Le relazioni non finiscono mai. Tutt’al più mutano: si è conoscenti, a volte amici, poi partner. Infine, a meno che non si sia trovato l’amoredellavita, si diventa ex dopo aver combattuto guerre più o meno violente, inflitto abbandoni più o meno feroci o aver gestito la separazione con più o meno maturità.
Già l’idea di un’evoluzione dinamica di quella che chiamiamo “relazione sentimentale” può aiutarci a scongiurare l’idea nefasta della fine, come di qualcosa che muore e mai più può rinascere a nuova vita magari in forme diverse, auspicabilmente più sane.
Non è raro infatti che, al giorno d’oggi, le famiglie si allarghino e si ricostituiscano, rimettendo insieme persone che s’erano giurate amore eterno salvo poi lasciarsi e riprendersi, rinegoziando la natura del loro rapporto e trovando nuovi equilibri.
Tuttavia, quando il legame che ci unisce al partner non solo non ci eleva più a quello stato di beatitudine in cui si muovono gli innamorati, ovvero volteggiando tre metri sopra il cielo (per dirla con il titolo di un famoso libro adolescenziale), ma ci catapulta negli inferi dell’amore tossico e della dipendenza affettiva, le derive filosofeggianti sulla scia di Antoine Laurent Lavoisier per cui nulla si distrugge e tutto si trasforma sono definitivamente da abbandonare.
Appare incredibilmente più sano osteggiare le verità fisiche della materia e ed optare per un taglio della relazione tossica che sia quasi chirurgico: ovvero netto e definitivo e cominciare seriamente ad occuparsi di sé e della propria ricostruzione.
Ci sono individui, infatti, che per la loro intrinseca portata psicopatologica, danneggiano profondamente la vita delle persone che a loro si legano, distruggendone l’autostima in un modo che per ricostruirla ci vorrà l’impegno e la devozione con cui si ricostruisce una capitale dopo un bombardamento.
Se sei tra le persone il cui amor proprio è stato raso al suolo da narcisisti patologici o psicopatici in grado di operare capillari manipolazioni dei dati di realtà, allora sarà meglio mettersi il cuore in pace e iniziare a mentalizzare quella chiusura della relazione che adesso tanto ti spaventa.
Chi si è legato ad una persona ad alto concentrato di tossicità, sperimentando nei confronti di questa una malsana dipendenza affettiva, si troverà sperduto anche solo nell’immaginare la sua vita lontano da colui/colei che pensa d’amare.
Sarà come un pianeta che perde la sua orbita e rimane a vagare nello spazio infinito col terrore di potersi scontrare, da un momento all’altro, con un corpo celeste qualsiasi che ne provocherà la distruzione.
Allo stesso modo la persona sentirà d’aver perso il suo centro, si sentirà fragile ed incapace d’affrontare la vita da solo e temerà di non farcela.
Allora sarà utile iniziare chiedendosi con sincerità se si è certi di potercela fare da soli. Se la risposta è no allora sarà ancora più utile chiedere aiuto ad un professionista. Solo le persone ostinate resistono e persistono nelle disperate circostanze che le affliggono, negando a se stesse il dono d’essere aiutate.
Ho visto persone implicate in situazioni stagnanti e dolorose venirne fuori in tempi rispettabilissimi, quando il supporto fornito è adeguato e quando si è pronti ad accoglierlo con una discreta apertura al cambiamento.
Primo step | Crea una lista di obiettivi e datti un tempo
In secondo luogo sarà importante creare una lista di obiettivi che si vogliono raggiungere e darsi un tempo. Non è necessario puntare in alto, andrà benissimo cominciare a piccoli passi, purché siano nella direzione del benessere psicologico e riempiano a poco a poco la vita di momenti gratificanti, di relazioni sane ed autentiche, di piccole gioie quotidiane.
Liste come queste non ci faranno certamente svegliare improvvisamente liberi dalla nostra dipendenza affettiva e con la testa sgombra dal nostro terribile narcisista, ma il raggiungimento di alcuni di questi obiettivi, meglio se di tutti, ci ridarà il senso di auto-efficacia che viene solitamente compromesso in maniera preoccupante quando si vive una relazione tossica.
Riuscire a portare a termine le attività che ci proponiamo opererà una progressiva ricostruzione della nostra demolita autostima e, inoltre, cosa affatto secondaria, ci restituirà una vita più piacevole, densa di attività gratificanti che avevamo scelto di abbandonare, presi come eravamo dal ruotare come pianeti, attorno ad una persona tutt’altro che solare.
Del resto, tenerci occupate in imprese finalmente possibili, piuttosto che imbarcarci nella crociata di migliorare una persona che non è in grado di operare alcun cambiamento nella direzione dell’amore (il narcisista, per esempio), non può che darci una spinta propulsiva che ci aiuterà a capire cosa vorremmo fare della nostra vita e con chi siamo davvero disposti a condividerla.
Pian piano tornerà la capacità di desiderare e con essa buona parte della perduta vitalità che il nostro partner narciso ci ha prosciugato.
Secondo step | Circondati di veri amici
Fare una lista di obiettivi non è l’unica attività a cui possiamo dedicarci nel riprogrammare i nostri giorni lontani dalla relazione tossica in cui siamo rimasti imbrigliati.
Sarà ugualmente importante imporci di riallacciare relazioni amicali che abbiamo allentato o troncato. Chiunque abbia sperimentato una dipendenza affettiva, ancor più se in una relazione con un narcisista patologico, ha subito un certo grado di isolamento, oltre ad altre massicce vessazioni.
Terzo step | Allontana chi sminuisce il tuo dolore
La vittima di una relazione pericolosa si imbatte più di altri nell’incomprensione degli amici che spesso si spazientiscono davanti a reazioni che non capiscono: Perché continui a starci insieme se ti fa stare così male? Non vedi che non t’ama? Perché continui a difenderlo? Dopo un periodo di tempo in cui benevoli consigli vengono profusi con tono didattico: Devi lasciarlo. Devi allontanarti fisicamente.
Non devi rispondere più al telefono, davanti all’incapacità dell’amica/o di vedere e fare ciò che per chi è esterno alla relazione è tanto ovvio, spesso si finisce per etichettare ingenuamente le vittime di abuso narcisistico come “stupide”, “borderline” (va tanto di moda dirlo ma nessuno sa cos’è), “bipolare” etichetta che sempre più frequentemente sostituisce l’ormai desueto “è isterica”.
Il risultato di questa operazione è che la dipendente affettiva rimane sempre più sola ed isolata, in balia dei ritorni imprevedibili e funesti di partner che invece sì, sono davvero compromessi dal punto di vista dalla personalità e, come tali, diagnosticabili in senso psicopatologico.
Allora, sia che siamo amici di una persona che sta vivendo una tale relazione tossica, sia che siamo noi ad esserne vittime dobbiamo attivarci gli uni verso gli altri, pena infliggere una doppia solitudine che nessuno merita.
Agli amici quindi dico: abbiate pazienza e non demordete nella nobile arte di stare al fianco di qualcuno che soffre, anche quando sembra non capire i vostri sforzi.
A cura di Silvia Pittera, Psicologa – Psicoterapeuta
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