Stare con i piedi per terra significa imparare a portare l’attenzione su ciò che accade adesso. Da sempre l’educazione genitoriale è improntata sul facilitare il passaggio dal mondo delle idee e delle fantasie adolescenziali a quello della constatazione dei fatti e della presa di coscienza degli accadimenti.
Capita che la mente ci racconti la realtà in una versione romanzata che agevola il processo di digestione di ciò che stiamo vivendo.
Talvolta le esperienze sono dolorose e la mente aiuta ad addolcire i vissuti attraverso la costruzione di avvenimenti che inducono a rimodellare la realtà secondo nessi causali dettati più da esigenze personali che da una onesta obiettività dei fatti.
La mente: il regista della nostra vita
La mente funziona allora da regista, divertendosi a giocare con gli accadimenti e fornendo loro significati che sono in perfetta sintonia con le motivazioni personali, ovvero con l’intima necessità di far andare le cose secondo i propri personali desideri (o credenze).
Accade allora che la realtà diventa la fotografia dei propri desideri, la mente detta le battute da recitare e tutto assume una connotazione fantastica. La testa fra le nuvole è indice di come il presente non abbia poi così una grande rilevanza per il soggetto sognatore; tutto ciò che c’è da sapere e vivere è rinchiuso nella propria scatola cranica.
Il sentire è relegato all’idea e all’immagine di ciò che ci rappresentiamo, caricando emotivamente gli oggetti interiorizzati affinché assumano tutti i tratti e le caratteristiche che riteniamo eccellenti o, all’opposto, più spregevoli e da biasimare.
Oscillando fra svalutazione e idealizzazione, tra entusiasmo euforico e disprezzo, il soggetto vive fra due tonalità: il bianco ed il nero.
Le sfumature non vengono percepite poiché sono il frutto di una funzionale integrazione fra parti tra loro contrastanti derivanti da un’acuta e matura analisi dei dati di realtà.
Mancando di un accurato esame di realtà, il soggetto rischia, nelle fasi di idealizzazione di impegnarsi in relazioni in cui può sperimentare soltanto dipendenza, frustrazione e mancanza di appagamento emotivo, cadendo vittima di manipolatori e narcisisti.
All’opposto, quando si attivano tendenze svalutanti la persona può avvertire il desiderio di isolamento, dettato dalla mancanza di fiducia e dal senso di persecutorietà, vedendo l’altro come fonte di pericolo, o diffidente e vampirizzante.
La realtà vissuta a livello fantastico rimanda ad un senso di sé frammentato, inconsistente e spesso privo di una solida autonomia.
Le gambe, metafora della base del personale radicamento nella realtà, divengono allora fragili ed incapaci di sostenere l’intera struttura. La mancanza del senso di autonomia della persona che vive nel regno delle fantasticherie, fa sì che anche le più banali frustrazioni quotidiane facciano sprofondare psicologicamente ed emotivamente il soggetto in uno stato di estremo spossamento.
La tendenza è quello di avvertire il panico ogni volta che le illusioni subiscono un tentennamento. Il passaggio dall’euforico entusiasmo al tragico pessimismo per ciò che accade, rimandano al senso dell’incapacità di una lettura della realtà sufficientemente adeguata e funzionale.
Tutto assume sembianze ingigantite soprattutto da un punto di vista emotivo e ogni cosa può essere innalzata improvvisamente verso le più alte vette dell’estasi per poi precipitare vertiginosamente negli abissi al minimo alito di vento.
E’ questa insita fragilità delle radici e la mancanza di una adeguata tenuta del peso degli avvenimenti che rendono l’individuo una bandierina al vento debolmente appesa ad un filo.
Affondare le proprie radici
Le pratiche bioenergetiche integrate possono aiutare le persone a sperimentarsi attraverso il respiro ed il lavoro sulle gambe ad affondare le proprie radici nel terreno.
Inspirando ed espirando sollevando le braccia per poi abbassarle accompagnate dal battere i talloni sul pavimento, può servire a portare progressivamente ad un maggiore senso di sé attraverso un forte impatto con il suolo.
Divaricare le gambe piegando le ginocchia come fossimo a cavallo e spingendo il baricentro verso il basso, può consentire al praticante di sperimentare il senso di una base più solida e sicura.
Importanti possono essere anche gli esercizi a coppie, dove leggere spinte o trazioni volte a far perdere l’equilibrio al compagno, possono servire a far prendere coscienza delle proprie rigidità, dell’incapacità di resistere a ciò che destabilizza e a sperimentare modi per adattarsi ed annullare le forze esterne senza perdere il contatto con se stessi e le proprie radici.
Il praticante deve provare a sentire la fragilità delle proprie gambe, ovvero il senso della personale autonomia, provando attraverso le visualizzazioni a far sprofondare il respiro verso l’ombelico.
Una respirazione solo toracica, infatti, non agevola la presenza di sé dalla vita in giù. Occorre sentire che l’inspirazione può filtrare e “sfondare” progressivamente fin verso la propria base di appoggio.
Il respiro, sentito e amplificato, aiuta a far riverberare maggiormente il senso di integrazione fra la parte alta (testa, spalle e torace) e la parte bassa (bacino, gambe e piedi).
Dal senso di sé e della propria integrità può scaturire una maggiore consapevolezza della propria capacità di tenuta grazie ad una più sobria lettura degli avvenimenti ed una più efficiente capacità di tolleranza alle frustrazioni, senza perdere per questo le redini del controllo di sé.
A cura di Andrea Guerrini, psicologo e pedagogista
Se ti è piaciuto questo articolo puoi seguirci su Facebook: Pagina ufficiale di Psicoadvisor o sul nostro gruppo “Dentro la psiche“. Puoi anche iscrivervi alla nostra Newsletter. Per leggere tutti i miei articoli ti invito a visitare questa pagina