Proprio come la “depressione mascherata” non si trova nell’ultimo manuale diagnostico (DSM V) ma nel tempo è stato oggetto d’interesse e lo è tutt’oggi.
Nel manuale diagnostico dei disturbi mentali (DSM IV), si parla generalmente di depressione atipica facendo riferimento a quei casi di depressione che non rispettano i classici criteri diagnostici che configurano un quadro depressivo canonico.
Allora che cos’è la depressione reattiva? Provo subito a spiegartelo partendo dal suo significato, anzi, dal significato dei due termini che compongono questo disturbo: deprimere e reazione.
Deprimere: indebolire, abbattere fisicamente o moralmente.
Reazione: risposta direttamente provocata, motivata, determinata da un evento, azione o torto subito.
Depressione reattiva: cos’è e cause
E’ annoverata tra le diverse forme depressive ma al contrario della depressione maggiore è legata a un evento scatenante.
Gli eventi che possono innescare la depressione reattiva sono soggettivi e molteplici, ti parlo di eventi forti e drammatici come un lutto, una perdita, una separazione, un fallimento, una delusione (professionale o sentimentale), una violenza fisica, una truffa… Certo, è normale stare male ed esprimere il proprio dolore a seguito di una “disgrazia”, tuttavia in caso di depressione reattiva, la risposta emotiva è eccessivamente più intensa e prolungata rispetto alla causa scatenante.
La vita è piena di eventi stressanti e dolorosi, così, la depressione reattiva diviene un disturbo molto più diffuso di quanto si possa immaginare.
L’affido di un bambino all’altro genitore in caso di divorzio, la morte di un proprio caro, un aborto o più semplicemente la separazione dal proprio compagno, un furto subito, un incidente stradale, un trasloco o un trasferimento sul lavoro.
Ognuno vive lo stress e il dolore in modo diverso. La depressione reattiva può essere indotta anche da un evento all’apparenza: in persone particolarmente fragili, questa forma di depressione può subentrare anche a seguito di una bocciatura a un esame o un qualsiasi evento che possa tradire delle grosse aspettative.
Questi eventi, drammatici o più miti che siano, possono scatenare una reazione depressiva che può persistere per molto tempo e interferire in modo significativo con le normali funzioni sociali, affettive e lavorative di una persona.
Questa è quindi la definizione di depressione reattiva: una risposta emotiva sproporzionata a un evento vissuto.
Depressione reattiva: sintomi
Proprio come la depressione maggiore, anche la depressione reattiva è caratterizzata da sintomi quali:
- Sentimenti di disperazione
- Sentimenti di inutilità
- Tristezza cronica
- Apatia
- Perdita di piacere
- Sensazione di inutilità
- Fragilità e instabilità emotiva
I sintomi sono tali da compromettere il buon funzionamento sociale, lavorativo e affettivo dell’individuo colpito. Possono poi essere correlati altri sintomi quali:
- Ansia e agitazione
- Disturbi alimentari con fluttuazioni di peso
- Irritabilità
- Problemi di memoria
- Difficoltà di concentrazione
- Dissociazione
In molti casi, la depressione reattiva è “mascherata” con sintomi di natura psicosomatica, così come ti ho spiegato nell’articolo dedicato alla depressione mascherata. La depressione mascherata, infatti, è un ulteriore sottotipo di depressione reattiva.
A livello comportamentale potrebbero subentrare sintomi come la coazione a ripetere, cioè la tendenza a ripetere un modello comportamentale disfunzionale. In casi più gravi questo potrebbe anche comportare l’assunzione di droghe.
tra gli altri sintomi, potrebbero subentrare sentimenti di pentimento a livello esistenziale. Sentimenti di auto-colpevolizzazione e auto-svalutazione.
Depressione reattiva da lutto o depressione da separazione
Probabilmente ti starai chiedendo: come si può delineare un confine per valutare l’intensità di sofferenza di una persona quando siamo davanti a eventi tragici come un lutto?
La risposta non risiede tanto nell’intensità ma nella durata e nella gestione della stessa sofferenza. La morte di una persona cara è un evento, di per sé, molto doloroso. La sua elaborazione richiede tempo e prevede il passaggio tra diverse fasi. Nella depressione reattiva ciò non accade e la persona che dovrebbe elaborare un lutto, invece, si ritrova a rivivere in modo costante una forte disperazione. Più avanti nel tempo, questa disperazione potrebbe non essere più percepita come legata al lutto non elaborato anche se è stata quel lutto a innescarla.
Differenze tra depressione maggiore e reattiva
La depressione reattiva è un tipo di depressione clinica che generalmente dura diversi mesi. La differenza principale tra la depressione maggiore e la depressione reattiva non è nella durata ma risiede nella causa. La depressione reattiva, al contrario delle altre forme di depressione, è legata a un evento specifico.
Per la diagnosi di depressione reattiva, lo psicoterapeuta dovrà esaminare il comportamento del paziente alla luce degli eventi più recenti e dei suoi mutamenti di umore (e come questi si riflettono sul suo stile di vita).
E’ la relazione tra un evento e i sintomi depressivi a condurre, lo specialista, a formulare una diagnosi di depressione reattiva.
Depressione reattiva: terapia
La depressione reattiva non è un disturbo da tutti. Cosa voglio dire? Che tutti attraversano momenti dolorosi nella vita ma non tutti si ritrovano a sprofondare nel vortice della depressione. Il motivo? Chi soffre di depressione reattiva porta con sé delle ferite: a volte basta elaborare la causa scatenante per uscirne, ma altre volte bisogna andare più in profondità.
Ti riporto un caso clinico molto comune: la depressione reattiva diagnosticata a seguito di una separazione.
Maria aveva 24 anni quando conobbe Luca. I due sono stati insieme fino a quando, dopo 6 anni di relazione (di cui 4 di convivenza), Luca non decide di separarsi. Maria, a quel punto, sprofonda in uno stato di apatia assoluta, si chiude in casa e si sente disperata. La sua vita ha perso ogni significato, si sente ormai inutile e il suo stato d’animo non si doma con il trascorrere delle settimane. Maria si chiude in se stessa e non risponde in modo funzionale agli stimoli esterni. L’apatia caratterizza ormai tutte le sue giornate e Maria non fa altro che andare avanti per inerzia.
Facendo un passo indietro ed esaminando la storia di Maria, vediamo che la sua intera vita era basata sul rapporto con Luca. Con costui aveva stabilito un legame di dipendenza affettiva. Nessuno l’avrebbe detto: in fondo quella ragazza, prima del crollo, appariva realizzata (laureata, con un buon posto di lavoro…), eppure non si bastava! Maria, infatti, non aveva strutturato una buona stima di sé. Facendo ancora qualche passo indietro, vediamo che l’infanzia di Maria era caratterizzata da legami instabili a partire con quello della madre che più volte aveva abbandonato il tetto coniugale per poi tornare.
Il caso di Maria ti fa capire come è “facile” cadere nella depressione reattiva quando non si ha una struttura molto solida o quando delle ferite passate (come la paura dell’abbandono) ancora lavorano in background condizionando il presente.
Nei casi come quello di Maria, la terapia non mira solo a elaborare l’evento scatenante ma anche a costruire un nucleo interno stabile.
Come guarire dalla depressione reattiva
Se il decorso della depressione maggiore lascia spazio a una difficile prognosi, l’esito della depressione reattiva è generalmente più favorevole.
Poiché l’umore depresso deriva da un evento scatenante, la psicoterapia può dare risultati ottimali anche in periodi molto brevi.
La parte più difficile del decorso della depressione reattiva è quella iniziale: per il paziente è difficile recuperare e riporre le speranze in una qualsiasi terapia quando sentimenti come l’impotenza e la disperazione dilagano.
Chi soffre di depressione reattiva non deve fare i conti solo con i sintomi descritti in precedenza: questi sintomi si riflettono sulla sfera fisica traducendosi in scarsi livelli di energia. Se un paziente ha poche energie da investire, diventa davvero difficile il trattamento.
Se sospetti di avere una grave depressione reattiva, è importante che tu cerchi aiuto. Analogamente, se un tuo caro soffre di questo disturbo, potrebbe essere opportuno indirizzarlo verso una psicoterapia.
Il momento più delicato vissuto dalle persone affette da depressione reattiva è la sera: con il buio, la stanchezza della giornata e l’abbassamento della barriera dello stato cosciente, tutti i sintomi tipici della depressione si accentuano.
I farmaci sono consigliati nella cura di questo disturbo?
In alcuni casi sì. Per esempio, in caso di depressione reattiva e ansia, potrebbe essere utile un supporto con benzodiazepine (ansiolitici).
Se la depressione reattiva compare in un quadro già di per sé problematico e ricco di fragilità o qualora dovessero essere presenti ideazioni suicidarie, potrebbe essere utile l’integrazione di farmaci antidepressivi.
In qualsiasi circostanza, l’uso dei psicofarmaci va sempre discusso con lo psicoterapeuta e lo psichiatra: questo è sempre vero anche se, nella depressione reattiva, il paziente tende ad accettare passivamente tutto. Ecco perché in questo tipo di depressione, quando la disperazione dilaga, è più facile cadere nell’uso di sostanze stupefacenti o nell’alcolismo. Ed ecco perché è molto importante agire in fretta senza rischiare di passare da un disturbo depressivo a una tossicodipendenza. E’ inoltre essenziale capire che solo la cura farmacologica non basta
Tra le altre forme di depressione annoverate nel DSM solo in passato, potrebbe interessarti la “depressione psicotica“.
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Gentile Anna De Simone,
ho trovato molto utile questo articolo. Mi rispecchio in molti punti della depressione reattiva, che purtroppo mi sono trascinata dietro per molti anni (ho 26 anni e ho iniziato a soffrirne a 17) ignorandola e pensando che si sarebbe risolta da sé con lo scorrere del tempo.
Dopo aver lavorato su me stessa e fatto molta terapia sto molto meglio rispetto a qualche anno fa, però, a parte le giornate no che comunque a volte capitano, la cosa che più mi incuriosisce è che il mio umore peggiora ogni volta che passo più tempo del solito in casa.
Se sto in casa per 2/3 giorni di fila il mio umore peggiora molto: inizio a pensare di essere una nullità, che in realtà i miei amici mi disprezzano, non mi realizzerò mai etc., invece quando esco, anche solo per passare un pomeriggio con un’amica oppure andare a studiare in biblioteca, sto meglio, mi concentro bene nello studio, ho pensieri più positivi, sono più creativa e se ho un problema riesco a vederlo da una maggiore distanza, valutandolo più obiettivamente senza fare drammi.
Perché stare in casa mi fa questo effetto?
Grazie,
Sofia