La cosiddetta sindrome da shopping compulsivo non è solo lo sfondo ironico e un po’ dissacrante del ben noto romanzo di Sophie Kinsella “I love shopping” ma è, in realtà, un fenomeno in continua crescita dovuto non solo all’aumento del benessere economico ma anche all’influenza dei mass media che spingono all’acquisto sempre maggiore di beni, considerato anche come l’acquisizione di uno status quo che implica apparente accettazione sociale e adattamento.
Il disturbo si presenta più spesso nella fascia di età giovane adulta, anche se ci possono essere dei prodromi nell’età adolescenziale e sembrano essere maggiormente vulnerabili a questo disturbo le donne.
Acquistano beni per poi disfarsene
L’attuale nosologia psichiatrica inserisce il disturbo da shopping compulsivo nell’ambito dei disturbi del controllo degli impulsi.
Il disturbo si manifesta con un impulso irrefrenabile che spinge il soggetto a comprare maniera compulsiva oggetti, a volte anche superflui o non necessari, talvolta appartenenti tutti ad una certa categoria ad esempio vestiario o oggetti per la casa, o in alternativa spaziando fra tipologie differenti e non correlate.
Spesso questi oggetti possono rimanere intonsi nelle proprie buste o con l’etichetta per molto tempo, quindi senza essere utilizzati, sebbene il compratore compulsivo affermi che nel momento in cui ha effettuato l’acquisto, l’oggetto in questione era ritenuto fondamentale e prioritario. Il soggetto tenderà poi a disfarsi degli oggetti acquistati, regalandoli o dandoli in beneficenza, proprio per avere un ulteriore motivo per acquistarne di nuovi.
Acquistano beni per accumularli
Vi è una certa quota di compratori compulsivi che poi conservano tutto ciò che acquistano sviluppando con tali oggetti un legame affettivo morboso e disfunzionale, divenendo pertanto anche accumulatori compulsivi.
Disturbo da shopping compulsivo
I soggetti che soffrono di un disturbo di shopping compulsivo, è inutile sottolinearlo, vanno spesso incontro a crisi economica o al essere soggetti debitori verso le banche, verso la propria famiglia o altri soggetti.
Altra caratteristica del disturbo da shopping compulsivo riguarda il fatto che il soggetto non riesce a fermare o in qualche modo gestire questo comportamento che pertanto va al di fuori del suo controllo razionale ed intenzionale nonostante divenga palesemente un atto deleterio e altamente problematico.
In seguito ad acquisti frequentemente fuori controllo si possono osservare sentimenti di colpa e di vergogna, nonché frustrazione per l’incapacità di controllarsi; tale frustrazione può esitare in un nuovo comportamento “palliativo” di acquisto compulsivo.
Le cause
Le ricerche che si sono occupate di indagare l’origine e l’eziologia di tale disturbo individuano alcune possibili fattori causali come ad esempio la correlazione con altri disturbi del controllo degli impulsi e dipendenze.
Il disturbo potrebbe inoltre essere causato dalla necessità di alleviare la tensione generata da un evento traumatico, da una forte sofferenza che l’individuo non riesce a gestire in altro modo.
Un’altro fattore causale potrebbe essere l’incapacità di gestire adeguatamente le emozioni, soprattutto quelle negative, come la tristezza, la rabbia, l’impotenza, pertanto il comportamento sarebbe spiegabile come un modo per alleviare la tensione emotiva e “risollevarsi il morale” o ottenere una facile ricompensa o rivalsa.
Alla base del disturbo potrebbero esserci inoltre delle esperienze infantili traumatiche o lesive del processo di separazione-individuazione, tanto che il disturbo da shopping compulsivo potrebbe essere un tentativo di compensare una distorsione dell’autonomia e del proprio processo decisionale venuto a mancare o fortemente castrato.
Ciò significa che l’individuo non essendosi sentito libero di esprimere se stesso o decidere per sé, utilizza il comprare compulsivo come mezzo per autodefinirsi e autodeterminarsi, anche ribellandosi allo schema precostituito.
Va da sé che tali soggetti sono spesso affetti da disistima cronica, senso di inadeguatezza e vuoto che cercano di colmare con gli oggetti che comprano, per sé e per gli altri, mostrandosi generosi ma anche tanto “smaniosi” di possedere e ostentare.
Infine altri autori considerano il disturbo da shopping compulsivo come legato a un disturbo narcisistico di personalità dove vi è un’improvvisa e frenetica spinta ad acquistare per colmare un senso di vuoto e rimediare alla depressione e fondamentalmente esaltare se stesso.
Il trattamento
Da un punto di vista terapeutico può essere utili affrontare tale disturbo quando l’individuo inizia a prendere coscienza della sua vulnerabilità e fragilità rispetto agli acquisti, ossia quando comprende che l’azione che compie è al di fuori del suo controllo e ne è per così dire “posseduto”.
La psicoterapia può essere utile inizialmente per affrontare i sentimenti di vergogna e colpa dovuti agli acquisti eccessivi e poi per elaborare i vissuti negativi che sono all’origine del disturbo, ossia le esperienze affettivo-relazionali che hanno indotto il soggetto ad utilizzare e fare proprio questo comportamento adottato quale difesa nei confronti di emozioni e condizioni percepite come “non gestibili” in altro modo.
Infine la psicoterapia può risultare utile anche per affinare il processo individuativo affinché il soggetto possa sentirsi veramente libero di esprimere se stesso senza sovrastrutture e difese patologiche, ma soprattutto senza acquisti smodati.
Bibliografia e approfondimenti: “Shopping compulsivo. Note di Psichiatria psicodinamica”. R. Pani e R. Biolcati.
A cura di: Morena Romano, Psicologa-Psicoterapeuta
Specializzata in Psicoterapia Analitica Junghiana
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