La nascita del calendario d’avvento e il potere dell’attesa

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L \\\'Autore di questo articolo è uno psicologo o psicoterapeuta.

Era fine Ottocento, gli ultimi giorni di novembre, un bambino di nome Gerhard chiedeva in continuazione alla mamma quanto tempo mancasse ancora al giorno di Natale. La mamma paziente glielo spiegava, ma lui era troppo piccolo per comprendere veramente il passare del tempo.

Così ogni mattina Gerhard si svegliava convinto fosse la mattina di Natale e chiedeva insistente alla mamma: “è oggi Natale?”. Un giorno però la madre ebbe un’idea, chiamò il piccolo Gerhard e gli disse: “Ho preparato per te 24 biscotti, uno per ogni giorno dell’Avvento. Potrai mangiarne uno ogni mattino e quando i biscotti saranno finiti, allora vorrà dire che è arrivato il Natale!”.

Il piano della mamma funzionò, il passare dei giorni non era più un mistero per Gerhard che ogni giorno, realizzava di essere sempre più vicino al Natale. L’idea era piaciuta talmente tanto al bambino che ogni anno la madre la riproponeva, sempre 24 sacchetti con 24 biscotti, uno al giorno dal 1 di dicembre.

Passarono gli anni e Gerhard divenne grande, un giorno, passando davanti a una pasticceria addobbata per Natale, ripensò a quei 24 biscotti preparati da sua madre. Fu così che nel 1920 nacque il primo calendario dell’Avvento. Gerhard Lang rielaborò la sua consuetudine casalinga e realizzò un cartellone con 24 finestrelle che le mamme avrebbero potuto riempire di biscotti o dolcetti per aiutare i bambini a tenere il tempo fino a Natale.

Ebbe subito un grande successo prima in Germania e poi in tutta Europa. Con il passare degli anni i Calendari sono cambiati e si sono evoluti, accanto ai più classici ora ne esistono tanti e di diversi tipi: ci sono quelli con la cioccolata, con sorpresine a tema, con poesie o frasi, esistono anche, in alcune città edifici veri e propri addobbati a calendario dell’avvento.

Qualcosa da scoprire ogni giorno

Ci sono poi i “calendari fai da te”, che nascono dalla creatività di mamme e papà impegnati nel rendere il calendario originale e unico per i propri bimbi proprio come anni fa ha fatto per prima la mamma di Gerhard.

Rimasi stupita, crescendo, quando mi accorsi che non tutti i miei amici e colleghi avevano una finestrella, un sacchetto, qualcosa da scoprire giorno per giorno in attesa del Natale e non soltanto perché ormai adulti ma perché mai abituati a una tale tradizione. Una tradizione che in casa mia era così ovvia. Qualcuno addirittura neanche sapeva cosa fosse un calendario dell’avvento.

Nella liturgia cattolica con il termine Avvento si indicano le 4 domeniche che precedono la celebrazione della nascita di Gesù Cristo. Se vi recate in chiesa, avrete sicuramente notato una corona di solito posta nei pressi dell’altare con 4 candele che verranno accese una ogni domenica per scandire l’avvicinamento al Natale.

L’avvento come simbolo di cambiamento

L’avvento ci sprona a rinsaldare la nostra speranza, a non farcela rubare – come direbbe papa Francesco – e ad attendere e accogliere, con gli occhi del cuore e della mente ben spalancati.

Candele e Calendari ci aiutano a scandire il tempo e ci mettono in una posizione che così tanto siamo abituati ad incontrare nella nostra vita quotidiana ma che molto poco sappiamo sopportare. L’attesa.

Tutti questi gesti ci aiutano a capire che qualcosa cambia, che l’attesa è importante e necessaria, ecco perché va affrontata con pazienza. Pazienza che è l’arte di vivere l’incompiuto, di vivere la parzialità e l’incertezza del presente senza disperare.

Attendere che il pasto sia pronto o in fila alla posta, attendere un bambino, attendere che il pc termini di scaricare un file o che l’imbottigliamento del traffico si risolva. Attendere.

Un interessante studio inglese ha calcolato il limite massimo di attesa: che si tratti di un call center o del cameriere al ristorante, in media, si perde la pazienza dopo soli 8 minuti e 22 secondi.

Nella nostra epoca, il tempo del «tutto e subito», dell’efficacia e della produttività, parlare di attesa può rischiare l’incomprensione totale: a molti infatti attendere appare sinonimo di passività e di poca voglia di fare. Ma saper aspettare non significa passività piuttosto muoverci nella direzione giusta.

Non deve voler dire limitarsi a guardare il tempo che passa ma essere consapevoli che è importante continuare a procedere. Saper aspettare richiede maturità, equilibrio, carattere. È una delle conquiste più difficili della vita, ma anche una delle più dolci e istruttive.

Chi ha sviluppato questo talento dà prova di aver raggiunto un importante grado di evoluzione personale. Presuppone autocontrollo, tolleranza alla frustrazione e temperanza.

Gli Americani chiamano conscientiousness, questo ingrediente segreto tipico delle persone di successo. Questa coscienziosità, se possiamo tradurla così, è stata oggetto di studi per più di 35 anni e sarebbe costituita da due fattori imprescindibili per riuscire nella vita: autocontrollo e capacità di posticipare le gratificazioni.

Ed ecco perché rappresenta per i ricercatori dell’Università del Michigan uno dei migliori indicatori di successo nella vita.

Inoltre hanno scoperto che le persone con un alto livello di coscienziosità sono molto più motivate, disciplinate e organizzate, mantengono un senso di lealtà ed integrità anche nelle condizioni più stressanti.

Negli anni 60 e primi anni 70, il ricercatore Walter Mischel ha condotto un esperimento per capire come incentivare l’autocontrollo e il rimando delle gratificazioni, e di conseguenza la coscienziosità, nei bambini così da capire come funziona e quali errori evitare: “The Marshwallow  Experiments: quanto riesci ad aspettare?” Durante questo esperimento 600 bimbi furono invitati ad aspettare 15 minuti con un dolcetto di fronte a loro senza poterlo mangiare, con la promessa (mantenuta) che ne avrebbero avuto 2 al posto di 1 nel caso fossero riusciti ad aspettare.

Dopo l’esperimento, Walter Mischel seguì alcuni dei bambini che avevano concluso il test con successo e si accorse che la maggioranza dei bimbi che erano riusciti a posticipare la gratificazione, avevano migliori risultati a scuola e, successivamente, successo all’università.

Di recente, sulla rivista Current Biology, è stato pubblicato uno studio condotto da Zachary Mainen del centro Champalimaud a Lisbona in cui vengono scoperti e studiati i ”neuroni della pazienza”: un gruppo di cellule cerebrali che più si attivano, più aumentano la nostra ‘dose di pazienza’ e, quindi, la capacità di sapere attendere una gratificazione in arrivo.

La scoperta, grazie a esperimenti su topolini, è interessante perché i neuroni protagonisti sono quelli dei ‘nuclei del rafe’, cioè quelli che producono ‘serotonina’, la molecola del buon umore. Ebbene è emerso che più i neuroscienziati aumentavano l’intensità dell’attività di tali neuroni e quindi la produzione di serotonina, più l’animale si mostrava paziente nell’attesa della gratificazione.

Uno dei motivi per cui ci risulta difficile tollerare l’attesa è che proviamo una sensazione di impotenza quando percepiamo che non possiamo avere tutto sotto controllo. Nella pazienza l’io fa un passo indietro, rinuncia al controllo, si tira indietro a favore di ciò che dovrà accadere, nel tempo di qualcos’altro o di qualcun altro.

Esercitare pazienza perciò riguarda la capacità di trattenere la nostra mente nella condizione scomoda dell’incertezza. Il segreto sta proprio qui: nella capacità di resistere alla tentazione di riempire a tutti i costi il “vuoto” che quell’attesa comporta; parliamo della dimensione del “non fare”, del “non intervenire”, della capacità di osservare ed osservarsi senza aspettative e idee preconcette. Solo in questo modo potremmo trasformare un momento di stasi, in un atto di attenzione verso noi stessi.

Essere pazienti vuol dire quindi saper aspettare silenziosamente ma in maniera attiva che la vita ci chiami a svolgere compiti per i quali abbiamo avuto il tempo di prepararci o a degli incontri significativi che richiedono di essere vissuti in profondità e con consapevolezza, proprio come lo è il Natale. “Attendere” deriva dal latino “ad tendere” che significa infatti “distendersi”, ovvero, in senso lato, “volgere ad un termine, aspirare”.

Dunque preparate calendari d’avvento per i vostri figli, non perdiamo questa bella abitudine, ma non solo, regalatelo agli amici, portatene uno in ufficio, preparatelo per i vostri mariti. Impariamo ad aspettare con pazienza, ad osservare e osservarci in modo attivo e a STARE in attesa. La coscienziosità, l’autocontrollo e la pazienza sono dei “muscoli” che possiamo allenare già dalla più giovane età.

Siete in ritardo per l’avvento?
Potete preparare un calendario per l’epifania. Niente è paragonabile alla magia del Natale e alla tradizione, ma l’attesa può sempre insegnarci qualcosa.

Dedica personale

A mia mamma, che ogni anno in modo diverso riempie ogni sacchettino del calendario dell’avvento (nella foto), e a mio papà che ogni giorno me ne ruba il cioccolatino!

Federica Friggi, psicologa clinica
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