Fare ordine in una coppia. In ogni coppia le storie di vita personale si incontrano e influenzano il suo funzionamento. Quanto incide la consapevolezza della propria storia nella coppia?
La coppia è un incontro di storie. Due persone si conoscono, si innamorano e le reciproche vite passate cominciano a circolare per la casa che hanno costruito insieme con cura. Il mobile antico ereditato, alcuni vecchi libri di scuola e gli album di foto di quando si era piccoli si incontrano per dare vita ad un nuovo inizio.
Da un punto di vista non materiale, invece, fanno ingresso nella nuova casa memorie di vite più o meno serene, leggere e spensierate, o traumatiche e dolorose; il ricordo di genitori sani, presenti, amorevoli oppure freddi, assenti, indifferenti o con nessuna di queste caratteristiche.
Ci sono appartamenti in cui le storie di ciascuno vagano silenti fra le pareti ed altri in cui alle persone piace raccontarsi: “quando ero piccolo mio padre… etc.”.
Una storia può quindi tacere in un silenzio che assorda o addirittura espandersi fino ad ingombrare.
La storia personale risuona nella coppia
Non importa quanto essa venga esplicitata perché, che sia taciuta o narrata di continuo, essa vive costantemente nella quotidianità della coppia influenzandone incessantemente l’andamento: quando si litiga, si va in vacanza, dietro ai fornelli, in macchina o per la strada. Quando si tratta di prendere decisioni, di educare i figli o nella scelta di un prodotto al supermercato. Si intrufola dappertutto in maniera più o meno conscia.
Quanto più un individuo conoscerà se stesso e la propria storia, tanto più saprà individuare con chiarezza nella coppia gli elementi che appartengono al proprio bagaglio di vita.
E questo potrà essere utile affinché essa funzioni. Quando invece della propria storia si ha poca coscienza, il rischio è che il qui ed ora venga costantemente “inquinato” dal passato e quindi dalle emozioni o dai bisogni delle nostre parti bambine, senza che l’individuo possa prendersene cura, perché inconsapevole.
“Non mi rispondi mai al telefono!”, diceva Laura al fidanzato. “Ma non è vero, ti ho risposto!”, ribadiva Lorenzo porgendole il telefono in mano. Ma anche quando lui cercava di rassicurarla, Laura si sentiva arrabbiata perché poco considerata; lo accusava continuamente di disamore. Aveva spesso la sensazione che il suo uomo le mancasse, nonostante lo avesse di fianco ogni giorno.
Ogni tanto Lorenzo tornava stanco dal lavoro e si chiudeva nella sua stanza e Laura si sentiva abbandonata.
La sensazione di rifiuto di quella donna derivava da una storia di deprivazione d’amore da parte della madre e del padre che la induceva, nella vita adulta, oltre che a sentirsi sempre rifiutata, anche a pretendere vicinanza di continuo. La parte bambina che in passato non aveva ricevuto bussava alla vita attuale esigendo di essere nutrita.
“Io non ho avuto quindi pretendo!”, era il suo motto inconscio. E non era mai abbastanza perché era come se vivesse con un esubero di bisogni infantili. Questo atteggiamento lo portava in amore e nelle amicizie, poco consapevole che fosse in realtà una propria ferita.
Il suo “ti amo” in realtà era sempre sinonimo di: “ho bisogno di te” oppure “dammi!”. E la sua storia ingombrava così tanto da non permetterle di vedere la stanchezza del fidanzato e tantomeno i suoi bisogni.
Quindi, oltre ai vecchi libri di scuola, Laura portava inconsapevolmente dentro casa un pezzetto di vita personale, di abbandoni e rifiuti che poco avevano a che vedere con Lorenzo.
Col tempo ne diventò consapevole, si prese cura del proprio spaccato di esistenza doloroso, diminuirono accuse e rimostranze e lei stessa uscì dall’esclusività dei propri bisogni per poter vedere anche quegli degli altri. Stava inoltre imparando a rispettare i “no” di Lorenzo e a non confonderli con un rifiuto.
In altre parole, Laura stava iniziando a fare un po’ di ordine. Si rese anche conto che quella sete di amore inappagato l’aveva portata dentro ad ogni relazione amorosa passata.
Prendersi cura della coppia
Fare ordine nella coppia può voler dire affermare simbolicamente: “questo è mio e me ne prendo cura io”.
E significa che tra liti e incomprensioni ognuno prende coscienza di sé assumendosi la responsabilità della propria storia e delle proprie ferite che spesso non hanno niente a che fare con l’altro, ma che facilmente si risvegliano da un passato così lontano da lasciarci sbalorditi.
Cristina Radif, psicoterapeuta
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