Sin da quando Darwin ha parlato dell’evoluzione della specie, attraverso la selezione naturale, l’adattamento degli esseri viventi è visto come necessario a garantirne la sopravvivenza. Solo gli individui con una buona capacità adattiva potevano assicurarsi la possibilità di restare in vita e riprodursi garantendo la prosecuzione della specie e la selezione di funzionalità che ne determinavano l’evoluzione.
In questi termini l’adattamento non può che essere positivo, visto che ha contribuito alle capacità di cui tutti noi beneficiamo. In termini psicologici però potrebbe essere visto diversamente a seconda della risposta che si sviluppa.
Nel momento in cui vi è una reazione passiva, ci si sta rassegnando a ciò che succede, si resta in una situazione da cui non si riesce a uscire o si crede di non poter uscire. La possibilità di scelta viene meno e si perde la consapevolezza di ciò che si sta facendo. Di conseguenza ci si allontana dai propri obiettivi e da se stessi.
Poter essere attivi, poter scegliere è il risultato di un adattamento, anche quando le cose non vanno esattamente come si vorrebbe, in ogni caso quando vi è una consapevolezza e una determinazione in ciò che si fa, c’è un’accettazione che è ben diversa da una rassegnazione.
Il corpo può abituarsi al dolore, in qualche modo si sviluppa una strategia di compensazione, utile a sostenere o a ricercare un equilibrio. Accade anche emotivamente che ci si abitui lentamente a situazioni che provocano disagio o dolore, si trascurano emozioni negative o si ignorano per paura di affrontarne le conseguenze.
Questo porta però a un graduale accumulo di tensioni o di malessere che inevitabilmente sfociano in situazioni più gravi a cui poi è difficile o impossibile non fare caso. Affrontare i problemi comporta un’assunzione di responsabilità a cui prima o poi non si può più sfuggire, rimandare non aiuta, semmai peggiora la situazione. Ciò che spaventa maggiormente è il cambiamento, a volte sembra più facile accettare una situazione negativa che ormai è diventata familiare piuttosto che affrontarla e avviarne una nuova sconosciuta.
La passività denota una mancanza di rispetto di sé
La realtà è che non ci si sta rispettando, ci si fa del male come se non si possa ambire ad altro. La considerazione personale è sempre più bassa, per invertire questa tendenza bisogna ritornare o iniziare ad avere maggiore stima verso se stessi, concedersi momenti piacevoli, riscoprire i propri bisogni per poterli assecondare.
Si ritorna alla differenza descritta inizialmente tra l’essere attivi o passivi, scegliere per se stessi o rassegnarsi a non poter fare di meglio. Solo quando ci si sente meritevoli di ciò che si vorrebbe, uscendo dal ruolo di vittima a cui è toccato in sorte un destino avverso, si può iniziare a fare qualcosa per sé.
Ogni scelta è attiva, quando non si sceglie ci si rassegna, si rinuncia a essere se stessi, si accetta passivamente ciò che avviene. Quando si è bloccati in una situazione negativa non è sempre facile riuscire a trovare una via di uscita, ma in questi casi poter chiedere aiuto è già una scelta, un primo passo per tornare a sentirsi attivi, partecipi della propria vita e delle proprie possibilità. L’inizio di ogni cambiamento parte da una maggiore consapevolezza e accettazione di sé.
“La cosa importante è accettare se stessi. Se la condizione in cui mi trovo è causa di malessere, è segno che la rifiuto. Allora, più o meno coscientemente, tento di essere diverso da come sono; in definitiva non sono io. Se, al contrario, accetto pienamente il mio stato, troverò la pace. Non mi lamento del fatto che dovrei essere più santo, più bello, più puro rispetto a quello che sono ora. Quando sono bianco, sono bianco, quando sono nero, sono nero, punto e basta. Questo atteggiamento non impedisce che continui a lavorare su di me per poter diventare uno strumento migliore; l’accettazione di sé non limita le aspirazioni, al contrario, le nutre. Perché ogni miglioramento partirà sempre da ciò che si è realmente.” – Alejandro Jodorowsky
Lucia Cavallo, Psicoterapeuta
specializzata in terapia Familiare Sistemica Relazionale
Se ti è piaciuto questo articolo puoi seguirci su Facebook:
sulla Pagina Ufficiale di Psicoadvisor o nel nostro gruppo Dentro la Psiche. Puoi iscriverti alla nostra newsletter. Puoi leggere altri miei articoli cliccando su *questa pagina*.