Credo fortemente nell’individuo. Credo nella libertà soggettiva di scelta come possibilità di determinarsi anche attraverso l’errore. Il recupero dello sbaglio diviene possibilità di riflessione su se stessi e sul proprio modo di porsi nel mondo.
L’individualità come costruzione di una nuovo umanesimo
L’individualità può essere realmente un valore assoluto se l’armonica sviluppo delle facoltà soggettive riesce a condurre verso la determinazione dell’assoluta peculiarità dell’individuo.
L’agire intenzionale volto alla costruzione di un tutto compiuto, diventa la massima espressione della realizzazione di se stessi. In altri termini, siccome il soggetto non è altro che una particolare espressione dell’umanità, scopo della propria esistenza può essere il riuscire a perder-Si per potersi ritrovare come espressione della totalità.
È nello sviluppo della propria individualità che il soggetto può arrivare a riconoscere il vero senso del Sacro, ovvero il senso del limite e dello smarrimento oltre quel limite. È in questi termini che si può parlare di una dottrina delle opposizioni, ovvero iniziare a concepire la realtà come contrapposizioni polari in grado di creare un incessante movimento fra interno ed esterno ma anche fra opposte tendenze interiori, atte ad innescare una permanente tensione di elementi contrapposti che non ostacola ma anzi favorisce l’unità del tutto.
La tendenza al trascendere, ad andare oltre la contingenza ed il particolare, diviene il carburante necessario per armonizzare ed integrare le parti contrapposte e discordanti.
Il processo porterà a ripristinare l’unità delle parti scisse donandole un nuovo senso anche all’interno di un diverso orizzonte esperienziale.
Il senso dell’unità è un tendere infinito, una necessità ed un obiettivo finale, pur nella constatazione che non è mai conseguibile pienamente. Attraverso un incessante fare e disfare si tesse la complicata trama dell’esistenza soggettiva.
Forse è veramente il caso di dire che le forze psichiche individuali muovono all’interno della ricerca della libertà espressiva per ampliare il proprio Regno all’infinito, cosí da cogliere se stessi al di là del gioco delle forze particolari e degli interessi momentanei, riconsiderando il tutto da un punto di vista della determinazione dei propri limiti e dell’accettazione di sé è degli accadimenti.
L’autoconsapevolezza: il conoscersi pienamente
L’autocoscienza come consapevolezza di sé pone il senso del limite e dei propri confini arrivando a considerare l’altro da me come un limite da non violare e come opportunità oltre il quale protendersi, smarrirsi e ricomporsi.
Il senso è quello di riuscire progressivamente a “verticalizzare” verso la consapevolezza dell’Assoluto, inteso come identità indifferenziata di soggetto e oggetto, spirito e natura, conscio ed inconscio, per poi procedere ad indagare la radice comune di questi termini che precede la loro successiva separazione.
L’individuo, come soggetto in divenire, ha come scopo di proseguire attraverso una progressiva consapevolezza delle proprie finitudini e particolarità. È facendo luce su questi elementi che emerge il fondamento, ossia la radice oscura connotata a una dimensione negativa come tenebra, egoismo, collera, ecc., con i quali occorre fare i conti, accettare, guardare e dialogare.
Tutto il cammino dell’uomo verso la ricerca della propria verità è in fondo un interrompere la fuga dai demoni del proprio fondamento.
Forse il cammino così tanto elogiato trova il compimento nel personale arrestarsi e voltarsi verso quel passato così tanto osteggiato perché simbolo dell’incapacità dell’andare oltre. Forse il proseguire nonostante tutto non è la soluzione per riscattare un passato troppo frettolosamente liquidato come “morto”.
L’attenzione focalizzata ad un presente così poco palpabile è davvero la soluzione a tutte le mortificazioni trascorse e all’ansia per un futuro percepito così fragile? La progettualità, motore del personale senso del divenire e di attraversare, è davvero la nuova vittima da sacrificare sull’altare del qui ed ora?
Il rischio è la banalizzazione del trascorso, la vanificazione della riflessione su ciò che è stato.
Definiamo la nostra biografia personale
La biografia personale, la storicizzazione del proprio divenire rischiano di saltare, di essere semplicemente qualcosa di risibile rispetto ad un presente che sembrerebbe auto-celebrarsi come un adesso divinizzabile e non discutibile.
Ma davvero la storia, tradizione del proprio manifestarsi, l’abitudine ad essere se stessi nel tempo, il propagandare la versione più accreditata del proprio essere se stessi, divengono ora accessori discutibili e soggetti all’esame del giudizio del presente?
Mi auguro si proceda verso il recupero del passato, verso una nuova ermeneutica che valorizzi il trascorso senza attribuirgli il ruolo di cadavere di una storia trascorsa.
Un presente senza consapevolezza del radicamento è un accadimento senza coscienza, è la manifestazione dell’improvviso che non ha soluzione di continuità. Senza la capacità di produrre storia, non c’è l’esperienza del vivere.
A cura di Andrea Guerrini, psicologo e pedagogista
Riceve nel suo studio di Empoli – Disponibile via Skype
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